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“Quando mai?” “Una volta, zio Vissenti Garippa raccontava … ‘Ho acceso un fuoco dentro un tronco, era una giornata fredda’. Zio Vissenti era un bambino. ‘Scese zio Nicola Paddeu con il fucile spianato’, ‘Mi puntò contro il fucile! ,, Dovevo spegnere subito il fuoco e non dovevo più permettermi di fare un’azione simile. Doveva essere la prima e ultima volta che lo facevo!’. C’era una forma di rispetto quasi sacro per la pianta. “Era così”. “Era così, perché dava frutto e alimento. / Oggi, quando vedono una quercia grande e bella come quelle che hanno tanta legna dicono: ,, ‘Ci vorrebbe una motosega!’ ,, No! Se li avessero sentiti le persone di un tempo, li avrebbero taciuti e costretti a dire: ‘Dio la benedica! Quante ghiande dà!’.” “Eh ma, la quercia era una Madre!” “Era una Madre in certi luoghi, la padrona del bestiame.” “In certi luoghi, consumavano le ghiande anche le persone.” I due uomini camminano in compagnia fra sassi e tronchi ricoperti di muschio. “Il capraro si dilettava a fare l’ovile: se aveva manualità lo faceva bene. Anche il ricovero degli animali… lo faceva davanti all’ovile, se era bravo. Ma c’erano caprari che non erano tanto pratici. I pecorai non avevano un posto stabile.” “Il capraro era stanziale.” “Stanziale, restava nello stesso luogo.” “Il pecoraro era nomade, così si definisce ora. Lui faceva le transumanze.” “E non poteva costruire un ovile stabile." “E poi, la capra…” “Alla capra servivano ovili fatti bene, con spazi per i capretti. Il ricovero dei capretti, s’edile, il luogo in cui allattarli, sa ‘orte, e il recinto dove mungere le capre, sa mandra, dovevano essere fatti bene. E avevano sempre un’architettura nuragica. Fino alla metà degli anni Cinquanta, erano costruiti come i nuraghi: sempre a pianta circolare.” Una costruzione circolare in blocchi di pietre chiare svetta sulla foresta: è ciò che resta di un nuraghe. “Fino al ‘50, in Supramonte la polizia non entrava.” Solo Carlo Felice. Carlo Felice è entrato, usando il Codice Feliciano e hanno bruciato ovili, pinnetti, tutto… Perché volevano che stessero tutti vicini / in modo che potesse arrivare l’autorità giudiziaria.” “Qui, neanche a cavallo si riusciva a inoltrarsi.” “Così non avevano possibilità di avvicinarsi.” “Qui, il cavallo, presumo che sicuramente già dall’ingresso de “S’arenarju”, venisse udito in lontananza. Sono terreni rocciosi.” “Normalmente si avvertivano tra di loro.” “Anche se non c’erano sentinelle, però le porte di ingresso e di accesso erano quelle. Sapevano chi entrava e chi usciva, magari non al livello dei banditi, ma quasi. ,, Il bandito qui non ci faceva niente!” “Il bandito doveva appoggiarsi al pastore.” “Cosa trovava qui?” “Il pastore faceva una vita da bandito.” “Dicono: ‘Il Supramonte e il bandito’… Ma cosa ci faceva il bandito? Poteva trascorrerci un po’ di tempo. ,, Eppure, dicono che i banditi si rifugiavano in Supramonte. Potevano trascorrerci del tempo, essere di passaggio e riposarsi un po’, ma non altro.” “Non ce n’erano”. “Sempre con i banditi in Supramonte.” “Anche il bandito deve mangiare.” “Certo!” “Doveva essere un pastore a ospitarlo. A volte, poteva capitare che loro fossero tranquillamente coricati dentro l’ovile, e il pastore fosse fuori a fare la sentinella per loro. Il pastore faceva il bandito, più degli stessi banditi.” “Poi, dal paese in su, si diceva che fosse tutto Supramonte.” “Il Supramonte si trova qui, dove siamo oggi. Questo è il Supramonte!” “Punto.” “Per la comunità orgolese, (le terre pubbliche) sono tutto: non sarebbe Orgòsolo, senza questo territorio.” “Eh, ci sono paesi, anche nelle nostre vicinanze, in cui il territorio comunale è in mano a poche persone, è in mano a poche famiglie. Mentre, invece, da noi appartiene a tutta la comunità e tutti ne hanno diritto!” “L’integrazione del reddito è anche un po’ di legna, l’integrazione del reddito sono due pecore, due maiali… Però, con pochi soldi sopravvivi. Se hai una partita IVA e la residenza a Orgòsolo, ti assegnano il territorio. Il legnatico è in concessione al comune. Lo danno… Paghi un prezzo fisso e prendi quello che serve. Ed è sufficiente per scaldare tutto il paese. Per il pascolo, bisogna fare la domanda e ce lo assegnano, lo ridividono ogni anno. Questo ha permesso di far emergere giovani imprenditori che magari non avevano alternative, se non fare i camerieri. Così, possono lavorare dignitosamente.” “È un bene rifugio, è l’oro di uno Stato, per Orgòsolo. ,, Per mezzo secolo, il territorio comunale veniva chiuso dal 20 marzo al 20 maggio. Questo permetteva al territorio di riprendersi, far ricrescere le erbe. ,, I pastori che avevano un terreno privato, in questi due mesi di divieto, portavano il bestiame nei loro terreni privati. Invece, chi non aveva terreni privati, era costretto a spostare il bestiame in terreni più aridi ed era pesante passare questi due mesi. ,, Quando ero piccolo, andavamo al pascolo con i contratti a ‘parte’e vruttu’, cioè ‘parte del ricavato’: se l’annata era sfavorevole non perdevi il capitale. Invece, con altri tipi di contratto, si rischiava di perdere il capitale.” “Poi, un bel giorno, hanno visto che questo sistema non andava più bene, perciò questa chiusura venne eliminata. / Certo, ci sono stati degli attriti in paese, tra una fazione e l’altra, però era un accordo! Era un accordo, però c’era addirittura un anziano che diceva che era sempre a favore del ricco. ,, Ma un ricco… si poteva spostare in un terreno privato, mentre il povero no. ,, Dato che il territorio comunale è vincolato dall’uso civico, dovrebbe rappresentare l’anello debole della società. ,, Tutta la pastorizia, tutti i cacciatori, tutto il comparto turistico che sta nascendo, delle escursioni in bicicletta, in moto… Tutti gravitano attorno a questo territorio comunale e ci stiamo tutti! È un luogo magico!” “Ci sono le mie pecore, quelle di Egidio, vacche, cavalli… Per andare d’accordo, bisogna rispettare le regole, ci vuole il buon senso. Così, non servono regole scritte, basta una stretta di mano.” “Vieni qui e non c’è un cancello, puoi parcheggiare dovunque, a destra e sinistra. Se vai in altri luoghi trovi le reti e i cancelli, e non ti puoi spostare dalla cunetta. Qui abbiamo uno spirito libero, qui la mente può spaziare liberamente!” “La mattina, in questi campi, a volte ci sono cinque o sei camper. Ci sono persone che si accampano, è un posto tranquillo, nessuno chiede soldi né un affitto. La mattina vedi bambini francesi che giocano con i cavalli, liberi! Dove trovano un altro luogo che permette questa libertà? Qui non c’è un vigile che ti riprende! Questa libertà è necessario far attenzione a non perderla, una volta persa non si riavrà mai più. Economicamente può essere conveniente per una persona sola, però la società è meglio che rimanga così organizzata.” Le pecore si ammassano in fretta davanti alle mangiatoie piene. “Da piccolo vai con tuo padre per aiutarlo, piano piano inizi a riconoscere i capretti, e ti piace. Il lato economico viene quasi in secondo piano, perché prevale la passione. Le caprette femmine, anche se avevi bisogno di soldi, non le ammazzavi perché pensavi sempre al futuro. Speravi sempre in un’annata migliore, anche se l’annata migliore non è mai arrivata!” In una zona del recinto, le numerose pecore sono immobilizzate una accanto all’altra. L’uomo con la maglietta verde si avvicina con un secchio e le munge una per una, con mano decisa. “A diciott’anni, andavo all’ovile con mio padre con l’asino. Eravamo contenti, eravamo in paese, nella nostra casa. Per ogni festa eravamo in paese. Ci siamo fatti la nostra famiglia qui! Cosa volevamo di più? Quando sento: ‘Prendono quattromila euro a Milano!’… Ma io muoio dopo un’ora a Milano, sono abituato alla libertà di questi posti. Quando vado a Nùoro e uno mi suona dietro la macchina, già mi dà fastidio.” “Io scendo a Nùoro, come dici tu, e quando mi fermo al semaforo un minuto mi dà fastidio, un fastidio da non passare nuovamente lì! Invece ritorno qua, vado e vengo, non mi ferma nessuno. Sarà che siamo nati liberi! La nostra vita è questa.” “Ci accontentiamo!” “Questo territorio ti permette di essere autonomo, e se hai un po’ di spirito libero, qui… / Puoi spaziare quanto vuoi! Questo luogo è magico: se sei di malumore, vieni quassù e ti passa!” I due uomini continuano a mungere ognuno le proprie pecore. Riempiono fino all’orlo grossi secchi argentati. Una volta colmi, versano il latte negli appositi contenitori e li chiudono. “Come qualità, non c’è altro posto come questo. Gli animali possono scegliere il tipo di pascolo perché c’è ogni tipo di pianta officinale: c’è il cisto selvatico…” “Se passiamo ora, in cento metri quadrati ci saranno venti qualità di erbe: ,, il trifoglio, il timo, la ginestra… Se continui ad approfondire trovi altre erbette di cui non saprei il nome. Quindi c’è un gran varietà di erbe. Non è un erbaio coltivato in cui semini avena… e sono dieci ettari solo di avena.” “Il latte, con questo tipo di pascolo ha ogni qualità. ,, La produzione è minore, però di qualità superiore. Qui, con cinque o sei litri di latte fai tranquillamente un chilo di formaggio. Eh, ,, ciò che voglio dire è che noi il formaggio lo facciamo con il latte crudo, non ha niente a che vedere con il latte industriale. Sono ugualmente buoni senz’altro, però, quando lo facciamo noi, ha un altro tipo di sapore.” “Il bello di questo posto e, in generale, di tutta la Sardegna – tranne nei posti in cui sono stati arati diverse volte – penso che sia dato dall’originalità di questi luoghi: qui, passano solo i maiali ad ararli e concimarli.” “A rivoltarli!” “La differenza sta in quello: da un latte proveniente da pascolo in erbaio, a un latte proveniente da pascoli di queste parti.”