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Un altro problema che i governi di Destra dovettero affrontare fu il completamento dell’unità, cioè riunire al Regno il Veneto, il Trentino e soprattutto Roma e il Lazio. La Destra sperava di ottenere i territori con trattative diplomatiche, mentre la Sinistra (Garibaldi e Mazzini) voleva attuare la guerra popolare. A Roma, l’ostacolo principale era il papa. Cavour, qualche settimana prima dell’Unità d’Italia, aveva avviato trattative informali col Vaticano dando piena libertà di esercitare l’insegnamento spirituale in cambio della rinuncia al potere temporale e del riconoscimento del nuovo Stato (stato pontificio). Pio IX non accettò e anche con il successore di Cavour fallirono i tentativi di conciliazione. Quindi il fallimento di questo tentativo ridava spazio ai democratici e Garibaldi tornò in Sicilia (1862) e organizzò una spedizione contro lo Stato pontificio. Ma il progetto fallì poiché quando Napoleone III fece capire di voler reprimere la rivolta, il re Vittorio Emanuele II disapprovò l’impresa garibaldina. Quindi i volontari furono intercettati nell’Aspromonte e Garibaldi venne arrestato. Preoccupati di ristabilire i rapporti con la Francia, i governanti italiani stipularono un accordo con Napoleone III, la Convenzione di settembre, con il quale si impegnavano a rispettare i confini dello Stato pontificio in cambio del ritiro delle truppe francesi dal Lazio. Il governo trasferì la capitale da Torino a Firenze. L’altro obiettivo da raggiungere era la liberazione del Veneto. L’alleanza italiana con Bismarck contro l’Austria e la vittoria prussiana consentirono, nel 1866 tramite la pace di Vienna, l’acquisto del Veneto (IIIª guerra d’indipendenza). Tuttavia vi era un’amarezza dell’opinione pubblica, poiché solo grazie alla Prussia l’Italia allargava il suo territorio, ma ne usciva ugualmente disfatta poiché durante la guerra aveva subito due sconfitte a Custoza e a Lissa. Nel frattempo Garibaldi organizzò una nuova spedizione per Roma, ma a differenza della prima, stavolta ai volontari si aggiungevano anche i patrioti romani. La volontà dello stesso popolo romano avrebbe evitato così l’intervento francese. Anche questo tentativo fallì per la scarsa partecipazione popolare, le truppe francesi attaccarono Mentana e sconfissero i garibaldini. La conquista di Roma sembrava svanire, ma la guerra franco-prussiana e la caduta del Secondo Impero diede l’ennesima occasione all’Italia di liberare Roma. Il governo italiano mandò un corpo di spedizione nel Lazio e avviò delle trattative con il papa, che rifiutò ogni accordo. Il 20 settembre 1870 le truppe italiane entrarono a Porta Pia e con un plebiscito si stabilì l’annessione di Roma e del Lazio. La capitale da Firenze fu trasferita a Roma e la legge delle guarentigie (garanzie)(1871) stabilì i rapporti tra Stato e Chiesa, in quanto il Regno d’Italia garantiva al papa il libero svolgimento del magistero spirituale e gli riconosceva anche onori di sovranità, diritto di rappresentanza diplomatica, oltre ad una dotazione annua per il mantenimento della corte papale, che il papa rifiutò. L’intransigenza di Pio IX si manifestò nel divieto per i cattolici italiani di partecipare alle elezioni con la legge del non expedit. (1874)(Lo Stato confisca i beni della Chiesa). La sinistra al governo Nella prima metà degli anni ’70, incrementò il numero dei deputati che non si schierarono né a destra né a sinistra e assunsero una posizione indipendente, di centro. Inoltre aumentarono le divisioni interne della Destra e la Sinistra parlamentare si orientò verso posizioni più moderate. Oltre alla Sinistra piemontese guidata da Depretis e alla Sinistra storica di Crispi e Zanardelli, nacque una Sinistra giovane, formata da una borghesia moderata che tutelava i propri interessi. A Destra invece, il ritiro di uno dei gruppi conservatori, quello toscano, provocò la crisi della maggioranza. Inoltre, durante la discussione alla Camera (18/03/1876) riguardo la gestione statale delle ferrovie, la Destra si presentò divisa e il governo Minghetti si dimise. Il nuovo governo presieduto da Depretis, esponente dell’ala moderata della sinistra, segnò il definitivo allontanamento della Destra dal potere. Nelle elezioni del novembre 1876 la Sinistra ottenne la vittoria e la Destra cadde. Con la rivoluzione parlamentare del 1876 salì al potere una classe dirigente nuova. L’avvento al potere della Sinistra segnò l’inizio di una nuova fase nella politica italiana: si allontanava il periodo delle lotte risorgimentali e si allargavano le basi dello Stato. Depretis seppe mantenere un equilibrio tra le tendenze progressiste e conservatrici della nuova maggioranza. Il programma della Sinistra prevedeva degli scopi fondamentali: • allargamento del suffragio universale; • riforma sull’istruzione elementare obbligatoria, con la legge Coppino (1877) che portò l’obbligo a 9 anni; Riguardo il secondo obiettivo, la riforma non eliminò l’analfabetismo in Italia, anche se cominciava a diminuire. Per quanto concerne l’ampliamento del suffragio, la nuova riforma (1882) consentì il diritto di voto a tutti i cittadini che avessero 21 anni di età e avessero superato l’esame del corso elementare obbligatorio, dimostrando di saper leggere e scrivere. Inoltre diminuì il requisito del reddito minimo, da 40 lire a 20. Grazie alla nuova legge, il corpo elettorale aumentò considerevolmente poiché non era formato solo da borghesi ma anche da artigiani e operai del Nord. Le prime elezioni a suffragio allargato consentirono l’ingresso alla Camera del primo deputato socialista Andrea Costa. In seguito venne stabilito un accordo tra Destra e Sinistra, definito trasformismo, che trasformò il sistema politico italiano da bipartitico a un grande centro che racchiudeva le opposizioni moderate e emarginava le ali estreme. La svolta moderata di Depretis provocò il distacco della maggioranza dei gruppi democratici, che continuavano a lottare per l’ampliamento del suffragio, per una politica estera antiaustriaca e una politica ecclesiastica anticlericale. Questo gruppo fu chiamato radicale.