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Il ruolo attivo e passivo della scuola Come noi studenti ben sappiamo, la scuola ci forma culturalmente attraverso la storia, la matematica, la storia della lingua italiana e l’arte. Sono tutte materie ed informazioni che vengono tramandate di generazione in generazione per mantenere vivo il passato dentro di noi. Fra queste discipline teoriche vengono anche trattati argomenti atti a stimolare la nostra etica, farci riflettere su determinate problematiche e farci crescere mentalmente durante questo percorso di studi in cui il cervello dei ragazzi si sviluppa di più. Tuttavia è sempre più comune la percezione di un obiettivo “formale” che la scuola tenta di raggiungere, ovvero raccogliere valutazioni per la compilazione di una pagella e l’assegnazione di un diploma o certificazione. È comune che gli studenti non vedano più la scuola come una guida che li ispiri ad affrontare le difficoltà della vita, bensì uno strumento di misura basato sui numeri. Talvolta non è solo percezione ma la verità, perché non tutti gli istituti accolgono o mettono in atto davvero determinate iniziative per il coinvolgimento e la crescita personale degli alunni. Esistono ragazzi i cui genitori non sono molto presenti nelle loro vite, e nei momenti in cui la scuola dovrebbe colmare queste lacune attraverso l’istruzione, la situazione rimane invece immutata (o peggiorare se poi nel corso della vita certi comportamenti non vengono mai discussi). Le opportunità di crescita personale non si fermano però al ruolo attivo della scuola, ma in parte a quello passivo. Fin ora abbiamo passato circa un quarto della nostra vita con degli estranei. Certo, abbiamo dei compagni di classe che conosciamo meglio, abbiamo degli amici con cui andiamo d’accordo, eppure degli altri non sappiamo un granché, non sono dei nostri famigliari. Ma è questa la condizione che ci permette di imparare a relazionarci con gli altri. L’ambiente scolastico non solo impartisce lezioni teoriche su “cosa succede in tal data” o “formula per risolvere un determinato problema”, ma lezioni di vita che diano lo slancio per un costante sviluppo. Gli studenti di una classe sono sottoposti a simili difficoltà, nasce un senso di collettività e inclusione nella società, costituendo un forte stimolo all’interazione. Senso di civiltà e consapevolezza online Dall’invenzione di internet e successivamente dei social network, il nostro stile di vita si è diviso in “reale” e “virtuale”. Dato che nella vita reale confrontiamo costantemente altre persone e le conseguenze delle nostre azioni, si tende a pensare che ci sia più libertà online nascondendosi dietro all’anonimato o a castelli di apparenze. Naturalmente c’è chi sfrutta la non completa rivelazione della propria identità in buona fede, ma sono esattamente gli utilizzi scorretti quelli che fanno preoccupare. Non si parla solo di cyberbullismo, ma di una semplice questione di educazione e rispetto per gli altri. Si può trattare di un commento offensivo o poco consono lasciato sotto a un post, un video, in un forum. Nonostante la scuola non sia l’unico mezzo di istruzione su come diventare individui civili, penso sia comunque un importante contributo all’influenza complessiva della società, perché oltre alla disciplina sviluppata nei limiti del nostro nucleo famigliare, ci dà l’opportunità di fare esperienza con persone della nostra età, più giovani e adulti contemporaneamente – permettendoci di sviluppare la nostra identità sia online che "offline". I “danni” della tecnologia e la didattica a distanza Nell’ultimo decennio la dipendenza dai social è sempre stato l’argomento per eccellenza più discusso nel mondo dei giovani (talvolta anche degli adulti). Si considera che l’utilizzo eccessivo del cellulare o altri dispositivi smorzi la creatività e ci esponga ai numerosi pericoli di cui la rete è colma. Non ho alcun dubbio riguardo quest’ultima affermazione, ma l’utilizzo intensivo della tecnologia ora come ora non è mai stato così essenziale. A partire dall’anno 2020 fino ad oggi, il mondo sta facendo i conti con un nemico invisibile che nel giro di un paio di mesi è stato in grado di sconvolgere le nostre vite e cambiare radicalmente le nostre abitudini: parliamo del Coronavirus. La necessità di restare a casa ci impedisce di recarci normalmente al lavoro, a fare la spesa, compiere attività usuali ma soprattutto andare a scuola. Per quest'ultima sono state adottate nuove strategie di trasmissione dei contenuti didattici, utilizzando un pc o un dispositivo elettronico che consenta agli studenti di partecipare alle lezioni da casa, e alla scuola di proseguire la missione di formarci, non solo dal punto di vista delle conoscenze ma anche in ambito morale. Naturalmente una soluzione del genere implica la dipendenza quasi completa dalla tecnologia. Il ruolo passivo della scuola però si va un po' a perdere, dato che l'ambiente non è più lo stesso. Nonostante l'introduzione della didattica a distanza, mancano le mura di una classe, l'interazione dal vivo e l'atmosfera che si crea grazie a questi elementi. Di conseguenza i ragazzi cercano di recuperare questi legami online, dove le chiacchiere da banco a banco vengono sostituite da messaggi e condivisioni di contenuti digitali. Considerazioni personali Personalmente, sostengo che il ruolo della scuola nelle nostre vite sia fondamentale, perchè ci dedichiamo ad essa fin da piccoli, a partire da 5 anni fino ai 20 circa. È un lungo percorso formativo che ci cambia e ci forma tramite l'arricchimento del nostro bagaglio culturale, la socializzazione e il dialogo, sfruttando anche la tecnologia a nostro favore per diffondere efficacemente la conoscenza e il senso di civiltà che ci serve per convivere al meglio con chi ci circonda.