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Secondo alcuni storici ,nel primo altare a destra (entrando) s’ammira una Pietà firmata da Domenico Testa: essa erroneamente è stata ritenuta “ l’unico esempio di pittura locale del Seicento che ci sia pervenuto” (3) e “mediocre pittura” (Carlo Muscetta) ma essa è, a nostro avviso, opera pregevole della 1° metà del Settecento Per l’impianto iconografico, per la tavolozza dei caldi e profondi colori scuri, per lo struggente pathos dell’espressione della Vergine, quest’intensa Pietà ci riporta al Compianto sul Cristo morto (1649) di Antonio De Bellis (attivo a Napoli tra il 1630 e il 1660 circa) che si ammira nella Chiesa di San Rocco nella vicina Solofra (ma già proveniente probabilmente dalla Congrega di Giovanni Battista). Forse proprio per la vicinanza stilistica a quest’opera del 1649 del De Bellis, la Pietà nella Chiesa di Costantinopoli è stata ritenuta “un esempio unico di pittura locale del Seicento”, essendo il De Bellis, pittore di riferimento, artista del Seicento. Certo di sapore seicentesco, protrattosi in pieno Settecento, è la qualità che caratterizza ed esalta lo stile di quest’opera che attinge direttamente al citato Compianto sul Cristo morto: “ la gamma cromatica fatta di accensioni di gialli e di bruni sul fondale bruno; il punto chiave di raffigurare la giovane donna che ancora tenta di parlare con il figlio mentre ne sorregge il corpo, che lo guarda in volto innaturalmente intenerita, stravolta dalla sua morte, rafforzando il suo soliloquio con un disperato gesto conversativo della mano, come ingannando deliberatamente se stessa sul fatto che il suo discorso non otterrà risposte “ (5). Il maggiore motivo di merito che occorre riconoscere a Domenico Testa, autore di questa Pietà, è forse proprio quello di aver saputo cogliere ed interpretare l’idea ispiratrice dell’insuperabile maestro De Bellis, quell’ ‘idea “ che - come felicemente precisa Lattuada- “ è uno dei traguardi espressivi della pittura napoletana della prima metà del Seicento, di quella fase appropriatamente definita da Stefano Causa “ il naturalismo affettivo della pittura napoletana (Riccardo Lattuada, Compianto sul Cristo morto in “Capolavori della terra di mezzo. Opere d’arte dal medioevo al barocco”,