Download Free Audio of Precursore del Sonar: la Campana sottomarina. ... - Woord

Read Aloud the Text Content

This audio was created by Woord's Text to Speech service by content creators from all around the world.


Text Content or SSML code:

Precursore del Sonar: la Campana sottomarina. L'utilità dei segnali acustici aerei e dei segnali visivi è molto limitata dall'incostanza dell'atmosfera quale mezzo di trasmissione in caso di nebbia, foschia, neve, pioggia intesa e forte burrasche. Agli inizi del 1900, per entrare in un porto o in una baia in queste condizione si fece uso di un sistema composta da una campana sottomarina. Questa apparecchiatura era composta da una parte trasmittente, costituita principalmente da una campana sottomarina per la produzione e trasmissione dei suoni sott’acqua, e di una ricevente dotata di microfono. La campana sottomarina era rigidamente fissata ad una camera cilindrica di metallo contenente il meccanismo per azionarla. Il batacchio era messo in movimento, sia mediante aria compressa, oppure con l’elettricità e se si applicava ad una boa, esso veniva fatto vibrare da un sistema a molle, mosso dalle onde del mare. Il tutto pesava circa 130 chili con un’altezza fino ad un metro e venticinque. La campana veniva sommersa alla profondità di circa 8 metri, ritenuta la più opportuna per la efficace trasmissione delle onde sonore. Le vibrazioni della campana sottomarina si percepivano a parecchi chilometri di distanza (circa 10 km) chiunque poggiasse l’orecchio contro le pareti interne della nave al disotto della linea di galleggiamento. La Difesa Aerea. Con l’avvento dei primi radar operativi nella seconda metà degli anni 1930, e il conseguente abbandono di Aerofoni e Sound Mirrors, ebbe un forte impulso la Difesa Aerea Territoriale, basata su efficaci sistemi di avvistamento e sull’artiglieria contraerea. Alcune originali opere civili (torri di difesa aerea) furono costruite in Germania ed in Austria, e chiamate Torri Flak, dal nome tedesco dell’artiglieria contraerea: Flugabwehrkanone. Le torri Flak furono costruite a Berlino (in tre località: Zoo, Humboldthain e Fredrichshain, tutte armate con pezzi da 105 mm Flak 38/39, alcuni dei quali furono poi sostituiti con i 128 mm), Amburgo (due torri, pezzi da 128 mm) e, sorprendentemente, Vienna (tre torri, pezzi da 105 e da 128 mm). Vienna era priva dell’elevato valore strategico delle prime due città ma fu considerata degna della massima protezione per il suo straordinario valore culturale. Pochi danni furono subiti durante la guerra dalle infrastrutture della Flak: i bombardamenti anglo-americani le ignorarono quasi completamente. Nella campagna degli Alleati contro il Terzo Reich, sul territorio tedesco fu sganciato ben più di un milione di tonnellate di bombe, con l’uccisione diretta di oltre trecentomila civili e la distruzione di circa tre milioni e mezzo di edifici industriali e per uso abitativo. Ma in questo Armageddon le unità della Flak, responsabili della perdita di oltre la metà degli aerei Alleati, furono sostanzialmente trascurate. Tuttavia la loro presenza costringeva i bombardieri a volare a quote maggiori, dove la precisione dei bombardamenti era ridotta rispetto a quelli a bassa quota. Le torri erano costruiti a coppie: Le G-Turm, torre armata e le L-Turm, torre per la direzione del tiro. Mentre le L-Turm non furono standardizzate, (in pratica furono solo parallelepipedi di cemento sul cui tetto erano posti i radar di direzione del tiro), le G-Turm furono realizzate in tre modelli differenti; erano formate da una torre centrale quadrata con quattro torri sempre quadrate agli angoli. Su queste ultime erano installati i cannoni contraerei principali. I lati della torre centrale erano di 75 m e l'altezza di 39; ne furono costruite 3 a Berlino e una ad Amburgo. Ogni torre era autonoma per quanto riguardava sia la produzione di energia sia l'approvvigionamento idrico; inoltre era protetta contro attacchi da gas ed era fornita di attrezzature sanitarie. Quasi tutte le torri furono colpite nel corso dei bombardamenti, tuttavia subirono solamente danni lievi, a causa dello spessore delle pareti, dai 2 metri a tre metri e mezzo, e dei tetti (tre metri e mezzo fino ai 5 metri) di cemento armato, per cui avrebbero potuto essere danneggiate solo da un centro ottenuto dalle bombe più potenti dell'aviazione britannica, le Tallboy o le Grand Slam. Oltre a proteggere la popolazione, la torre del Berliner Zoo a Berlino ospitò l'Altare di Pergamo, il tesoro di Priamo, la collezione di monete del Kaiser e il busto di Nefertiti per proteggerli dai bombardamenti. Dopo la fine della guerra, a Berlino, la torre del Berliner Zoo venne smantellata nel 1948 dalle truppe di occupazione inglesi, con grosse spese e molte decine di tonnellate di esplosivo, mentre quelle del Humboldthain e del Friedrichshain vennero smantellate solo parzialmente e sono tuttora visibili all'interno degli omonimi parchi pubblici, anche se parzialmente coperte da colline formate dall'accumulo delle macerie dei bombardamenti, in seguito rimboschite. La torre dell'Humboldthain è visitabile anche al suo interno in uno dei suoi 7 livelli. Le considerazioni relative ai costi ed alle difficoltà dell'operazione sconsigliarono l'abbattimento delle torri di Vienna, progetto proposto subito dopo la fine della guerra. In Gran Bretagna per difendersi dai bombardamenti aerei (atti a fiaccare il morale della popolazione, oltre che a distruggere il sistema produttivo), furono costruite nel 1941, numerose fortificazioni, anche in zone poco usuali. Le sette torri fortificate poste nell’estuario del Tamigi, furono gli elementi di una prima linea di resistenza contro gli attacchi dell’aviazione tedesca. La torre centrale era il ganglio vitale contenente i comandi, i centri di controllo del tiro e un’antenna radar; le torri intorno erano armate con i pezzi da 94 mm e cannoncini da 40 mm insieme alla batterie di riflettori. Tutte le torri erano collegate da passerelle pedonali correnti alla quota più bassa dei piani abitabili. PRIMO SISTEMA D’AVVICINAMENTO STRUMENTALE “SISTEMA LORENZ”. Prima della scoperta del radar, quello dell’avvicinamento e dell’atterraggio in condizioni di scarsa o assenza di visibilità è stato uno degli aspetti più critici del volo. Il primo vero sistema di radionavigazione fu realizzato dalla società tedesca Lorenz dove un team coordinato da Kramar e Johannsen nel 1933 realizzo il primo sistema d’avvicinamento strumentale, che fu installato nei vari aeroporti della Germania a partire dal 1937. Il sistema Lorenz comprendeva un radiofaro direzionale con tre antenne a dipolo verticale, funzionante sulla frequenza di 33,3 MHz (lunghezza d’onda di 9 m) in direzione opposta a quella d’atterraggio e due markers funzionanti a 38 MHz (lunghezza d’onda di 7,9 m) con diversa modulazione. L’emissione elettromagnetica era irradiata dall’antenna destra modulata con un susseguirsi di punti Morse, quello dall’antenna centrale ad emissione continua non modulata e quello dell’antenna di sinistra modulato in linee Morse. Il pilota che si avvicinava alla pista sintonizzava la sua radio sulla frequenza di trasmissione e ascoltava in cuffia l’informazione relativa alla sua posizione; se sentiva in cuffia, una serie di “punti” o di toni più lunghi (linee) seguiti da brevi pause dovevano girare a destra o a sinistra per allinearsi lungo la linea centrale, dove il suono era un segnale continuo, il cosiddetto “equisegnale”. Il pilota otteneva anche l’indicazione relativa alla planata regolandosi sull’intensità del segnale che percepiva in cuffia. Se il segnale si attenuava, l’aeroplano si era portato sopra o sotto alla traiettoria di planata ed il pilota doveva cabrare o picchiare alla ricerca dell’equisegnale più intenso. Questo sentiero elettro-magnetico era lungo fino a 50 km dalla pista di atterraggio. Successivamente, oltre alla indicazione acustica, nell’apparecchiatura di bordo vennero predisposti specifici ricevitori per la ricezione delle emissioni irradiate sia dai marker sia dal radiofaro. I due marker, uno posto a 3.000 m dall’inizio dell’ area di atterraggio, e l’altro a 300 m, provocavano sul cruscotto del pilota il lampeggiamento di una spia luminosa verde, quello posto a 3.000 m e rossa quello a 300 m. Un apparato per la ricezione dei segnali del radiofaro, elaborava la tensione elettrica di esso, che attivava un indicatore visivo posto sul cruscotto del pilota, della posizione dell’aereo rispetto alla direzione di avvicinamento. Lo strumento era composto da una barretta verticale: lo spostamento a destra o a sinistra indicava al pilota di dover accostare a sinistra e viceversa. La barretta centrale indicava che l’aereo procedeva correttamente sul tracciato d’avvicinamento (equisegnale).