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Una nuova importante stagione comincia a partire dal 1948 quando, trasferitosi a Milano, inizia a collaborare con il Corriere della Sera. Per questo giornale scrive reportage di viaggio, critiche letterarie e ovviamente vati tipi di articoli molto importanti. Contemporaneamente pubblica altre poesie e la sua opera è tanto amata che nel 1975 gli viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura. Muore il 12 settembre 1981 a Milano. Andiamo ora a conoscere le opere e le poesie di Eugenio Montale. Le poesie di Eugenio Montale Eugenio Montale è insieme un poeta e un critico, è molto attento cioè a guardare, giudicare e interpretare le opere di autori affermati o giovani emergenti per capire il loro valore ed esaltarlo. Questo significa anche che il nostro autore è molto sensibile a quello che accade nel mondo culturale a lui contemporaneo e recepisce tutto ciò che si avvicina alle sue idee poetiche e che trova utile riutilizzare. Vediamo ora, schematicamente, quali sono queste idee e cosa recepisce dalla cultura europea per inserirlo nelle sue poesie. La poesia e il linguaggio poetico sono ormai in decadenza, questo perché il linguaggio in generale non è più aulico e sublime come quello dei tempi passati e inoltre ci sono troppi poeti e troppi componimenti in circolazione. La poesia allora deve parlare proprio di questo: serve per dichiarare che la Poesia sta morendo. Per quanto riguarda il linguaggio, Eugenio Montalesviluppa quella che viene chiamata dagli studiosi “la poetica dell’oggetto”. Questo è un sistema di scrivere che il nostro poeta riprende dal poeta e scrittore inglese Thomas S. Eliot che aveva teorizzato la poetica del “correlativo oggettivo”. In cosa consiste tutto questo? Si tratta di avvicinare oggetti e figure che fra loro hanno delle analogie e che, letti uno accanto all’altro suscitano direttamente un’emozione senza bisogno di aggiungere altro. Usare uno stratagemma del genere fa in modo che il linguaggio poetico risulti molto diretto e schietto eppure tanto carico di significati. Una bella trovata insomma! Rassegnazione e negatività caratterizzano la poesia di Eugenio Montale: la vita appare priva di un senso profondo, c’è una grande disillusione verso la realtà. È distante dagli eccessi delle Avanguardie che in quel periodo sperimentavano una nuova poesia, a volte con immagini e linguaggi anche aggressivi ed esuberanti. Montale è molto più pacato ma non c’è meno forza nei suoi versi. Chiariti i termini di base della poetica di Eugenio Montale vediamo da vicino le sue raccolte di poesie osservandole in ordine cronologico. Ossi di seppia La raccolta di Montale dal titolo Ossi di seppia, come abbiamo visto, compare nel 1925, comprende ventitré poesie suddivise in cinque sezioni tematiche, e già ci mostra un poeta maturo e pienamente consapevole delle sue idee. La visione della vita che traspare in questa raccolta ci fa subito capire che Montale vede l’esistenza come qualcosa senza un senso e comunque caratterizzata da una serie di eventi decisamente negativi e dolorosi. Troviamo soprattutto rappresentato il paesaggio ligure, sia marino che montuoso. Il linguaggio si presenta subito diretto e preciso: parlando del mondo vegetale e animale l’autore usa anche dei termini tecnici. Il paesaggio è molto importante perché appare secco, abbandonato, battuto dal vento e il poeta fa spesso riferimento anche alle ore del primo pomeriggio in estate quando tutto è fermo, assolato e quasi morto. In questo senso spesso gli studiosi hanno visto Ossi di seppia come una raccolta vicina all’Alcyone di D'Annunzio, qui però vengono ribaltati i significati perché il paesaggio naturale non è pieno di vita ma appunto carico di presagi di morte. Uno dei componimenti più rappresentativi di Montale in Ossi di seppia è Non chiederci la parola: qui il poeta dichiara che la poesia e i poeti non sono più capaci di dire all’uomo in che modo si possa vivere, loro non hanno una soluzione al male di vivere. Troviamo poi molto interessante anche Meriggiare pallido e assorto. Ecco il testo: Il verso è libero: sono alternati endecasillabi, decasillabi e novenari. Il poeta si trova ad osservare il primo pomeriggio estivo e tutto appare fermo, morto. Osserva file di formiche, ascolta il suono delle cicale che si mischia con il rumore delle onde in lontananza e vive questi elementi con profonda inquietudine perché sembrano tutti elementi fermi, abbagliati dal sole a picco, e in fin dei conti privi di senso. Significativa è l’immagine di un muro che ha sopra dei cocci rotti di bottiglia: la vita stessa è come quel muretto, camminiamo in mezzo a dei vetri rotti e non possiamo che ferirci.