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Da Diocleziano al crollo dell’Impero d’occidente Con l’inizio del quarto secolo si aprì una fase storica definita epoca tardoantica. La crisi si fece sempre più pesante e allo Stato romano perse la sua unità soprattutto a causa delle incursioni delle tribù barbare. Nel quarto secolo ci fu però un periodo di stabilità. Nel 248 il potere passò nelle mani di Diocleziano. Egli rafforzò il potere centrale e l’imperatore cessò di essere il primo magistrato dello Stato e ne divenne il dominus (signore). L’esercito venne riorganizzato tramite una suddivisione di questo in due parti: le truppe di frontiera e le truppe da combattimento; l’esercito era composto da circa 600.000 uomini. Diocleziano fa inoltre alcune riforme. Introduce ad esempio la tetrarchia (“governo di quattro” e divide l’Impero in dodici diocesi suddivise a loro volta in quattro prefetture. Due dei quattro tetrarchi presero il titolo di augusto e nominarono gli altri due che presero il nome di cesare. Diocleziano scelse Massimiliano e assieme scelsero Galerio e Costanzo Cloro. A causa di questa riforma l’Italia perse la sua centralità. Ci fu inoltre una riforma fiscale dove si aumentarono le tasse per garantire dei proventi fissi e ad ogni estensione di terra doveva corrispondere un cittadino da tassare. Diocleziano fissò anche la struttura della società romana. Era infatti vietato cambiare residenza, attività lavorativa e le persone si potevano sposare solo con altre persone della stessa classe sociale. Diocleziano decise di imporre inoltre dei prezzi massimi per alcuni alimenti. Il risultato fu che le merci a prezzo imposto scomparvero dal mercato e tale misura alimentò un mercato di contrabbando dei beni a prezzo imposto. Il cristianesimo rappresentava una minaccia e Galerio convinse Diocleziano ad avviare una nuova campagna di feroci persecuzioni contro i cristiani. Diocleziano abdicò e i scoppiarono delle lotte tra i suoi collaboratori e sei pretendenti per conquistare il potere. A seguito di una serie di scontri prevalse il figlio di Costanzo Cloro, Costantino. Per circa un decennio i rapporti tra i due augusti restarono cordiali fino a quando Costantino riunì tutto il potere nelle proprie mani. Costantino riorganizzò l’amministrazione statale e creò un esercito efficiente. Terminarono i conflitti religiosi. Abbandonò il paganesimo e si unì ai cristiani. Nel 313 promulgò l’editto di Milano che concedeva la libertà di culto ai cristiani e a tutte le confessioni religiose. L’Impero romano e la Chiesa divennero strettamente legati. La Chiesa rivendicava però una posizione sempre più autonoma rispetto al potere imperiale. Costantino inaugurò il Concilio di Nicea, il primo consiglio universale dei cristiani. Nacquero molte teorie diverse riguardo il cristianesimo come l’arianesimo che sosteneva che Gesù era subordinato a Dio e non era importante allo stesso modo. Costantino fondò inoltre una nuova capitale, Costantinopoli, sulle rovine di Bisanzio. Costantino volle inoltre rafforzare ulteriormente l’esercito. Roma stava prendendo una posizione politica di secondo piano e le capitali dell’Impero divennero Roma e Costantinopoli. Costanzo scelse come successore il cugino Giuliano che si rivelò un abile generale in battaglia e venne nominato imperatore dalle sue truppe. Così Giuliano si trovò ad essere l’unico imperatore dell’Impero. Egli, educato nella fede cristiana, la ripudiò e tornò alla religione pagana tradizionale, tentò quindi di restaurare il paganesimo escludendo dal potere la classe dirigente cristiana. Giuliano era convinto che una vittoria ottenuta sotto l’auspicio delle divinità tradizionali avrebbe ridato prestigio alla religione tradizionale. Arrivò al confine dell’Impero Sasanide e fu costretto a ritirarsi e fu ferito da una freccia al fegato. I suoi successori si affrettarono ad abolire tali leggi. Le tribù germaniche ceravano di sottrarsi alla pressione degli Unni. Per fuggire agli Unni, nel 375 i Visigoti chiedono l’ammissione all’Impero. Valente, il secondo sovrano dell’Impero (il primo era Graziano), acconsentì, ma la coabitazione tra Romani e Germani non funzionò. Nel 378 ad Adrianopoli, I Visigoti annientarono l’esercito romano e i Visigoti arrivarono fino alla parte orientale dell’Impero. Salì al trono di Costantinopoli Teodosio che cercò un accordo con i Visigoti. I Visigoti accettarono la pace e l’Impero si assicurava di avere dei buoni combattenti per la difesa del territorio ma allo stesso tempo si consegnava nelle mani di truppe straniere. Teodosio e Graziano emanano l’editto di Tessalonica, riconoscendo il Cristianesimo come unica religione ammessa nell’Impero e i pagani vennero perseguitati. Le province furono divise dopo la morte di Teodosio. Arcadio ebbe la parte orientale, Onorio quella occidentale. Successivamente il responsabile della politica d’Occidente diventò Stilicone, un condottiero vandalo. Egli spostò la capitale da Milano a Ravenna. Proseguì inoltre la politica di Teodosio volta ad assimilare i Goti nell’esercito dell’Impero. Altre ondate di barbari si riversarono nelle Gallie e in Spagna e molti patrizi e senatori suggerirono ad Onorio di liberarsi di Stilicone. Alarico scese nuovamente in Italia e saccheggiò Roma (primo sacco di Roma). Orami la forza dominante erano i barbari. Sant’Agostino diceva che non contava che Roma governasse il mondo, ma che il mondo fosse retto dai valori del cristianesimo. Il successore di Alarico, Ataulfo fondò il primo regno barbarico nei territori dell’Impero Romano e sposò Galla Placida. I Vandali conquistarono Cartagine e si impadronirono dell’intera regione. Il regno degli Unni era un vasto regno nomade al comando del re Attila. Attila, nonostante un accordo, decise di marciare contro Costantinopoli. La battaglia avvenne ai Campi Catalaunici e Attila fu sconfitto. L’anno successivo Attila riuscì ad invadere l’Italia e ordinò ai suoi guerrieri di marciare su Roma. Sale al potere il generale Ezio che viene ucciso da Valentiniano e approfittando di un vuoto di potere, i Vandali assalgono Roma e la devastano (455, secondo sacco di Roma). Sale al potere Romolo, detto Augustolo che fu l’ultimo imperatore d’occidente. Nel 476 si verificò infatti una rivolta delle milizie barbare. I mercenari elessero come capo Odoacre che non nominò un nuovo imperatore. Romolo fu esiliato a Miseno, in Campania.