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concluderò il mio discorso in maniera del tutto inusuale. Con la storia di una Mela che voleva diventare la Mela delle fiabe, la Mela della scienza, la Mela della tecnologia, la Grande Mela di New York. Ma era la Mela di un Melo scoraggiante. Lei sognava di diventare tante cose bellissime e lui le rispondeva «No, sarai solo uno sciroppo di mele, una fetta di strudel. Da grande non sarai nient’altro che un torsolo gettato via». Un Melo per cui una mela vale l’altra. Dentro a tante cassette che prima dell’alba Nicoletta, per meno di 600 euro al mese, sistemava nei supermercati. Sapete come finisce questa storia? L’albero proteggerà la sua Mela cocciuta, ostinata, noi diremmo idealista, e quando sarà il tempo del raccolto, l’albero con le sue foglie la nasconderà. Il Melo, non conosce «Apple», «Isaac Newton», nemmeno i fratelli Grimm e il cronista John J. Fitz Gerald. Sono passati quasi quattro secoli da quando il celebre frutto secondo Voltaire si staccò dal suo albero e cadendo in testa a Isaac ispirò la Legge della Gravità. La mela di Newton andò poi anche nello spazio nell’ultimo viaggio dello Space Shuttle, e l’astronauta della missione disse: «Newton sarebbe stato contento di constatare che lassù la mela non sarebbe mai caduta». Alla Mela che racconta ogni giorno i suoi desideri, «Io da grande diventerò…», non è passata mai la voglia di sperare, cosicché anche il Melo inizia a sognare in grande. Spera che un giorno la sua Mela diventi un albero. Che incoraggi tante altre a non rinunciare ai propri progetti. La Mela di quella fiaba, che Nicoletta inventò per la sua bambina, ha fatto un Melo nuovo.