Read Aloud the Text Content
This audio was created by Woord's Text to Speech service by content creators from all around the world.
Text Content or SSML code:
Si impicca un altro bambino: cosa sta succedendo Va nella sua cameretta e si cinge una corda intorno al collo. La madre lo trova privo di sensi, cerca di rianimarlo e poi chiama il 118, ma quando arrivano i soccorsi per lui non c’è niente di fare. Muore così, a 9 anni, un bambino di Bari, ad una brevissima distanza temporale dall’altra bambina di Palermo. Cercare di comprendere ed agire: è la nuova corsa contro il tempo! “Al momento non abbiamo elementi che colleghino questo episodio a giochi online, ma sicuramente c’è un problema con questi giochi che stanno circolando, da tempo ormai”: queste sono le parole del procuratore minorile di Bari, Ferruccio de Salvatore, che ovviamente non può scagliarsi contro una piattaforma social senza avere nessuna prova che ne dimostri il collegamento. E’ evidente ormai che qualcosa non funziona e i social, con le loro regolette volte a chiudere un occhio in cambio di traffico sul quale si lucra, non aiutano su quello che è la tutela dei minori iscritti in maniera clandestina. Si necessita quindi di una ulteriore restrizione delle piattaforme social e di una campagna di sensibilizzazione dei genitori, la maggior parte dei quali non hanno effettivamente compreso quanto in realtà possa essere pericoloso internet quando a navigare c’è qualcuno lasciato da solo e non in possesso di una congrua valutazione del pericolo. La duplice indagine delle procure! Sulla morte del piccolo stanno indagando due procure: quella per il decesso in circostanze da accertare e quella minorile e sono stati sequestrati i dispositivi per capire cosa abbia visualizzato e con chi abbia potuto comunicare o interagire il bambino in quelli che sono gli ultimi istanti della sua vita. Sono i social i colpevoli? Fermo restando che “Fino a questo momento non ci sono evidenze che questo fatto sia legato a un gioco”, il procuratore cerca di portare a comprendere e di offrire uno spunto sul fatto che “questi giochi, prima il Blue whale, poi Momo e adesso Tik Tok, possono essere molto rischiosi. Noi dobbiamo tener conto che con riferimento a determinate fasce di età lo spirito di emulazione è molto forte”. Terminare la propria esistenza perché in rete si incontra un folle che in qualche modo riesce a manipolare le menti di bambini con qualcosa che comincia come un gioco e poi finisce nella maniera più tragica possibile è solo uno degli scenari possibili: non dimentichiamo che ad una età giovanissima anche i commenti, spesso anche crudeli sull’aspetto fisico della persona che li riceve, può ingenerare una catena di emozioni che potrebbero sfociare in comportamenti autolesionistici o come gesto estremo, il suicidio. Ad esempio su Tik Tok sono tanti i ragazzi o poco più che bambini che ballano emulando i loro idoli e che poi vengono presi in giro o bullizzati perché le loro forme, a detta di chi commenta, sono troppo grasse o troppo magre o comunque non sono quelle forme che uno standard universale (solo nella testa di chi commenta) impone. C’è poi chi non se la prende e chi invece comincia a soffrire e ad andare in depressione e questo riguarda tutte le età. Figuriamoci se l’oggetto dei violenti commenti è un bambino. La società degli ultimi tempi è effettivamente cambiata? “Il problema c’è ed è stato esasperato dalla pandemia” afferma De Salvatore “perché molti giovani, soprattutto adolescenti, si sono rinchiusi in sé stessi e sono diventati aggressivi con sé stessi e gli altri. Sono aumentati i casi di cutting, cioè il taglio degli arti con lamette, e i tentativi di suicidi che coinvolgono fasce d’età sempre più basse”. Qualsiasi strumento può essere potenzialmente letale! Anche un motorino, usato senza criterio, può divenire potenzialmente mortale, certo, ma l’uso di un motorino è sottoposto ad un regolamento. Il regolamento dispone che solo ad una certa età si possa fruire del mezzo e a vigilare ci sono gli organi di polizia che sul territorio effettuano accertamenti. Questo controllo invece in rete non è così incisivo come dovrebbe e di conseguenza la tutela dei bambini, nel mondo di internet ancora sconosciuto ai tanti, presenta dei lati oscuri, come abbiamo visto, terribili. Eppure sembra non esserci ugualmente una coscienza di ciò. Nel momento che un genitore “parcheggia” i propri figli davanti ad una televisione o con uno smartphone in mano a navigare in rete dove in piattaforme social si annidano soggetti con le più brutte intenzioni, il genitore non è adeguatamente edotto su quali possano essere le conseguenza della sua azione, che ovviamente è in buona fede perché nessun buon genitore vorrebbe il male dei propri figli. Gli adulti che non sono informati dei reali pericoli in rete credono che i malintenzionati siano ancora per strada o davanti alle scuole e purtroppo, statisticamente, chi poi legge queste notizie tragiche è portato anche a credere che ai propri figli questo non possa accadere. Cominciare a spiegare bene agli adulti cosa può accadere realmente nel web, attraverso i canali ufficiali di divulgazione, potrebbe scongiurare notizie tragiche come queste, perché leggere di bambini che si impiccano è qualcosa di non solo terribile, ma di insensato.