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Nel 1557 la Contessa Maria de Cardona concepì l’idea di far sorgere accanto alla chiesa un monastero, avendo messo a disposizione l’ area sulla quale far erigere il monastero. Del monastero originario restano le piante settecentesche disegnate dal padre F.M. Orsi. E' difficile poter stabilire quali furono le cause che portarono il monastero di S.Giovanni,dopo circa 25 anni di intensa attività, a vivere un graduale ma costante periodo di degrado,dalla fine del secolo XVI fino agli inizi del XVII. A differenza della chiesa che , pur dopo innumerevoli riparazioni e ristrutturazioni, ha conservato l'impianto secentesco , voluto da Camillo Caracciolo; nel monastero ,così come appare oggi , non è più riconoscibile quello originario , di cui si può avere una idea osservando le piante settecentesche disegnate da padre Orsi. In effetti, con la soppressione degli Ordini Religiosi agli inizi dell’800 , il monastero di S. Giovanni venne abbandonato dai verginiani. Inizialmente i locali vennero utilizzati dal Comune per insediarvi la direzione delle contribuzioni dirette . Intanto l'abbattimento dell' “Ospedale Fatebenefratelli “, al posto del quale venne costruito il Teatro ( odierno palazzo Sarchiola), rese necessario trovare una nuova sistemazione per i servizi sanitari e assistenziali. Il Comune ritenne opportuno affidare una parte del vecchio monastero al Ramo della Guerra perchè vi sistemasse l'Ospedale Reggimentale, mentre un'altra parte venne destinata ad Ospizio Civile. Questa nuova condizione venne ratificata con Sovrano Rescritto il 3 Luglio 1819 . In realtà, come meglio vedremo in seguito, il Comune non aveva alcun diritto sulla gestione di questi locali. Intanto gli amministratori dell'ospedale, i quali avevano provveduto a tutta una serie di ristrutturazioni per rendere i locali idonei alla nuova funzione, nel 1825 chiedevano la Concessione Sovrana per poter destinare definitivamente il complesso al servizio sanitario. La richiesta comunque si “imbrigliò” nelle maglie della burocrazia, in quanto si scoprì che non era chiaro a chi appartenessero i locali del soppresso monastero. In realtà dopo l'occupazione francese e la successiva restaurazione Borbonica, sulla base del concordato con la Santa Sede, molti beni sottratti alla chiesa ritornarono ai loro legittimi proprietari. La “Commissione esecutrice del Concordato” intendeva reintegrare i verginiani nel possesso del vecchio monastero di S.Giovanni ,ma costoro , forse prevedendo l'inevitabile scontro con gli amministratori dell'Ospedale, rifiutarono. Dietro il rifiuto dei verginiani, la commissione ,il 20 ottobre del 1838, assegnò il monastero ai padri Camaldolesi del SS.Salvatore di Napoli . Costoro con grande determinazione chiesero lo sgombero dei locali, la loro ristrutturazione e anche il fitto retroattivo, perchè i locali risultarono indebitamente occupati. Le richieste dei monaci, naturalmente, furono rivolte a tutti quegli Istituti che ,direttamente o indirettamente, erano coinvolti nella vicenda. Ebbe così inizio una lunga vertenza giudiziaria che si concluse solo dopo circa otto anni e dalla quale uscirono vittoriosi i camaldolesi, che ottennero lo sgombero dell’ospedale e il richiesto risarcimento. Dopo la vittoria giudiziaria, i Camaldolesi detennero il monastero per solo un decennio, in quanto ,dietro sollecitazioni del vescovo Gallo, fu poi venduto per 1400 ducati al Capitolo Avellinese. Il vescovo ,il 9 maggio del 1858, lo cedeva alle suore Stimmatine per l'erezione dell'Asilo delle Orfane .