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La storia della salvezza non è soltanto il passato, ma anche il presente e il futuro e continuerà fino al ritorno del Signore. Benché l’atmosfera che regna attualmente nella teologia non sia favorevole al tema « storia della salvezza », occorre però dire, che qui se ne parla in modo più concreto e più biblico che non nelle tesi precedenti. Ne guadagna sia la traduzione sia la comprensione della Parola. Ciò nondimeno la definizione dei rapporti tra tempo e eternità, definizione che qui viene tratta dalla Bibbia, resta filosoficamente problematica e esegiticamente non vincolante. Una simile interpretazione tiene troppo poco conto del problema ermeneutico e trascura pure il limite dell’affermazione biblica, la quale non vuol dire nulla di definitivo su concetti filosofici quali tempo e eternità. d) C. H. DODD ... Una visione che devia radicalmente dai tipi di soluzione predominanti in Germania, è stata sviluppata dall’inglese C. H. Dodd nel suo libro sulle parabole del regno di Dio, libro che, dal 1935 in poi, ha veduto continue ristampe. Dal punto di vista di Dodd, ciò che è caratteristico per il messaggio di Gesù può essere riassunto con la definizione « l'escatologia realizzata ». Con l’attività di Gesù è iniziata ora e qui, l'azione di Dio nella storia (183). « Egli ha spiegato che l’ordine eterno è presente nella situazione attuale e che questa è l’ora del raccolto per la storia passata » (191). La drammaticità dell’annunzio di Gesù non deriva da un’attesa particolarmente accentuata della prossima fine, ma dall’esigenza di portare la presenza di Dio. Dodd collega questa interpretazione del messaggio di Gesù sul regno a una concezione cristologica e sacramentale che si connette allo sviluppo interiore del cristianesimo nascente: Gesù predica in parabole la vigilanza di fronte all’inatteso che presto avverrà, e a questo punto cala il sipario sulla scena illuminata dalle parabole. Il colpo arriva all’improvviso. Ora Gesù non parla più: egli opera e soffre. Di fronte al fatto della resurrezione, i discepoli - sorpresi e come folgorati, comprendono che nella morte e nella resurrezione di Gesù si è finalmente rivelato il regno di Dio (187). La Chiesa guarda indietro a questo momento in cui il fatto detérminante è avvenuto e lo ricapitola nel segno efficace dell’Eucaristia, la quale, secondo Dodd, potrebbe quindi essere definita il « sacramento dell’escatologia realizzata» (188). La presenza nel sacramento della Chiesa di quanto è avvenuto ci apre insieme, collegandoci con il Signore innalzato, la porta verso l’ordine dell’eterno, che è la nostra destinazione: « Nessun occhio ha veduto e nessun orecchio ha udito e in nessun cuore d’uomo è penetrato ciò che il Signore ha preparato per coloro che lo amano » (194). Dodd, procedendo dall’esegesi moderna, ha in fondo calcato con ciò la sintesi ecclesiale con cui la fede dei secoli aveva interpretato la coincidenza di passato, presente e futuro nel messaggio escatologico del Nuovo Testamento. Nell’esegesi di lingua tedesca e nella conseguente teologia questa visione non poteva trovar posto. In effetti sarà necessario rielaborare la comunicazione metodica di questa sintesi. Tuttavia non può esservi dubbio che la forza del cristianesimo, che sopravvive a tutte le tesi accademiche, deriva oggi come ieri dalla validità di questa sintesi, che lega la fede e la vita l’una all’altra in un modo reale ed efficace, mentre senza questo sfondo non si sarebbe neppure giunti a elaborare né l’attualismo del primo Barth né l’esistenzialismo teologico di Bultmann e neppure una teologia formale della storia della salvezza. e) TEOLOGIA DELLA SPERANZA - TEOLOGIA POLITICA Soffermandoci su Cullmann e Dodd ci siamo allontanati dallo sviluppo teologico nell’area di lingua tedesca, al quale, per concludere, dovremo ora ancora una volta tornare. L’escatologia formale della scelta, elaborata da Bultmann, era parsa affascinante, perché conciliava una religiosità radicale con una consegna totale del mondo alla ragione profana. Ma essa aveva privato la fede di ogni suo contenuto e troncato la domanda sul significato del mondo e della storia, motivo per cui non poteva costituire una soluzione duratura. Nel momento in cui, dopo la fase della ricostruzione, sorse con la domanda circa il futuro il problema di nuovi compiti e di nuovi significati, la sua sorte era segnata. Il rullo di tamburo, che annunziò la svolta, fu dato da Moltmann con il suo Teologia della speranza, libro uscito nel 1964 e seguito a breve distanza dal Program»? der Politischen TIdeologie di Metz. Pure per Moltmann l’escatologia rimane il centro della teologia, ma egli rovescia la prospettiva radicalmente, per cui l’escatologia non è più desecolarizzazione, bensì « la sofferenza e l’entusiasmo che suscita il Messia» (10). In conformità a ciò, nell’escatologia non interessa né il presente né il « momento » e neppure il « tempo intermedio » precedente o l’eternità, ma il tempus escatologico e quindi cristiano è il futuro. La contraddizione tra il mondo presente e la fede non viene risolta con il richiamo al « momento » e nemmeno con il richiamo all’eternità, ma viene mantenuta volutamente come contrasto tra il futuro e il presente. Essere, cristiani significa affrontare i fatti del presente procedendo dal futuro « Le affermazioni dottrinali confermano la loro veracità nella loro controllabile rispondenza alla realtà sperimentabile del presente. Le affermazioni che proclamano la speranza nella promessa devono necessariamente venire a contrasto con la realtà sperimentabile del presente. Esse non sono frutto di esperienze, ma costituiscono la premessa per nuove esperienze Esse non vogliono illuminare la realtà che è presente, ma la realtà che verrà ... Esse non vogliono reggere lo strascico alla realtà, ma la fiaccola che la precede » (11-12). Il nuovo programma era quindi questo: praticare il cristianesimo come un cambiamento del mondo secondo i criteri della speranza. La fiaccola che veniva fatta precedere agli eventi si infiammò presto e divenne teologia politica, teologia della rivoluzione, teologia della liberazione, teologia nera (cfr. Greshake-Lohfink, 30-34). Dopo le astrazioni di Bultmann, la teologia si era fatta realistica in una misura che da tempo non era più stata ritenuta possibile, una teoria della prassi con ripercussioni mondiali. Ora, non è certo possibile valutare la tesi multiforme e teologicamente ricca di Moltmann soltanto in base a simili ripercussioni e liquidarla in blocco; d’altronde neppure nelle varie teologie della liberazione e della rivoluzione mancano singole pepite d’oro. Anche se tutto questo non venga confutato e in questo contesto non sia possibile un’accurata selezione tra pula e grano, rimangono tuttavia due fondamentali obiezioni, che riguardano proprio il nostro problema. Interpretando il cristianesimo come una strategia della speranza, sorge la domanda: di quale speranza II regno di Dio non è un’entità politica e non offre quindi criteri politici da cui derivare direttamente una prassi politica. e una critica delle realizzazioni politiche. L’edificare il regno di Dio non è un processo politico e quando ciò nonostante lo si intenda come tale, si falsa ambedue, la politica come la teologia. Sorgono allora falsi messianismi, i quali, secondo la loro natura e l’istanza intrinseca del messianismo, che qui è intesa in senso sbagliato, si trasformano inevitabilmente in totalitarismi. Una prima obiezione deve quindi essere questa, che trasformando l’escatologia in utopia politica si depotenzia contemporaneamente la speranza cristiana; conferendole apparentemente un aspetto realistico, la si priva insieme del suo contenuto specifico, per cui essa si muta in un surrogato illusorio. La seconda obiezione è che con ciò si falsa pure la politica, perché si abusa del mistero del regno di Dio per giustificare l'irrazionalità politica e lo si trasforma in questo modo in uno pseudo-mistero. Infatti, laddove ciò che è possibile solamente per un miracolo della grazia, ossia il cambiamento della natura umana e insieme del mondo intero, viene trasformato nel criterio base per ogni agire politico, dove dunque l’impossibile diviene il filo conduttore della realtà, la violenza, la distruzione della natura e insieme dell''humanum diventano intrinseca necessità (cfr. G. E. Kafka- U. Matz, Zur Kritik der Politischen Theologie, 1973, in particolare 18 ss).