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Abbaiocco, il Pesce da Lenza Cera una volta un pesce chiamato Abbaiocco, un povero pesce da lenza che non sapeva nemmeno che fosse pesce. Per lui, ogni filo di nylon lanciato nell’acqua era una promessa di amore eterno, e ogni esca una verità assoluta. Un giorno, il pescatore – se così possiamo chiamarlo, visto che il suo mestiere era più quello di schivare la doccia che di lanciare esche con classe – si mise a pescare con la canna. Ma non una canna qualsiasi, no, no quella era una canna sgarrupata, tutta scassata, con la punta piegata, talmente rotta che nemmeno il mare si sarebbe fidato a prenderla in mano. E la lenza Beh, la lenza era talmente fragile che sarebbe bastato un colpo di vento per farla spezzare. Ma questo non fermava Abbaiocco. Quando vedeva quella lenza gettata nellacqua, sentiva subito quel brivido di forse è la volta buona, anche se la lenza non era nemmeno in grado di tenere un pesce morto. Ma lui abboccava lo stesso.Il pescatore, che non aveva nemmeno il cuore di usare esche vere, si accontentava di una fetta di pane raffermo, un gommino di capelli, e quel vecchio scontrino che aveva trovato in tasca. Bastava questo per Abbaiocco per sentirsi speciale, per pensare che “forse questa volta è diversa”. E ogni volta che la lenza cadeva nell’acqua, Abbaiocco veniva attirato dalla speranza di qualcosa che non c’era. Lui, il re delle prede facili, il pesce che si faceva ingannare da qualsiasi sciocchezza, era così entusiasta di quell’amo che anche quando l’esca era una moneta arrugginita, abboccava come se fosse la chiave del paradiso. Ma la verità era un’altra stava solo facendo il gioco del pescatore, che nemmeno si preoccupava di farlo soffrire. Era una danza infinita il Pescatore Secco lanciava la sua lenza sgarrupata, con esche improbabili come un fazzoletto usato o un foglio di carta, e Abbaiocco abboccava sempre, come un babbeo. Non era questione di cuore, non era questione di destino. Era solo un pesce che abboccava a tutto, senza farsi domande. Il punto è che Abbaiocco non si rendeva nemmeno conto che lesca era una fesseria. Ogni volta che pensava di essere speciale, che forse questa volta il pescatore lo voleva veramente, era già dentro la rete. La rete era una cosa così semplice da mettere, che nemmeno un pesce della sua categoria avrebbe dovuto finire dentro. Ma lui, incredibilmente, ci finiva ogni volta. E così, continuava a mordere quella lenza fragile, con la speranza che “forse stavolta è diverso”. Ogni volta che gli si chiudeva la bocca sull’amo, lui ci credeva ancora. “Questa è la mia occasione”, pensava. Ma niente, era sempre la stessa storia un pesce da lenza catturato con la cosa più semplice, banale, ridicola e ovvia che potesse esserci.