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-Biomi Includono raggruppamenti biologici simili che si trovano su continenti diversi, che indicano il verificarsi, in luoghi diversi, di risposte simili a condizioni climatiche simili. -Ghiacciai e calotte polari La mappa dei biomi esclude estese zone, tra cui la Groenlandia, il continente Antartico e vaste aree montane sulla catena Himalayana e sulle Alpi. Proposti solo nel 2012 come un bioma da Anesio e Laybourn Parry in un articolo di una rivista di ecologia per colmare questa lacuna e considerare un nuovo bioma dei ghiacciai e le calotte polari. Non ancora universalmente accettato. Sono il bioma più estremo dal punto di vista delle temperature e precipitazioni, si sviluppano a elevate latitudini e altitudini (oltre i 65° N e S). Zone ricoperte da ghiaccio perenne. Le temperature sono quasi sempre sottozero > condizioni estreme. Era rimasto escluso dai biomi perché la classificazione dei biomi si basa sulla struttura della vegetazione, e in questo caso non c’è una struttura fatta dalle macrofite > sono comunità dominate da microorganismi, prevalentemente batteri, virus e alghe unicellulari o poche colonie di cellule. Ci sono comunque funghi, protozoi e metazoi (rotiferi, tardigradi, qualche insetto). Si formano reti trofiche tronche (interazione di organismi, catene preda-predatore), corte. SI distinguono ambienti sovragiaciali (più ricchi e studiati, sopra lo strato di ghiaccio), subglaciali (ambiente difficile, tra lo strato di ghiaccio e il bedrock, meno ricchi di organismi dei sovraglaciali, spesso scorre dell’acqua che deriva dal ghiaccio che si scioglie in superficie e filtra all’interno della parte endoglaciale per poi scorrere e uscire) ed endoglaciali (i più poveri di organismi). Tutti ospitano comunità microbiche attive. All’interno di questi ambienti si sviluppano coppette crioconitiche (piccole pozzanghere, buchi, con al fondo melma scura, crioconitiche) che sono gli ambienti più produttivi degli hotspot di biodiversità all’interno dei ghiacciai. (Articolo:https://www.cell.com/trends/ecology-evolution/fulltext/S0169-5347(11)00272-2?_returnURL=https%3A%2F%2Flinkinghub.elsevier.com%2Fretrieve%2Fpii%2FS0169534711002722%3Fshowall%3Dtrue ) -Coppette crioconitiche Ambienti più biodiversi, si formano quando il vento deposita sul ghiaccio un sottile strato di detrito, che si scalda con l’azione del sole (è più scuro del ghiaccio sottostante) e fa fondere il ghiaccio, sprofondando e scavando un buco che viene riempito dall’acqua di fusione. All’interno c’è acqua liquida a temperatura più alte (anche perché l’acqua è più scura e si scalda più facilmente> anche per il detrito nero alla base). Sono gli ambienti più produttivi e a maggior biodiversità in questi biomi. Es. il Dragone della Patagonia: plecottero che compie tutto il suo ciclo vitale nei ghiacciai della Patagonia. Ci sono svariati organismi che vivono esclusivamente sui ghiacciai. Ambienti poco conosciuti, poco studiati ma che stanno scomparendo velocemente a causa dello scioglimento dei ghiacciai. -Aree montane Coprono circa il 25% delle terre emerse > sono aree importanti. Sono caratterizzate da un gradiente termico di circa 6,4 °C al km (molto marcato), che fa sì che salire in montagna sia come spostarsi latitudinalmente a Nord (ambienti che ricordano biomi che si trovano spostandosi verso Nord). Generano gradienti climatici più intensi di quelli latitudinali. Un simile gradiente termico si ha con uno spostamento di 13° di latitudine (circa 1300 km). Spesso all’aumento della quota è legato anche un aumento delle precipitazioni. Creano climi peculiari: sulle montagne delle regioni tropicali le escursioni termiche giornaliere sono maggiori di quelle stagionali. In queste condizioni le piante hanno sviluppato delle forme di crescita particolare fatte da foglie carnose disposte a cerchio (forma a rosetta) dove le foglie adulte vanno a proteggere le foglie nuove dal gelo notturno (es. titanca o regina delle Ande, Perù; Seneci e lobelie in Kenya). Colibrì e nettarini si nutrono del nettare di queste piante. Durante la notte l’umidità condensa al centro, fornendo acqua alla pianta, e in alcune aree gli anfibi depongono le uova in queste pozzanghere d’acqua tra le foglie. -Human footprint Ellis e Ramankutty hanno proposto nel 2008 18 biomi antropici basati su densità di popolazione e uso del suolo, che sostituiscono i vecchi biomi e determinano modificazioni dell’ambiente e pressioni selettive sulle specie che vi abitano. Questi biomi sono stati classicifati e organizzati in un gradiente di intensità delle attività antropiche, dalle aree naturali prive di attività, alle aree in cui l’ambiente naturale è gestito dall’uomo (es. incendi per mantenere le praterie), aree seminaturali a pascolo, campagne coltivate con abitazioni sparse, paesini sparse tra le campagne, aree urbane densamente abitate. All’interno di questi 5 stadi, si determinano i 18 tipi di biomi antropici. L’Europa ha poco wildlands ma è ricoperta da aree agricole, villaggi e in qualche caso densi insediamenti urbani. Le campagne coltivate sono il bioma più diffuso in Europa. Questo bioma è diffuso da così tanto tempo dall’aver generato un ambiente che ospita una fauna peculiare. -Foresta temperata decidua Tra 30 e 50° con precipitazioni tra 500 e 2500 mm annui (più o meno le stesse latitudini), con precipitazioni più abbondanti soprattutto nei mesi più caldi (estate calde e piovose, inverni secchi e freddi), poco sviluppata nell’emisfero sud dove ci sono poche terre con climi continentali. Non c’è più stress idrico ma lo stress è dovuto alle basse temperature invernali che fa ghiacciare le acque. Suoli fertili. La vegetazione è stratificata tipicamente con due strati arborei con alti fusti e che competono per la luce, uno arbustivo ed uno erbaceo (due e due). Diversità di specie più bassa rispetto alla foresta tropicale. Specie simili nei vari continenti (querce, aceri, faggi > piante decidue). Ambienti spesso sfruttati per lo sviluppo agricolo, grazie ai suoli fertili, che si prestano all’agricoltura (es. Pianura Padana). È un ambiente he ha resistito di più nelle zone di montagna, meno interessate all’agricoltura. In queste condizioni climatiche le piante adottano la strategia di perdere le foglie nel periodo in cui vanno in stress idrico, che coincidono con i periodi in cui sono limitati a crescere a causa della scarsità di luce. -Foresta temperata sempreverde Latitudini simili ma con temperature diverse. Tra i 40° e 55° N e S, in regioni con precipitazioni abbondanti tra 500 e 4000 mm annui. L’inverno è freddo, ma non troppo, ma molto piovoso > abbiamo una stagione estiva con temperature più basse ma che coincide con il periodo di minimo delle precipitazioni (simile a macchia mediterranea, ma con inverno più freddo e piovoso o nevoso). La strategia delle piante è quella di formare una foresta sempreverde, ma temperata. Quando le precipitazioni sono ancor più abbondanti, prende il nome di foresta temperata pluviale (45-50°) Tipicamente s<si sviluppano u suoli poveri e sono alberi sempreverdi (emisfero N: pini, ginepri, douglasie, sequoie, emisfero S: faggi australi, eucalipti, cedri cileni ecc.) i boschi sono di conifere, spesso sfruttati per il legname (tranne sequoie, legno pessimo) -Foresta boreale Tra 50° e 65° N ancora più in alto, in aree continentali con inverni rigidi, ci sono climi con una sincronia tra la stagione vegetativa e la disponibilità di acqua. Le piante, tuttavia, sono limitate per lunghi mesi all’anno dalle temperature sotto 0 che limitano la disponibilità di acqua. Le piante non si possono permettere il lusso di far ricrescere foglie (stagione vegetativa troppo breve) > sono costrette a tenere le foglie tutto l’anno, o sarebbero troppo vincolate, costo metabolico troppo alto. Sono piante sempreverdi. Chiamata anche taiga. È il bioma terrestre più esteso, perché si sviluppa alle latitudini delle massime estensioni continentali. I suoli sono freddi e umidi, a volte rimangono gelati per lungo tempo (formazione di permafrost> blocca l’acqua all’interno ma serve anche come strato impermeabile che impedisce il drenaggio dell’acqua>ristagna); suoli spesso umidi e saturi d’acqua, si formano torbiere (zone di acqua o suolo saturo di acqua in cui si ha una degradazione molto lenta dei materiali in condizioni pressoché anossiche, quindi c’è un accumulo di materia organica che non si riesce a smaltire e riciclare. La vegetazione dominante è composta da conifere (abeti, pini, larici) e betulle. Anche qui sono importanti gli incendi > caratteristici della foresta boreale nonostante il clima freddo, componente che struttura la vegetazione (non sono innaturali in questi ecosistemi). È caratterizzata da lunghi inverni freddi > decomposizione lenta e accumulo di materia organica (permafrost, torbiera), grande accumulo di materia organica nel suolo, componenti fondamentali del ciclo globale del carbonio. Possibili incendi che possono durare molto perché si propagano anche nel sotto suolo per anni (materia organica), emettendo grandi quantità di gas serra nell’atmosfera).