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Rosso Malpelo Malpelo si chiama così perché ha i capelli rossi, e ha i capelli rossi perché è un ragazzo cattivo e ribelle, (... ribelle: secondo una leggenda popolare, chi ha i capelli rossi è cattivo e ribelle.) che promette di diventare un mascalzone. Tutti quelli che lavorano nella cava di sabbia rossa chiamano questo ragazzo Malpelo, e persino sua madre ha dimenticato il suo vero nome di battesimo. Malpelo è davvero un ragazzo minaccioso e selvatico. A mezzogiorno, mentre tutti gli altri operai della cava mangiano insieme la loro minestra, Malpelo mangia da solo, in un cantuccio, (... cantuccio: è un piccolo angolo nascosto.) un po' di pane grigio, come fanno le bestie. E tutti gli altri operai lo prendono in giro e gli tirano dei sassi. Poi arriva il sorvegliante della cava e, con un calcio, rimanda Malpelo al lavoro. Malpelo è sempre vestito con abiti vecchi e consumati ed è sempre sporco di sabbia rossa. Il padrone della cava lascia che Malpelo lavori li perché Misciu, il padre del ragazzo, è morto in quella stessa cava. Dopo la morte del padre, Malpelo si comporta nel peggiore dei modi. Con gli altri ragazzi poi è addirittura crudele e sembra che si voglia vendicare sui deboli di tutto il male che gli altri fanno a lui e che hanno fatto a suo padre. Nella cava lavora anche un povero ragazzino che non può più fare il manovale (… manovale: è un operaio che, nella cava, trasporta materiali. ) perché è caduto da un ponte (ponte: è un ponteggio, impalcatura.) della cava ed è diventato zoppo. Questo ragazzino, quando porta il suo cesto di sabbia sulle spalle, cammina male e a fatica perché è zoppo, e così gli hanno dato il soprannome di Ranocchio. Malpelo tormenta Ranocchio in cento modi. A volte picchia Ranocchio senza un motivo e senza pietà, e, se Ranocchio non si difende, lo picchia più forte, con maggiore furia, e gli dice: «To', prendi, bestia! Sei una bestia! Se non hai il coraggio di difenderti da me che non ti voglio male, vuol dire che ti lascerai pestare il viso da chiunque, da qualsiasi persona». Altre volte, Malpelo dice a Ranocchio: «Se ti capita di picchiare qualcuno, picchialo più forte che puoi; così gli altri ti terranno in considerazione e ne avrai tanti di meno contro di te». Ogni volta che Ranocchio deve fare un lavoro troppo pesante e si lamenta come una femminuccia, Malpelo lo picchia sulla schiena e lo sgrida: «Taci, pulcino!». E se Ranocchio continua a lamentarsi, Malpelo lo aiuta, dicendogli con un certo orgoglio: «Lasciami fare; io sono più forte di te». Oppure Malpelo dà la sua mezza cipolla a Ranocchio, e si accontenta di mangiare il pane asciutto, e dice: «Io ci sono abituato». Malpelo, infatti, è abituato a tutto. È abituato agli schiaffi, ai calci, a essere offeso e a essere preso in giro da tutti, a dormire sui sassi con le braccia e la schiena rotte a causa di quattordici ore di lavoro. Malpelo è abituato anche a digiunare, (digiunare: significa non mangiare.) quando il padrone lo punisce togliendogli il pane o la minestra. Malpelo, però, non si lamenta, ma si vendica di nascosto, comportandosi nel peggiore dei modi e perciò viene sempre castigato, anche quando il colpevole non è lui. E qualche volta, se Ranocchio supplica Malpelo di dire la verità, di discolparsi, Malpelo gli dice: «A che serve? Sono malpelo!». Solo sottoterra, nella cava di sabbia, nessuno prende in giro Malpelo anche se è brutto e sporco, ed egli sembra fatto apposta per quel lavoro persino nel colore dei capelli. Certamente Malpelo preferirebbe fare un altro lavoro, ma quello è stato il lavoro di suo padre e quello è il suo lavoro. Un giorno, Malpelo racconta a Ranocchio del pilastro che è caduto addosso al padre e lo ha seppellito vivo. Il cadavere del padre è stato ritrovato qualche giorno dopo l'incidente. La madre di Malpelo ha accorciato i pantaloni e la camicia del marito morto e li ha adattati al figlio. Malpelo, per la prima volta, è stato vestito quasi a nuovo. Solo le scarpe del padre sono state messe da parte perché non potevano essere accorciate. E Malpelo, quando indossa i pantaloni del padre, se li liscia sulle gambe e gli sembra che siano dolci e lisci come le mani del padre, che gli accarezzavano i capelli, anche se erano ruvide e piene di calli. Malpelo poi tiene le scarpe del padre appese a un chiodo, sopra il sacco di paglia sul quale dorme, e la domenica prende le scarpe in mano, le lucida e se le prova. Poi mette le scarpe per terra, l'una vicina all'altra, e le guarda per ore intere, facendo chissà quali pensieri in quel suo cervellaccio. Poco tempo dopo, Ranocchio si ammala, tanto che alla sera devono portarlo fuori dalla cava sull'asino, disteso e tremante di febbre come un pulcino bagnato. Spesso Malpelo si mette Ranocchio sulle spalle e lo incoraggia a modo suo, sgridandolo e picchiandolo. Ma Ranocchio non guarisce, continua a sputare sangue (sputare sangue: Ranocchio si è ammalato di tubercolosi, una grave malattia dei polmoni.) e ha la febbre tutti i giorni. Allora Malpelo prende dei soldi dalla propria paga e compra della minestra calda per Ranocchio e gli dà anche i suoi calzoni quasi nuovi, che lo coprono meglio. Ma Ranocchio tossisce sempre e qualche volta sembra che soffochi. E Malpelo, quando sente Ranocchio che si lamenta sottovoce e quando vede il suo viso sofferente e i suoi occhi spenti, dice a voce bassa: «Se devi soffrire in questo modo, è meglio che tu muoia presto!». Un lunedì Ranocchio non va più alla cava, e al padrone non importa, perché Ranocchio, malato com'era, non serviva a niente. Poco dopo, alla cava dicono che è morto. Un giorno si deve esplorare un passaggio nella cava che potrebbe far risparmiare molto lavoro. Però c'è il pericolo di perdersi nei sotterranei della cava e di non tornare mai più. Di conseguenza, nessun padre di famiglia vuole esplorare questo passaggio né permette che i propri figli corrano questo pericolo. E così tutti gli operai della cava pensano a Malpelo. Allora Malpelo, nel momento di partire, si ricorda del minatore che si è perso nella cava da anni e anni, e cammina e cammina ancora al buio, gridando aiuto, senza che nessuno possa sentirlo. Ma Malpelo non dice nulla. Del resto, a che cosa servirebbe parlare? Malpelo prende gli arnesi, gli attrezzi di suo padre, il piccone, la zappa, la lanterna, il sacco con il pane, il fiasco del vino e se ne va. Di Malpelo non si è più saputo nulla e i ragazzi della cava abbassano la voce quando parlano di Malpelo nel sotterraneo, perché hanno paura di vederlo comparire davanti a loro, con i capelli rossi e gli occhiacci grigi. (da Tutte le novelle, A. Mondadori, Milano, 1997, rid. e adatt.)