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La crisi dell’Impero nel III secolo Sul finire del II secolo precedente si erano manifestati i primi sintomi della crisi dovuti a diversi fattori, come la pressione delle popolazioni barbariche. Sul fronte della politica interna la situazione non era migliore. Inoltre, il governo sembrava incapace di ideare nuove politiche aumentando le tasse. La situazione si presentò come un vero e proprio spartiacque nella storia antica, tra un’epoca di splendore ed una di tremenda crisi. Fu inoltre uno spartiacque per la società, che infatti si divise in due fondamentali categorie (abitanti delle città e abitanti della campagna). Gli abitanti delle campagne non partecipavano molto allo sviluppo civile dato che si dimostrava come un fenomeno principalmente urbano. Lo stile di vita degli schiavi era comunque rimasto lo stesso. Allo stesso tempo gli abitanti dei villaggi consideravano la città come principale causa del loro sfruttamento dato che era il luogo da cui arrivavano gli esattori a riscuotere tasse. La gran parte dei campi era nelle mani dell’aristocrazia cittadina. L’esercito diventò un esercito di contadini, in quanto questi erano gli unici che si offrivano volontari dato che non avevano nessun diritto civile e agli affari locali. Ci furono degli episodi che causarono mancanza di fiducia nei confronti delle legioni che precedentemente rappresentavano il punto di forza delle conquiste imperiali. Crebbe il peso politico dei soldati reclutati nelle campagne. Ci fu inoltre una rivolta da parte del mondo della campagna a quello delle città. Avvenne una notevole diminuzione della produzione agricola e si verificò il fenomeno dell’inflazione con una pesante svalutazione monetaria. Nel III secolo si coniavano solo monete di rame e in alcune regioni periferiche si tornò addirittura al baratto. Ci fu un indebolimento del commercio e l’artigianato si ridusse al minimo indispensabile, aumentò inoltre la disoccupazione nelle città. Nelle campagne, invece, a causa delle tasse le persone iniziarono a vivere in una condizione di semi-schiavitù. Commodo cadde vittima di una congiura e si estinse la dinastia degli Antonini. Venne proclamato imperatore Elvio Pertinace che puntava al ripristino della disciplina nell’esercito e al contenimento della spesa pubblica. I pretoriani misero in vendita il titolo di Imperatore al migliore offerente. Prevalse Settimio Severo che fondò la dinastia dei Severi. Settimio Severo rafforzò l’apparato bellico e favorì i militari con donativi e privilegi. Egli concesse inoltre la cittadinanza a tutti i soldati al momento dell’arruolamento e prese un provvedimento economico elementare: dimezzò la percentuale di argento presente nelle monete. Dopo la morte di Settimio Severo vengono proclamati imperatori Caracalla e Geta. Geta fu assassinato dai pretoriani. Caracalla distribuì enormi quantità di denaro all’esercito e creò un importante editto: la Constitutio Antoniniana. Con questa Caracalla concesse il diritto di cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dell’Impero per garantire il pagamento degli obblighi fiscali. La differenza tra abitanti dell’Italia e delle province era scomparsa. Macrino, dopo aver assassinato Caracalla, si proclamò imperatore ma dopo poco fu ucciso dai militari che portarono al trono Eliogabalo. Fu un periodo di matriarcato esercitato dalla famiglia femminile di Eliogabalo e i costumi di Eliogabalo rappresentavano irritazione e scandalo. Eliogabalo venne ucciso e gettato nel Tevere sempre dai pretoriani. Il trono fu assegnato ad Alessandro Severo, un ragazzo di appena tredici anni, anche se il potere veniva esercitato soprattutto dalla nonna e dalla madre che cercavano di avere buoni rapporti con il Senato. Il clima orientale di Eliogabalo rimase anche sotto il suo dominio. Alessandro Severo venne assassinato assieme alla madre mentre era impegnato con trattative di pace con i Germani. L’esercito proclamò imperatore Massimino il Trace, chiamato così per la sua provenienza da un villaggio della Tracia. Egli era nato da genitori barbari e fu il primo imperatore a provenire da classi sociali più basse. Ebbe successo per il trionfo dell’esercito grazie al suo comando. Venne ucciso da alcuni senatori che ritenevano ingiusta l’elevata pressione fiscale a causa delle spese belliche. I due poteri fondamentali dello Stato (militari e Senato), non riuscivano a trovare un equilibrio e questa situazione portò a scontri e ad effetti devastanti sulla vita economica e civile. Ai confini premevano i Germani, i quali a loro volta erano sospinti in avanti dalle migrazioni di alcune popolazioni: in particolare il popolo dei Goti che cominciò ad insediarsi oltre i confini dell’Impero. Non era un’invasione vera e propria ma un grande movimento migratorio. In Oriente la situazione divenne sempre più difficile a causa della ripresa del regno dei Parti. I confini del mondo romano erano più estesi di quelli raggiunti al tempo di Augusto. Roma dovette fronteggiare l’avanzata dei Goti, una popolazione di stirpe germanica. Il generale che aveva concluso la pace con i Parti, Filippo l’Arabo, fu assassinato; salì al trono Decio che avviò una spietata persecuzione contro i cristiani. Nel 253 sale al trono Valeriano, primo imperatore ad instaurare una divisione dell’Impero, affidando la parte occidentale al figlio Gallieno. Alla morte di Valeriano, Gallieno rimase al governo introducendo un’importante innovazione: escluse i senatori dal comando delle formazioni militari e sancì definitivamente la divisione fra carriera civile e militare. Alcune regioni si resero autonome formando alcuni regni o imperi come l’impero delle Gallie o quello di Palmira. Nonostante i duri colpi, l’Impero si riprese sotto il comando di due militari: Claudio II e Aureliano che tornò a riunire sotto il suo dominio tutto l’Impero. Aureliano iniziò la costruzione di una nuova cinta muraria fortificata, le mura aureliane. Dopo la morte dei due il comando passò a Diocleziano.