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“La capra dormiva in cucina, il maiale in basso, fuori dalla porta e costituiva la provvista di tutto l’anno. ,, Si andava in campagna, si portavano i fasci di legna sul capo, si portava l’acqua dalle fontane pubbliche, si faceva il fuoco per cuocere qualsiasi pietanza. ,, Non esisteva il gas, vi era poca corrente elettrica, ,, non avevamo scarpe, né coperte, i materassi erano fatti di ciò che c’era a disposizione. Era un altro mondo. Lui partiva alle tre di notte con l’asino ,, e portava a casa il latte che si vendeva in famiglia. Poi ripartiva, perché il terreno da pascolo non era il nostro, ma era ad uso civico e doveva controllare il bestiame.” “Si condivideva tutto e ora noi, invitiamo tutti i passanti ad entrare, a prendere una tazzina di caffè, un mirto, se sono affamati offro un pezzo di pane. Non ci importa, almeno stiamo in compagnia. ,, Con i turisti che vengono in visita parliamo delle nostre tradizioni e delle usanze che abbiamo, ad esempio: il primo di agosto ogni contadino portava un piatto di semola alle vicine di casa e ai parenti, e ognuno di loro preparava in casa “sos Ma’arrones lados”. L’ultimo giorno dell’anno si fa la “Candelarìa”: è un’altra tradizione per la quale si prepara “su cocone”, il pane tipico per le anime. Vengono in casa i bambini con una sacca bianca, e doniamo loro un quarto di pane, i biscotti, un frutto e per chi li possiede anche qualche soldino.” “Poi la sera, gruppi di giovani con fisarmoniche e chitarre, si recano a cantare presso le case di tutte le coppie che si sono sposate durante l’anno.” DONNA BANDANA: “I fichi secchi, il pane, un pezzo di formaggio e un pezzo di lardo. Questa era la candelarìa. Soldi non se ne davano.” UOMO : “Perché non ce n’erano…” DONNA BANDANA: “Non ce n’erano. ,, E non tutte le famiglie avevano il formaggio.” FIGLIA: “Mamma, spiega perché non ti mandavano a fare la candelarìa.” DONNA BANDANA: “Perché eravamo ricchi.” FIGLIA: “Ah ecco, eravate ricchi.” DONNA BANDANA: “Avevamo di che mangiare. Chi andava a fare la candelarìa aveva necessità perché non aveva da mangiare.” DONNA MAGLIONE: “La banconota da 100.000 Lire ce la davano i padrini o le zie strette. ‘E tutti questi soldi che stai portando? Chi te li ha dati?’. Non ricordavo chi mi dava la quantità maggiore di denaro, perché li cambiavo in soldi spiccioli! ,, E allora quando raggiungevo il milione di lire: ‘Eh! sono arrivata a un milione’.” “Dio lo voglia! Vi auguro di farne tante!” BAMBINO OCCHIALI: “Ci date la candelarìa?” DONNA: “Sì, entrate!” I bambini girano per le case. Le sacche bianche sono sempre più piene. BAMBINO: “Ci date la candelarìa?” DONNA: “Certo, entra!” DONNA: “Dai venite, entrate.” DONNA BIANCA: “Mi ricordo che sono andata a cantare quando si è sposato Black, si cantava fuori e non c’erano né baldoria, né inviti. ,, I bambini contavano il pane. Ho iniziato a disegnare sui muri perché sono stata alunna di Francesco del Casino alle scuole medie. All’inizio, non si pensava che potesse avere un’importanza tale per la comunità. Invece, oggi possiamo dire che grazie al muralismo riusciamo a comunicare senza necessità di apparire. Inoltre, essendo una comunità martoriata dalla piaga del banditismo, forse la gente ‘leggendoci’ capisce chi siamo. Per noi è molto importante. Non conta sapere chi ha fatto quel disegno o quella scritta, è importante comunicare. Oggi, dopo quarant’anni, in paese ci sono 350 murales. Abbiamo iniziato parlando di Orgòsolo, delle cose che sono capitate in paese o nel circondario. Poi abbiamo espresso il nostro pensiero anche su ciò che capitava all’estero o nel resto d’Italia. Comunque, i temi affrontati riguardavano sempre la libertà della persona: libertà di parola, della vita e del lavoro! Una cosa molto importante è che nei nostri murales Mentre all’inizio scrivevamo sui muri di qualsiasi cosa non ci andasse bene e poi venivano cancellati perché offensivi, in seguito abbiamo capito che usando metafore o brevi scritte ben fatte, dicendo quindi la stessa cosa, ma abbinandola a un disegno, non diventava più offensiva. Quindi rimaneva sui muri. Questa cosa mi è sempre piaciuta. A volte ci sono tematiche che non ci piacciono, oppure ci sono persone che li fanno di nascosto e poi li ritroviamo sui muri e magari non ci piacciono. Però, per rispetto, dato che vogliamo essere un paese libero in cui ciascuno è libero di esprimersi come desidera, anche questi murales che non condividiamo vengono lasciati ugualmente, perché riteniamo che qualsiasi persona debba essere libera di scrivere ciò che vuole. Abbiamo iniziato a scrivere sui muri in orgolese, quindi nella nostra lingua. Poi abbiamo iniziato a scrivere in italiano perché volevamo essere capiti da più persone. Ora, invece, abbiamo bisogno di un altro mezzo di comunicazione, dobbiamo comunicare a livello multimediale. Uno degli ultimi murales che abbiamo fatto, invece della scritta contiene il QR-code, così se una persona che passa ha lo smartphone e inserisce la foto, legge la scritta. Questa cosa è bellissima, quindi, se prima eravamo in una fase intermedia, ormai siamo in una fase in cui siamo direttamente connessi con il mondo moderno.”