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Titolo Fuoco e Frittelle In un piccolo paesino chiamato Roccacalda, dove il massimo dell’adrenalina era la tombola del giovedì, vivevano due ragazzini famosi per le loro idee brillanti — letteralmente. Alessandro, con la faccia da angelo e l’anima da diavoletto, e Aurigo, che aveva una passione malsana per tutto ciò che poteva esplodere o fare scintille. Un pomeriggio d’estate, stufi dei soliti gavettoni e delle sfide a chi mangiava più gelati senza vomitare, decisero che era ora di passare al livello successivo il chiosco del Bar del Moro. Una struttura di legno, vecchia quanto il barista, che serviva granite con più zucchero che ghiaccio. «Basta una scintilla e puff» disse Alessandro, armeggiando con un accendino trovato nello zaino di suo zio, fumatore incallito. Aurigo rise «Sì, e poi ci facciamo le salsicce sul rogo» Ma non avevano fatto i conti con Gedeone, un vecchietto baffuto che abitava proprio sopra il bar. Seduto alla finestra con un binocolo che usava più per spiare i passanti che per guardare gli uccelli, vide tutto. «ALLARME PIROMANI» urlò Gedeone, infilando le ciabatte, afferrando il bastone e scendendo le scale più veloce di quanto avesse fatto negli ultimi ventanni. Con una mano chiamò i carabinieri, con l’altra indicava i due ragazzini in fuga come se fossero evasi da Alcatraz. «FERMATE QUELLI HANNO DATO FUOCO AL BAR E PURE ALLA MIA GIORNATA» Alessandro e Aurigo corsero tra le viuzze del paese ridendo come matti, finché, ansimando, presero la strada di casa. Proprio all’angolo della via, però, si trovarono faccia a faccia con Pippo, il barista. Un omone con le braccia grosse come prosciutti e uno sguardo da interrogatorio della CIA. «Voi due… siete nei guai fino al collo.» Li afferrò per il colletto come due cuccioli sgraziati e li trascinò per tutto il paese. Dietro di loro, Gedeone li seguiva a passo lento, commentando ogni due metri «E una volta qui cera rispetto, mica fuochi d’artificio» I genitori li aspettavano davanti ai cancelli, con le braccia incrociate e lo sguardo che prometteva un’estate senza televisione, senza gelati e — per il dolore di Aurigo — senza accendini. Mentre Pippo raccontava tutto con dovizia di dettagli e aggiungendo un drammatico le fiamme erano alte così, Alessandro sussurrò ad Aurigo «Beh, almeno ora siamo famosi.» Aurigo rispose con un ghigno «Più famosi dei fuochi d’artificio a Ferragosto.»