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L’Orsa Minore è certamente una tra le più conosciute costellazioni del firmamento. La sua fama è dovuta al fatto che la sua stella principale è la famosissima Polaris (α Ursae Minoris) che, da quasi due millenni, è definita quale “stella guida” per antonomasia. Reperirla nel cielo non è difficile; una volta individuato l'asterismo del grande carro, basta prolungare il segmento che unisce le prime due stelle del carro di circa cinque volte in direzione della più luminosa di queste due. L'astro così individuato, piuttosto solitario, è proprio Polaris. Al contrario del “brillante astro” quale è erroneamente ritenuta essere da chi non ha conoscenze afferrate in Astronomia, Polaris è una comune stella di seconda grandezza; per l’esattezza, la quarantanovesima in ordine di luminosità di tutta la volta celeste considerando la sua luminosità media pari a 1,98 magnitudini. La sua posizione non coincide esattamente con quella del Polo Nord Celeste, ovvero la proiezione sulla volta stellata dell’immaginario prolungamento dell’asse di rotazione della Terra, ma ne dista circa un grado. In realtà, Polaris riveste solo attualmente questo importante privilegio; infatti, a causa del Movimento di Precessione dell’asse di rotazione del nostro pianeta, diverse stelle più o meno luminose si avvicendano ciclicamente a divenire la “stella polare” di una certa epoca. La precessione dell’asse terrestre è un movimento conico che si compie perpendicolarmente al piano dell’eclittica durante un periodo detto “anno platonico”, lungo poco meno di 25.800 anni. La conseguenza di tale effetto è che il polo nord celeste trasla lungo un cerchio cosiddetto “di Precessione”, dal raggio di circa 23°, incontrando ora l’una, ora l’altra stella. Polaris “occupa” tale ruolo da circa 1.500 anni ed è una tra le più luminose “stelle polari” che si sono avvicendate nei millenni. La sua minima distanza dal polo, pari a soli 28 primi d’arco, verrà raggiunta nel 2102. Da allora, essa si allontanerà sempre più dal suo ruolo privilegiato, che verrà ripreso solamente 7000 anni dopo dalla luminosa stella Alderamin (α Cefèi). Tra le stelle più o meno note che si sono avvicinate maggiormente al Polo Nord Celeste quale polare di una certa epoca, figura la vicina Kokab (β Ursae Minoris). Il vero primato in quanto a “vicinanza” al Polo Nord Celeste spetta però alla stella di terza grandezza Thuban (α Draconis), quando nel 2830 a.C. distava da esso poco meno di 10 primi. Polaris è anche la stella più luminosa della propria costellazione, l’Orsa Minore. Essa era conosciuta in antichità come Kynosura, nome con i quali i greci la identificavano quale “coda del cane”. Successivamente, presso gli antichi arabi essa fu chiamata Al-Kiblah ovvero “la stella vicina” al polo) ma anche “Al-Jadi” (“il capretto”), a seconda della rappresentazione di questa o quella tribù nel periodo pre-islamico. Essa è solo pochi decimi di magnitudine più luminosa dell’altra importante stella dell’Orsa Minore, Kochab. L’esigua differenza ad occhio nudo non è facilmente rilevabile ma certamente Polaris gode di caratteristiche fisiche indubbiamente più rilevanti. Distante 448 anni-luce dal Sistema Solare, Polaris è sede di un sistema triplo, ben noto ai dilettanti in Astronomia in quanto le due componenti principali si rendono risolvibili anche con telescopi di modesto diametro. La duplicità di Polaris venne scoperta nel 1780 da William Herschel. Da allora, gli studi compiuti sui moti relativi delle due componenti, che da allora venne definite come Polaris A e Polaris B, hanno evidenziato il legame fisico tra le stesse. Polaris A è una supergigante gialla dall’altissima luminosità assoluta, stimata oltre 1.200 volte quella del Sole. Ciò deriva dal fatto che la sua massa è stimata in 5,4 volte quella solare mentre il raggio supera di 38 volte quello della nostra stella. Già nel corso del diciannovesimo secolo, alcuni attenti astronomi avevano notato che la luminosità di Polaris non era costante ma variava nel tempo, secondo un ciclo lungo circa 4 giorni. In particolare, nel 1898, l’astronomo americano William Campbell, esperto in spettroscopia, rilevò che la velocità radiale di Polaris variava secondo un ciclo molto simile a quello delle variazioni ottiche. Ogni 3,968 giorni, infatti, la stella sembrava dapprima allontanarsi per poi riavvicinarsi nuovamente al Sistema Solare. Nel 1911, l’astronomo danese Ejnar Hertzsprung, a seguito di ricerche condotte fotograficamente e allo spettroscopio, confermò che la variazione della luminosità apparente di Polaris era seguita, di pari passo, da quella spettrale. Questo comportamento era caratteristico di quello delle più note stelle variabili di tipo pulsante: le cefèidi, già note da qualche tempo e nella cui classe Polaris venne inclusa. L’analisi della vasta mole di dati da allora ottenuta ha messo in evidenza la variazione sia del periodo che della stessa luminosità della stella Il periodo, attualmente stimato in 3,97 giorni, è andato più o meno costantemente aumentando a partire dall’epoca in cui fu per la prima volta determinato, aumentando di 4,46 secondi all’anno fino al 1963. Tra il 1963 e il 1966 venne notato un decremento considerevole nel periodo, perdurato per circa 3 anni. Dopo il 1966, questo è tornato nuovamente a crescere, pur ad un ritmo leggermente inferiore di come avveniva in precedenza. Alcuni autori proposero che il decremento nel periodo osservato tra il 1963 e il 1966 potesse essere unicamente spiegato se Polaris avesse acquisito l’equivalente di sette masse gioviane. In altre parole, come se la stella, dalle dimensioni già notevoli, avesse in qualche modo inghiottito uno o più pianeti attorno ad essa orbitanti. Un’altra caratteristica esotica di questa insolita stella è la piccolissima e decrescente ampiezza della sua variazione luminosa. Nel 1899 l'astronomo Campell misurò un decremento di circa 0,12 magnitudini, da picco a picco, nel ciclo di quasi quattro giorni. Nel corso del ventesimo secolo, l’ampiezza di quella piccola oscillazione continuò a diminuire ancora, raggiungendo il minimo nel 1988 con un’escursione di appena 0,025 magnitudini. Gli astronomi ne dedussero la futura prossima estinzione del ciclo, prevista per il 1994 o il 1995, ma possiamo dire che Polaris si prese gioco di chi voleva svelarne i segreti. Infatti, non solo la variazione di luminosità non cessò, ma negli ultimi anni ha cominciato ad aumentare, in modo lento ma costante. Il comportamento di Polaris non è simile a quello di nessun’altra delle variabili cefèidi conosciute, tranne la stella HDE 344787, una supergigante situata nella periferia dell’ammasso stellare di tipo aperto NGC 6823, la quale ha molte analogie con Polaris. Oggi, la luminosità di α Ursae Minoris oscilla tra le magnitudini 1,86 e 2,13 in un periodo lungo 3 giorni e 23 ore e, di pari passo con le variazioni luminose, il suo tipo spettrale varia tra le classi F9 ed F7. Al massimo della sua espansione durante il ciclo di pulsazioni, che avviene allorché la stella manifesta la massima luminosità apparente, il raggio di Polaris A arriva a circa 100 milioni di chilometri, valore simile al raggio orbitale del pianeta Venere. La seconda componente del sistema di Polaris splende di magnitudine 8,8 ed è chiamata Polaris B. Questa è separata dalla sorella maggiore da 18,4 secondi d’arco, che alla distanza cui giace il sistema, pari a 448 anni luce, corrisponde ad una reale separazione di circa 2.400 Unità Astronomiche. A differenza di questa, che ha già intrapreso un cammino evolutivo essendo nel frattempo divenuta una supergigante, Polaris B è una stella di sequenza principale, per la precisione di tipo spettrale F3. Osservata al telescopio, essa si rende facilmente visibile anche a basso ingrandimento. Possedendo una temperatura di poco superiore a quella del Sole e della stessa Polaris A, sembra a volte risplendere di una delicata colorazione verdognola anche se in realtà essa è biancastra. La sua orbita attorno alla componente maggiore è lunga oltre 7000 anni. Tuttavia, dall’epoca della sua scoperta, avvenuta per opera di William Herschel nel 1779, essa è rimasta praticamente immobile, pur seguendo la sorella maggiore nel suo moto spaziale. Nel 1929 venne rilevata spettroscopicamente la natura binaria di Polaris A con la scoperta di una terza componente invisibile ai telescopi. Polaris A B, come è stata chiamata, è una stella di piccola massa e dal periodo orbitale attorno a Polaris-A lungo una trentina d’anni, la cui presenza era stata teorizzata da oscillazioni rilevate nel moto spaziale della componente maggiore. Nel 2006, il telescopio spaziale Hubble riuscì, per la prima volta, a riprendere tutte e tre le componenti del sistema ternario di Polaris la cui componente principale continua a mantenere segreti.