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La riflessione teologica sul futuro dell’uomo ... La riflessione teologica sul futuro dell’uomo e del mondo ha subìto in questo ultimo trentennio notevoli e contrastanti sollecitazioni anche in campo cattolico. Da una parte la domanda si è fatta più pressante e circostanziata. L’interesse sull’al di là o sulle ultime realtà (escatologia, dal greco, significa appunto « discorso sulle ultime cose ») si è diffuso in modo pandemico. Non solo come moda indotta o amplificata dai mezzi di comunicazione di massa, ma, soprattutto, come esigenza interna di una cultura rivolta sempre più al futuro e bisognosa perciò, più di altre, di validi e rinnovativi motivi di speranza. Ma, d’altra parte, il teologo ha sperimentato sempre più acutamente l’insufficienza delle sue proposte e, più in profondità, l’inadeguatezza del suo impianto culturale. Ha costatato che l’annuncio di Cristo morto e risorto non offriva contenuti sufficienti per descrivere anche in modo solo approssimativo, l’esistenza definitiva dell’uomo. Ha dovuto ammettere che anche i modelli tradizionali di antropologia, così almeno come la neo-scolastica li aveva riformulati, non permettevano un discorso coerente sulla morte, la sopravvivenza, l’esistenza ultraterrena. Queste esperienze hanno sollecitato un rinnovamento frenetico e a volte anche tumultuoso di questo capitolo della teologia, rimasto fino a qualche decennio fa in una situazione di tranquilla e passiva immobilità. Ipotesi e suggestioni si sono susseguite con velocità sorprendente e, secondo alcuni, con esagerata improvvisazione. Ma le scadenze culturali erano urgenti e il ritardo doveva essere colmato senza indugi. Ora sembra iniziata una terza fase, di assestamento. Questa opera del Card. Ratzinger ne è uno dei primi segni. Suggestive ipotesi vengono ridimensionate, schemi abbandonati sono nuovamente ripresi, spiegazioni ormai recepite mostrano la loro insufficienza. Lo stesso Ratzinger, riassumendo il cammino percorso dall’inizio del suo insegnamento, confessa: « Avevo iniziato audacemente con quelle tesi che — allora poco note — si sono imposte oggi quasi ovunque anche nell’ambito cattolico, ossia avevo tentato di costruire una escatologia "deplatonizzata”. Ma quanto più mi occupavo dei vari quesiti, quanto più mi immergevo nelle fonti, tanto più le antitesi costruite mi si sbriciolavano tra le mani e tanto più mi si rivelava la logica interiore della tradizione ecclesiale » (p. 21). Ma ciò non significa che la stagione del rinnovamento sia terminata e tanto meno che essa sia passata invano. II senso di provvisorietà di molte spiegazioni, la modestia delle conclusioni di alcuni capitoli che pure hanno richiesto una lunga fatica di documentazione, sono spie rivelatrici di una conversione profonda, che lascia prevedere nuovi sviluppi. Un cammino è cominciato; la sosta che oggi si impone è certamente preludio di un ulteriore processo ancora vagamente delineato. La strada percorsa ha avuto come stimoli immediati la coscienza storica e la filosofia della soggettività. Per questo l’ambito della cultura tedesca è stato il più fecondo di rinnovamenti teologici, dato che esso è stato il più sensibile a questi due aspetti della rivoluzione culturale degli ultimi secoli. Il nuovo cammino verrà stimolato certamente dall’assunzione delle recenti scienze umane, in par- ticolare della sociologia e della psicologia. Questa ultima, in particolare, avrà molte offerte da porgere al teologo intento a decifrare gli spessori dei simboli con cui la tradizione gli ha trasmesso le formulazioni della fede e i significati delle esperienze salvifiche come sono stati recepiti dalle generazioni passate. Ma questa fase è ancora ai primi assaggi e non si poteva attendere oltre per fare il punto sulla ricca stagione vissuta dalla teologia nell’ultimo periodo.