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la plausibile incubazione del COVID-19 è fra i 2 e i14 giorni; un recente studio pubblicato su Annals of Internal Medicine suggerisce che nel 97% dei casi i sintomi compaiano entro 11.5 giorni dal contagio. La presentazione clinica risulta quanto mai eterogenea., dall’infezione asintomatica/lieve all’ARDS sino allo shock settico. Circa l’80% dei pazienti mostra un quadro clinico lieve, il 15% sviluppa una forma grave ( dispnea tachipnea rapporto P/F < 300) mentre il restante 5% si presenta critico con insufficienza respiratoria grave, shock, MOF. Il Coronavirus non colpisce solo il polmone ma il suo ingresso in un organismo va ad interessare differenti organi e apparati ed un ruolo chiave gioca la risposta infiammatoria dell’organismo. Quella che presentiamo è una classificazione in 5 fenotipi; è conosciuta come “Classificazione di Lodi” perché creata dai colleghi che sin dal 21 febbraio hanno lavorato in prima linea. Ad ogni fenotipo corrispondono differenti procedure di supporto vitale e terapie. I pazienti con sintomatologia lieve non richiedono inizialmente ricovero ospedaliero tuttavia anche i quadri lievi possono presentare un peggioramento clinico nella seconda settimana di malattia per un coinvolgimento del tratto respiratorio inferiore, ma non solo. I fattori più importanti per la progressione verso una forma grave sono l’età , la presenza di significative comorbidità, l’immunosoppressione e la gravidanza. Le terapie essenziali sono le cosiddette terapie di supporto utilizzate per mantenere in vita il paziente in attesa che altri farmaci siano efficaci o che la malattia guarisca spontaneamente. Di questi fanno parte: • l'ossigenoterapia a bassi o alti dosaggi • la ventilazione a pressione positiva non invasiva (NIV) • la ventilazione meccanica mediante intubazione • in casi estremi può essere attuata la extra corporeal membrane oxygenation (ECMO) che consiste nel sostituire l’azione polmonare di ossigenazione utilizzando una procedura di circolazione extracorporea aumentando, così, l’ossigenazione del sangue. Attualmente non esiste nessuna terapia farmacologica che si sia dimostrata sicuramente efficace nella cura dell’infezione da SARS-CoV-2. Dato che si tratta di un’infezione virale e che la fase avanzata di COVID-19 è legata anche alla risposta infiammatoria dell’organismo, le classi di farmaci attualmente utilizzate sono differenti. Diversi inibitori delle proteasi (e.g. darunavir, atazanavir) attualmente utilizzati per la terapia dell’HIV, potrebbero inibire la replicazione virale dei coronavirus inattivando le proteasi, che sono fondamentali per la replicazione. Infatti, fra i principali farmaci utilizzati nell’ambito del piano nazionale di gestione dell’emergenza COVID-19, troviamo il Lopinavir / Ritonavir (Kaletra), che viene utilizzato principalmente nei pazienti COVID-19 con minore gravità e nelle fasi iniziali della malattia, gestiti sia a domicilio sia in ospedale. Precedenti esperienze nell’infezione da SARS-CoV-1 e MERS, suggeriscono che tale farmaco possa migliorare alcuni parametri clinici dei pazienti. Anche Remdesivir, appartenente alla classe degli analoghi nucleotidici, utilizzato in precedenza nell’epidemia da virus Ebola in Africa, è utilizzato in pazienti con malattia moderata e severa. Clorochina e Idrossiclorochina (Plaquenil) sono farmaci ad azione antivirale ed entrambi hanno anche un’attività immunomodulante che potrebbe sinergicamente potenziare l’effetto antivirale in vivo. Inibitori dell’infiammazione Numerose evidenze sperimentali e cliniche hanno dimostrato che una parte importante del danno provocato dal virus è legato ad un’alterata risposta infiammatoria e in alcuni pazienti a un abnorme rilascio di citochine pro-infiammatorie come interleuchina-6, interferone-gamma, tumor necrosis factor alfa. Per questo, anche in base alla precedente esperienza dimostrata nei pazienti con SARS, vengono utilizzati nell’emergenza Covid-19 farmaci anti infiammatori (in particolare anticorpi monoclonali) che da alcuni anni vengono utilizzati in reumatologia al fine di inibire la risposta immunitaria: il Tocilizumab e l’Anakinra. In particolare il farmaco maggiormente utilizzato nell'ambito delle sperimentazioni cliniche per il trattamento della malattia è il Tocilizumab (anticorpo diretto contro il recettore dell’interleuchina-6). Tale farmaco è stato autorizzato dall’Aifa il 3 aprile in uno studio di fase III, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, per valutarne la sicurezza e l’efficacia. Nella seguente diapositiva si vede il ciclo del virus e i siti di attacco dei differenti farmaci