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Che giornate.. Di pioggia forte, incessante, pioggia benedetta ma che fa paura. Giornate di pandemia, giornate che sembrano una vigilia. Vigilia ( speriamo) di un ritorno ad una vita normale, vigilia ( dicono) di un mondo fatto di gente migliore, che ha capito la lezione, che è pronta a rispettare di più se stessa e la natura che ci ospita. In questi periodi le qualità che più vorremmo trovare in noi stessi sono la tenacia, la caparbietà e la resilienza per contrastare avversità che sembrano, oggettivamente, più grandi noi. Chi vive in paesi di montagna è ( o lo era almeno fino a poche generazioni fa) abituato da sempre a fare di necessità virtù. Tracce di questa capacità in parte innata, ed in parte appresa a forza dalla natura “scomoda” delle nostre valli, si possono ancora intavedere nei chilometri di muri a secco costruiti per ricavare campi e orti da pendii scoscesi. Percorrendo la miriade di sentieri di cui è ricca la Val Brembilla ci si imbatte in opere semplici, funzionali ma allo stesso tempo ardite. Canali di scolo dell’acqua piovana, bacini, opere idrauliche, terreni poverissimi che sono stati lavorati, resi fertili e che, in passato, ospitavano anche frutteti rigogliosi che davano da mangiare a diverse famiglie. Opere e interventi che avevano innanzitutto la concretezza e la semplicità tipica degli ambienti di montagna ma, che in un certo modo, portavano in sé anche una bellezza, un’armonia ed un’eleganza, all’interno del proprio contesto, che ancor oggi ci lasciano ammirati. Camminando da Camorone verso S. Gaetano si trovano esempi ancora ben conservati della caparbietà e dei piccoli sogni di bellezza semplice dei nostri nonni. Qualcuno ancora ci crede a quei sogni e prova a tramandarli con manutenzioni regolari, fienagione e pulizia dei prati,qualcuno ha ancora degli animali a cui si dedica con passione, altri tentano di strappare al tempo case e stalle quasi abbandonate ma di una commovente bellezza decadente. Altri invece, con tutte le domande e le carte vidimate da solerti e puntigliosi addetti comunali e commissioni comunali paesaggistiche ( non di Brembilla così sgombriamo subito il campo dalle beghe di campanile) , stanno dal 2015 trasformando il territorio tramite opere e imprese titaniche dai titoli oggettivamente fantasiosi ma geniali. Queste zone della nostra valle hanno avuto sempre confini amministrativi e religiosi mobili. Parrocchia di Sedrina, prati e case in comune di Brembilla altri in comune di Zogno anche se, di fatto, l’unica strada d’accesso a questi bellissimi posti è quella che viene da Camorone. Insomma un gra casino. Nel 2015 dei privati ( non residenti) hanno chiesto ed ottenuto dal comune di Zogno di poter avviare opere “di sistemazione agronomica” in un vecchio bosco di Carpino. Seguendo quasi giornalmente i lavori di questa, per me, curiosa impresa ho atteso con ansia l’arrivo dei mezzi per la piantumazione di specie arboree antiche, alberi da frutto, vitis vinifera, gli antichi gelsi di cui Camorone era piena. Invece niente per tre anni, fino al 2018, si sono tristemente susseguiti solo camion e camion che hanno riempito un avvallamento a bosco con diverse migliaia di metri cubi di terra e macerie. Tutto regolare per l’amor di Dio, il cartello con il permesso parlava chiaro, con tanto di firme e timbri. Però potevano spiegarlo meglio caspita… Sistemazione agronomica, io mi aspettavo chissachè, ed invece era solo un bel deposito di materiale di risulta. Ma non disperiamoci, la gente ci ha lavorato, e forse, come comunità, ci abbiamo pure risparmiato in oneri di smaltimento macerie. Ma non è ancora del tutto perduta la caparbietà della gente di montagna. Finita male l’avventura della sistemazione agronomica qualcuno deve aver pensato bene che se l’adagio delle scarpe grosse e cervello fino ha ancora un suo qualche fondamento, bisognava pur inventarsi dell’altro lavoro, dell’altra economia utile a tutti. Bene nel 2019 hanno avuto inizio, nella commozione generale di tutti, delle opere( così riporta il cartello di inizio lavori) dal titolo perentorio : movimenti di terra strattamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola. Da quelle parti tutti ne parlano, si danno di gomito, si chiedono se allora ripartirà l’attività della stalla ormai chiusa, che ha da anni ormai la “mezza del rut” tristemente vuota ( pensa la selezione delle vacche a che punto è arrivata, non fanno nemmeno più la cacca). Arriva la ruspa finalmente, ma scava rendendo più profondo un avvallamento già esistente. I locali giù a fantasticare, scavano per ricavare una sala di affinamento e stagionatura dei formaggi, <<macchè>> dice un altro, <<fanno su una Spa interrata>>. Poi però cominciano le ormai note e immancabili frane a Brembilla e dintorni e, contemporaneamente alle frane, arrivano ancora dei camion e riempiono quel buco per la spa e la sala di affinamento e stagionatura con della terra. E la Spa? E la sala di Stagionatura? Poi però la ruspa prende a scavare anche dall’altro lato della strada, di fronte alla stalla. <<Ecco!>> fa uno all’amico. <<La rifanno su di là la Spa interrata>> . Dall’altra parte della stra c’è un bellissimo pratone con tre di livelli di muri a secco per tenere su il pendio. E’ grande, assolato, ci si poteva probabilmente sfamare qualche famiglia un tempo. Adesso ci vengono fiori, c’è un bel noce ed un vecchio melo. Ma quando ci passi lo guardi sempre, perché sembra una macchina del tempo. Ha una bellezza tutta sua, capisci che tu infondi arrivi da lì, da quelli che hanno avuto il sogno di strappare prato e orto al bosco per sfamare moglie e figli e per lasciare loro un segno di quel che hanno fatto. Quello che hanno fatto nel loro piccolo mondo scosceso. La scorsa settimana, ahimè, sono ricominciate terribili le frane. Per noi sono una vera maledizione. Con le frane hanno ricominciato ad arrivare i camion e la ruspa. Dei muri a secco non è rimasto quasi più niente. Non li hanno nemmeno demoliti, li hanno semplicemente coperti di fango e di terra. Una piccola Pompei, ma senza morti apparenti fortunatamente. Non servono proprio più a niente questi segni, tracce della nostra storia e del nostro passato. L’hanno fatto con sfacciataggine, superficialità ed una sciatteria cocciuta, ancora una volta, supportata da permessi e carte bollate. Quindi, anche stavolta, tutto regolare nessuno ha diritto di pensar male. Non facciamoci ingannare però, la colpa non è delle frane o del maltempo. Qui la terra la stanno portando da 5 anni, col bel tempo, con la pioggia e con la neve. Questo posto isolato è una risorsa per tutti credetemi. Abbiamo sacrificato quattro sassi, un noce ed un melo è vero, ma lì abbiamo fatto economia, abbiamo risparmiato soldi, tempo e abbiamo dato lavoro. E la bellezza però? E la caparbietà dei montanari? E l’eredità che dobbiamo prendere dai nostri nonni e tramandarla ai nostri figli? E i paesi come presepi? E la salvaguardia del territorio? La riscoperta delle tradizioni? Il patrimonio immateriale della cultura contadina? Come succede al mondo contadino imitato negli agriturismi con il basto e i rastrelli appesi al muro la riscoperta, la celebrazione segnalano soltanto che quel mondo è finito. Anzi è proprio meglio sotterrarlo sotto centinaia di metri cubi di terra non vagliata e non pensarci più. Che rabbia a pensare ai convegni, le serate, gli eventi per celebrare l’urgenza di riscoprire il mondo contadino da cui proveniamo. La sua bellezza e la sua dignità vengono citati e cantati come si ricordano i meriti in vita del nonno mentre lo si guarda morto nella bara. In questi giorni di frane piccole e grandi l’andirivieni di camion pieni di terra non è sfuggito a nessuno. Tutti forse abbiamo visto “sottole corne” una discreta collinetta di fango e terra, qualcuno in meno invece ha notato i camion che svoltavano per Camorone e tornavano vuoti. Bene l’intera collinetta di terra che stava sotto le corne è stata portata a Brusaporto in una cava con discarica autorizzata. Invece quelli che svoltavano prima finivano per scaricare nella sistemazione agronomica e nel terreno dell’azienda agricola che ha le mucche che non fanno più la cacca da 3 anni almeno. Fare finta di nulla, bersi la barzelletta della sistemazione agronomica e dell’altro fantasioso cartello, non fa onore a nessuno. Non ci saranno illeciti, tutti avranno fatto il proprio lavoro e avranno vigilato al meglio ma, io credo, delle scarpe grosse e cervello fino a noi moderni, ahimè, son rimaste solo le scarpe grosse.