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Bene, ragazzi. Mi presento. Sono Dante Alighieri. Mi conoscete tutti: il mio profilo un po’ aquilino col cappuccio (il lucco) sta sulle monete da due euro. Sono fiorentino autentico e lì ho vissuto tra il Duecento e il Trecento. E ho fatto, perdonate l’immodestia, grandi cose: ho fondato la lingua italiana, ho scritto la Divina Commedia, il poema più alto, forse, di tutti i tempi, poiché parla dell’oltretomba e di Dio e lo fa con grande sapienza e profonda passione, ho composto enciclopedie e trattati politici e poemi d’amore, anche. Sono stato un “altissimo poeta” come ancora oggi mi chiamano. Come dicevo, ho vissuto a Firenze e anche per Firenze: città che mi ha esiliato, che ho attaccato con ironia e sarcasmo, ma che ho anche profondamente amato. Città il cui nome “s’espande” per l’Inferno, per i tanti peccatori che la abitano, ma che contiene anche il “bel San Giovanni” (il Battistero in cui io stesso fui “fatto cristiano”). Città grande e superba e nobilissima, ma carica di lotte e di ingiustizie e di persecuzioni: come l’esilio che mi fu dato e mi portò a morire a Ravenna nel 1321.