Read Aloud the Text Content
This audio was created by Woord's Text to Speech service by content creators from all around the world.
Text Content or SSML code:
5. Il diritto di obiezione di coscienza: l’obiezione di coscienza consiste nel “rifiuto dell’individuo, per motivi di coscienza, di assoggettarsi a una condotta che in principio sarebbe giuridicamente esigile”. Essa si distingue pertanto dalla trasgressione alla legge, in quanto fondata su motivazioni assiologiche. Più specificamente, lì obiezione di coscienza può essere rappresentata come un conflitto di doveri o di lealtà: da una parte la coscienza, dall’altra la norma giuridica esterna. Nelle odierne società multiculturali, l’obiezione di coscienza costituisce la strategia per affermare la propria identità culturale, etica o religiosa: essa consente la contemporanea permanenza di valori altrimenti in conflitto, ponendosi come istituto destinato alla realizzazione del diritto alla diversità. Una figura dalla quale va distinta l’obiezione di coscienza è quella della disobbedienza civile. Il comportamento oggettivo rimane identico, la differenza risiede nelle finalità: l’obiezione intende difendere la propria moralità individuale, ma non contesta la validità generale della norma; la disobbedienza, invece, è una ribellione politica nei confronti del diritto vigente, che mira a provocare la reazione del sistema. Si discute se l’obiezione di coscienza competa solo alle persone fisiche o se possa essere riconosciuta anche agli enti. Il caso si è posto in riferimento alla vicenda di Eluana Englaro: dopo aver ottenuto dalla Corte di Appello di Milano il decreto autorizzativo alla sospensione del trattamento di sostegno vitale alla figlia in stato vegetativo permanente, il padre aveva presentato istanza all’Amministrazione Regionale della Lombardia perché gli venisse indicata la struttura presso cui procedere all’esecuzione del decreto. Il Direttore Generale della Direzione Generale della Sanità della Giunta Regionale della Lombardia aveva negato che il personale potesse procedere all’interno di una delle sue strutture alla sospensione del trattamento di sostegno vitale. Il TAR Lombardia si è pronunciato a riguardo affermando che il rifiuto proposto dall’amministrazione non poteva giustificarsi in base a ragioni attinenti l’obiezione di coscienza. Il fondamento giuridico dell’obiezione di coscienza pone a confronto due realtà giuridiche meritevoli di tutela: da un lato la libertà di coscienza, dall’altro l’adempimento della norma giuridica e la tutela dell’ordine statale. Se lo Stato proteggesse solo la prima metterebbe in pericolo la propria esistenza, in quanto permetterebbe la coscienza di ciascun individuo sia regola e norma; nel caso in cui proteggesse soltanto gli interessi dell’ordinamento giuridico tramuterebbe in finzione la tutela dei diritti fondamentali della persona. La Costituzione italiana non menziona il diritto all’obiezione di coscienza. Si deve però ricordare che la Costituzione opera per valori: il primato va quindi riconosciuto ai valori sostanziali rispetto alle singole disposizioni che ne sono espressione. Pertanto l’obiezione di coscienza costituirebbe un diritto implicito nei diritti costituzionali esplicitamente enumerati (artt.2, 19 e 21). Una conferma di questa imposizione si ritrova nella sentenza della Corte cost. 467/91, relativa al riconoscimento dell’obiezione al servizio militare. Successivamente la Corte ha precisato che il fondamento costituzionale della tutela della coscienza deve essere individuato nell’ “univoco convergere degli artt. 2, 3, 19 e 21 della Costituzione”. Il riconoscimento di un diritto generale all’obiezione di coscienza non va inteso nel senso che l’ordinamento statale debba sempre adeguarsi alle diverse convinzioni dei singoli individui: l’ingresso nell’ordinamento dei vari tipi di obiezione avverrà di regola mediante l’esercizio della funzione legislativa diretta adattare i valori costituzionali o, in caso d inerzia del legislatore, sarà il giudice di legittimità costituzionale che procederà al bilanciamento e alla tutela dei valori coinvolti nelle pretese soggettive. L’art.10 c.2 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE prevede che “il diritto all’obiezione di coscienza è riconosciuto secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio” : se si interpreta questo articolo nel senso che abiliti all’esercizio dell’obiezione soltanto nelle ipotesi tassativamente previste dal legislatore nazionale, l’obiettivo della norma risulterebbe essere quello di limitare piuttosto che di garantire il diritto all’obiezione,il che sembra poco consono alla funzione della Carta dei diritti fondamentali. Si deve concludere quindi che l’intervento del legislatore statale non abbia carattere costitutivo del diritto, ma semplicemente regolativo, secondo i principi di proporzionalità di cui all’art.52 c.1. Le fattispecie di obiezione generalmente riconosciute (servizio militare, aborto) sarebbero così sottratte alla discrezionalità del legislatore in quanto parte del contenuto essenziale del diritto all’obiezione. Individuato il fondamento giuridico di questo diritto, è necessario definirne i limiti. Si possono distinguere alcuni limiti di carattere generale, riguardanti tutti i tipi di obiezione di coscienza, e altri più specifici, concernenti le singole fattispecie. I limiti generali sono: il principio di eguaglianza, che esclude situazioni di privilegio in favore degli obiettori; la fedeltà alla Repubblica (art. 54 Cost.), intesa come compatibilità minima ai valori costituzionali e all’ordinamento giuridico; i doveri di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 Cost.), nel senso che l’obiezione è preclusa di fronte a doveri costituzionalmente inderogabili. I limiti specifici sono invece costituiti dai beni giuridici costituzionalmente rilevanti che potrebbero subire un pregiudizio in conseguenza del riconoscimento di specifiche ipotesi di obiezione, quali il buon andamento della PA (art. 97 Cost.), il diritto alla salute (art. 32 Cost.), il diritto all’autodeterminazione (art. 13 Cost.) ecc. Il legislatore (e il giudice) devono innanzitutto operare un bilanciamento e determinare se la coscienza individuale sia meritevole della particolare forma di tutela rappresentata dall’obiezione. I presupposti per cui ciò avvenga sono: un coinvolgimento diretto e personale nell’atto moralmente inaccettabile; un rifiuto di obbedire alla legge come coerente sistema di valori cui l’individuo si riconosce; la mancanza di un’alternativa al sottrarsi al comportamento richiesto dalla legge senza subire un pregiudizio significativo. Un secondo controllo riguarda l’accertamento che la tutela della coscienza sia compatibile con la salvaguardia di altri beni giuridici di valore costituzionale. Il rispetto del principio di eguaglianza richiede poi che la deroga alla disciplina comune lOMoAR cPSD|4459911 accordata all’obiettore sia proporzionata alle reali condizioni soggettive indotte dalla diversità delle convinzioni di coscienza, per non provocare un’irragionevole disparità con i non obiettori. Un esempio di obiezione di coscienza è l’obiezione di coscienza al servizio militare: essa ha ormai un interesse relativo, in quanto la leva obbligatoria è stata sospesa in favore di un esercito professionale a base volontaria. La prima legge in questo ambito aveva un’ottica di tolleranza piuttosto che di libertà. Al posto del servizio militare ci si sottoponeva al servizio civile: esso aveva una durata maggiore (venti mesi invece di dodici), trattamento ritenuto in seguito illegittimo dalla Corte cost.; era previsto l’accertamento caso per caso della fondatezza e della sincerità dei motivi addotti; gli obiettori erano sottoposti alla giurisdizione dei tribunali militari. Successivamente è stato riconosciuto un vero diritto di obiezione, da cui si può essere esclusi solo in circostanze tassativamente previste dalla legge, e il servizio civile è del tutto autonomo rispetto all’organizzazione militare. Un altro esempio è l’obiezione di coscienza al giuramento: essa può manifestarsi in due forme: come rifiuto di giurare secondo una formula religiosa o come contrarietà al giuramento in sé. Per quanto riguarda il giuramento con formula religiosa, la Corte cost. ha dichiarato illegittime le forme di giuramento nel codice di procedura civile e nel codice di procedura penale nella parte in cui, accanto al richiamo all’importanza religiosa del giuramento e alla responsabilità davanti a Dio, non contengono l’inciso “se credente”. La riforma del c.p.p. del 1988 ha poi adottato una formula che impegna unicamente la responsabilità morale e giuridica del testimone: la Corte cost. ha poi esteso questa formula anche all’ambito civile. Numerose sono invece le ipotesi di obiezione di coscienza contra legem. L’obiezione fiscale consiste nel rifiuto di versare la quota di imposta che dovrebbe corrispondere alla spesa pubblica a sostegno di attività contrarie alla coscienza del contribuente (es. spese militari): questa forma di obiezione non viene riconosciuta perché c’è un nesso troppo labile tra l’obbligo prescritto dalla legge (il pagamento delle tasse) e l’azione vietata dalla coscienza, dal momento che le entrati fiscali vanno a costituire una massa inscindibile e non sono finalizzate solo a un settore. Un altro caso è quello dell’obiezione all’assolvimento di funzioni pubbliche obbligatorie: tale ipotesi si verifica rispetto all’assunzione dell’ufficio di giudice popolare nelle corti d’assise, alla quale obiettano i testimoni di Geova, in base all’interpretazione rigorosa del precetto evangelico di non giudicare. Questa obiezione integrerebbe il reato di rifiuto agli uffici legalmente dovuti (art.366 c.p.), ma in un caso del genere il giudice ha ritenuto sussistente una scriminante (la libertà religiosa), considerando quindi l’obiezione di coscienza come legittimo impedimento.