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Prefazione alla nuova edizione italiana Riproporre dopo cinquantacinque anni dalla sua pubblicazione originale, e in una nuova traduzione in lingua italiana l’opera di Francis Schaeffer, morte nella città, ci è sembrato quanto mai appropriato e perfino necessario per molte ragioni. Chi avrà la pazienza e la cura di leggere attentamente sia l’ottimo saggio introduttivo di Udo vu Miidelman sia il libro, potrà scoprire e comprendere per conto proprio tali ragioni. Sebbene le pubblicazioni evangeliche in questi ultimi anni si siano arricchite di una notevole quantità di ottime opere, scritte da autori contemporanei, a nostro parere ci sono libri che possono essere considerati dei classici e che continueranno a costituire una voce profetica per molti altri anni a venire. Morte nella città appartiene senza dubbio a questa categoria. Si tratta di un classico, perché in fondo, Schaeffer non fa altro che riportare alla nostra attenzione le verità immortali, pronunciate dal profeta Geremia e dall’apostolo Paolo molti secoli fa, avendo cura, però, di contestualizzarle e applicarle sia alla condizione dell’uomo postmoderno, sia a quella della chiesa evangelica che si accingeva a varcare la soglia del terzo millennio cristiano. Noi cristiani di fede evangelica del XXI secolo, faremo bene a prestare attenzione alla voce allarmata e allarmante dell’appassionato apologeta che diviene profeta, e anticipa scenari e condizioni che abbiamo vissuto in prima persona, e che ci sono divenuti ancora più chiari e familiari nel corso della recente crisi prodotta dal COVID-19, che il mondo e la chiesa hanno dovuto affrontare, e che, per molti versi, ci ha colti impreparati. A questo proposito, ricordando il clima e le immagini che arrivavano nelle nostre case in quei giorni del 2020-2021, mi è tornata alla mente una bella illustrazione che Schaeffer riporta nel primo capitolo, e che gli fu suggerita dalla considerazione delle opere dell’artista italiano Giorgio de Chirico: