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Albert e il Mistero dei Velox Magici C’era una volta un ragazzo di nome Albert. Albert era un giovane curioso e appassionato di tecnologia. Un giorno, mentre cercava uno stage per la sua scuola, ricevette una chiamata da un’azienda molto particolare: “VeloxTech”. Albert non sapeva cosa aspettarsi, ma quando arrivò all’ufficio di VeloxTech, rimase sbalordito. L’edificio sembrava una combinazione tra un laboratorio segreto e un ufficio governativo. Le pareti erano rivestite di schermi e cavi, e l’aria profumava di circuiti e caffè. Il suo supervisore, il signor Rossi, lo accolse con un sorriso. “Albert,” disse, “sei qui per uno stage di 5 mesi. La tua missione? Controllare gli autovelox e le videocamere di videosorveglianza che installiamo lungo le strade.” Albert era confuso. “Ma perché?” chiese. “Perché dobbiamo controllare gli autovelox?” Il signor Rossi si avvicinò a un computer e aprì un programma. “Guarda qui,” disse, mostrando una mappa della città. “Vedi queste strade? Sono le più trafficate. Gli autovelox e le telecamere di videosorveglianza aiutano a mantenere la sicurezza. Ma a volte, succedono cose strane.” Albert annuì. “Cose strane?” “Sì,” rispose il signor Rossi. “Gli autovelox sembrano avere una vita propria. A volte si spengono senza motivo, o registrano passaggi di macchine invisibili. Ecco dove entri in gioco tu.” Albert imparò rapidamente le sue responsabilità. Ogni mattina, controllava i computer degli autovelox. Se erano spenti, li riavviava inviando messaggi dal suo computer. Poi, controllava le registrazioni delle telecamere. Se vedeva una macchina passare col semaforo rosso, faceva un segno sul suo quaderno. I suoi colleghi erano altrettanto strani. Maria, gentile e sempre sorridente, gli insegnò a usare gli strumenti. Luca, severo ma competente, lo guidò nell’assemblaggio dei computer. E poi c’era Giovanni, il “dormiente”. Sembrava sempre distratto, ma quando c’era bisogno, si svegliava e risolveva ogni problema. I capi erano altrettanto diversi. Dottor Bianchi, gentile e disponibile, e Signor Nero, severo e riservato. Albert imparò a bilanciare le loro personalità e a lavorare in armonia. L’ufficio era al chiuso, con poche finestre. Le finestre erano piccole, ma Albert le amava. Guardava fuori e immaginava le strade piene di macchine e segreti. Si chiedeva se gli autovelox avessero davvero una vita propria. Un giorno, mentre assemblava un computer, notò qualcosa di strano. Un messaggio apparve sullo schermo: “Albert, grazie per averci aiutato. Gli autovelox ti salutano!” Albert sorrise. Forse gli autovelox non erano solo macchine. Forse avevano un’anima. E così, Albert trascorse i suoi 5 mesi da VeloxTech. Imparò che la tecnologia poteva essere magica, e che anche gli autovelox avevano bisogno di un amico come lui. E da allora, ogni volta che passava davanti a un autovelox, Albert gli faceva un piccolo cenno. Chissà, forse gli autovelox lo salutavano davvero. Spero che questa storia sia piaciuta ai bambini!