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Con le riforme e i programmi firmati dal Ministro Giovanni Gentile, i lavori donneschi hanno un’ulteriore accentuazione. Il lavoro non è materia professionale, ma elemento della formazione spirituale dell’alunna, e non può mancare in nessuna scuola elementare femminile. "La maestra deve considerarlo come un potente sussidio della sua opera educativa, non solo perché suggerisce ordine e accuratezza e soddisfa al sentimento della bambina e della fanciulla che aspirano vivamente ad essere apprezzate in famiglia come personcine utili; ma soprattutto per la sua virtù rasserenatrice. Nei periodi difficili della fanciullezza, fanno cessare i piccoli turbamenti sentimentali della vanità e del capriccio". Una novità, è quella dei grembiulini obbligatori per andare a scuolaç bianchi per le femmine e neri per i maschi. Le Divise erano aggraziate da un colletto bianco ed un fiocco di raso di colore azzurro savoia. Lo stesso valeva anche per le maestre che dovevano indossare un grembiule nero, così come tutte le studentesse di qualsiasi tipo e grado scolastico, dopo la scuola elementare. Durante il fascismo, la differenziazione educativa accentuata col sostegno del mondo cattolico nell' enciclica “Divini Illius magistri” di Pio undicesimo del 1929, fu ripresa in vista della preparazione materna e familiare da un lato, e militare dall’altro. Dal 1933, le bambine venivano iscritte dalla prima elementare fra i figli della lupa. dagli otto ai 14 anni, erano inquadrate nelle piccole italiane, e dai 15 fino ai 17 anni, nelle giovani italiane. Nel 1934 il fascismo è al massimo del suo potere, e sostituisce i programmi del ’23 con un nuovo testo per le scuole elementari con questa premessa, a firma di Mussolini: "La Scuola italiana in tutti i suoi gradi e i suoi insegnamenti, si ispiri alle idealità del Fascismo, educhi la gioventù italiana a comprendere il Fascismo, a nobilitarsi nel Fascismo e a vivere nel clima storico creato dalla Rivoluzione Fascista".