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QUAL è l’invito più bello che abbiate mai ricevuto? Forse vi viene in mente la volta che siete stati invitati a un evento speciale, magari il matrimonio di due persone che vi erano molto care. Oppure penserete al giorno in cui siete stati invitati ad assolvere un compito importante. Se avete ricevuto inviti del genere, senza dubbio li avete accettati con entusiasmo e vi siete sentiti onorati. In realtà però tutti noi, nessuno escluso, abbiamo ricevuto un invito di gran lunga più importante. E il modo in cui decidiamo di rispondere avrà un profondo effetto su di noi. Sarà la decisione più importante della nostra vita. 2 Di che invito si tratta? Di quello che venne rivolto da Gesù Cristo, l’unigenito Figlio dell’Iddio Onnipotente, Geova, e che è riportato nella Bibbia. In Marco 10:21 leggiamo le sue parole: “Vieni, sii mio seguace”. Questo invito di Gesù in effetti è rivolto a ciascuno di noi. Facciamo bene a chiederci: ‘Cosa farò?’ La risposta potrebbe sembrare ovvia: chi rifiuterebbe un invito così straordinario? Eppure i più lo rifiutano. Perché? 3, 4. (a) Cosa si sarebbe potuto invidiare all’uomo che interrogò Gesù riguardo alla vita eterna? (b) Quali buone qualità avrà visto Gesù nel giovane capo ricco? 3 Per esempio, circa 2.000 anni fa un uomo ricevette personalmente quell’invito. Era una persona assai rispettata. Possedeva almeno tre cose che di solito gli esseri umani ritengono desiderabili, anzi invidiabili: gioventù, ricchezza e potere. La Bibbia dice che era un “giovane”, era “ricchissimo” ed era “un capo”. (Matteo 19:20; Luca 18:18, 23) Tuttavia questo giovane aveva qualcosa di più: apprezzava quello che aveva udito riguardo al grande Insegnante, Gesù. 4 All’epoca la maggior parte di quelli che erano al potere non rispettavano Gesù come meritava. (Giovanni 7:48; 12:42) Ma questo “capo” si comportò in modo diverso. La Bibbia ci dice: “Mentre [Gesù] usciva per mettersi in cammino, un uomo corse e cadde in ginocchio davanti a lui e gli fece la domanda: ‘Maestro buono, che devo fare per ereditare la vita eterna?’” (Marco 10:17) Notate come era ansioso di parlare con Gesù, tanto da corrergli incontro apertamente, come avrebbe fatto qualsiasi persona povera e di bassa estrazione. Inoltre si inginocchiò rispettosamente davanti a lui, dimostrando di avere una certa umiltà e di rendersi conto del proprio bisogno spirituale. Gesù apprezzò queste buone qualità. (Matteo 5:3; 18:4) Non meraviglia dunque se, “guardandolo, Gesù provò amore per lui”. (Marco 10:21) Come rispose alla domanda del giovane? L’invito più importante 5. Cosa rispose Gesù al giovane ricco, e come sappiamo che quando disse “una cosa ti manca” non si riferiva alla povertà? (Si veda anche la nota in calce). 5 Gesù, facendo riferimento alle Scritture, osservò che il Padre suo aveva già fornito delle indicazioni su come ottenere la vita eterna. Il giovane affermò di osservare fedelmente la Legge mosaica. Gesù, però, con la sua straordinaria perspicacia capì che c’era dell’altro. (Giovanni 2:25) Si accorse che questo “capo” aveva un problema spirituale, un problema grave. Perciò disse: “Una cosa ti manca”. Che cosa? Gesù proseguì: “Va, vendi quanto hai e dallo ai poveri”. (Marco 10:21) Gesù voleva dire che per servire Dio occorre essere nullatenenti? No. * Stava rivelando qualcosa di molto importante. 6. Quale invito fece Gesù, e cosa rivelò la risposta del giovane ricco riguardo al suo cuore? 6 Per mettere a nudo cosa gli mancava, Gesù offrì all’uomo una straordinaria opportunità: “Vieni, sii mio seguace”. Pensate: il Figlio dell’Iddio Altissimo invitava l’uomo che gli stava di fronte a seguirlo. Inoltre gli promise una ricompensa inimmaginabile: “Avrai un tesoro in cielo”. Il giovane ricco colse l’occasione, accettando quello splendido invito? Leggiamo: “Egli si rattristò e se ne andò addolorato, poiché possedeva molti beni”. (Marco 10:21, 22) Quindi le inaspettate parole di Gesù rivelarono il problema che c’era nel cuore di quell’uomo. Era troppo attaccato ai suoi possedimenti e, senza dubbio, al potere e al prestigio che ne conseguivano. Purtroppo l’amore per queste cose superava di gran lunga l’amore per Cristo. La “cosa” che gli mancava era dunque il sincero, altruistico amore per Gesù e per Geova. Mancando di tale amore il giovane declinò l’invito più importante. Ma perché tutto questo ci riguarda? 7. Perché possiamo star certi che l’invito di Gesù è rivolto anche a noi oggi? 7 L’invito di Gesù non era rivolto solo a quell’uomo, o a un numero limitato di persone. Gesù disse: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, . . . mi segua di continuo”. (Luca 9:23) Quindi chiunque, se davvero lo vuole, può essere seguace di Cristo. Dio attira queste persone sincere al Figlio suo. (Giovanni 6:44) A tutti è offerta l’opportunità di accettare l’invito di Gesù, non solo ai ricchi o ai poveri, alle persone di una certa etnia e nazionalità, o a chi viveva in quel tempo. Quindi le parole di Gesù “vieni, sii mio seguace” in realtà sono rivolte a ciascuno di noi. Perché dovremmo desiderare di seguire Cristo? E cosa comporta questo? Perché essere seguaci di Cristo? 8. Di cosa hanno necessità tutti gli esseri umani, e perché? 8 C’è una verità che dobbiamo riconoscere: abbiamo estrema necessità di una guida valida. Non tutti lo ammettono, ma questa necessità esiste comunque. Geremia, profeta di Geova, fu ispirato a mettere per iscritto una verità eterna: “So bene, o Geova, che non appartiene all’uomo terreno la sua via. Non appartiene all’uomo che cammina nemmeno di dirigere il suo passo”. (Geremia 10:23) Gli esseri umani non hanno né la capacità né il diritto di autogovernarsi. Infatti la storia è stata un susseguirsi di casi di malgoverno. (Ecclesiaste 8:9) Ai giorni di Gesù chi governava opprimeva, maltrattava e ingannava la popolazione. Gesù fece un’acuta osservazione dicendo che le persone comuni erano “come pecore senza pastore”. (Marco 6:34) Lo stesso avviene oggi. Collettivamente e singolarmente abbiamo bisogno di una guida fidata e degna di rispetto. Gesù risponde a questa necessità? Ecco diversi motivi per cui diciamo di sì. 9. Cosa distingue Gesù da qualsiasi altro capo? 9 Primo, Gesù è stato scelto da Geova Dio. La maggior parte dei capi umani vengono scelti da altri esseri umani imperfetti, che tendono a farsi un’idea sbagliata e spesso vengono ingannati. Nel caso di Gesù le cose non stanno così. Lo stesso titolo che gli è attribuito lo dimostra. La parola “Cristo”, come la parola “Messia”, significa “Unto”. Sì, Gesù fu unto, o nominato espressamente per ricoprire il suo incarico sacro, nientemeno che dal Sovrano Signore dell’universo. Geova Dio disse del Figlio: “Ecco, il mio servitore che io ho scelto, il mio diletto, che la mia anima ha approvato! Porrò su di lui il mio spirito”. (Matteo 12:18) Nessuno sa meglio del nostro Creatore quale tipo di capo o guida ci occorre. La sapienza di Geova è infinita, quindi abbiamo ogni ragione di confidare che ha fatto la scelta giusta. — Proverbi 3:5, 6. 10. Perché quello di Gesù è il migliore esempio da imitare? 10 Secondo, Gesù ha dato un esempio perfetto a cui possiamo ispirarci. Il leader ideale ha qualità che i sudditi possono ammirare e imitare. Li guida dando l’esempio, stimolandoli a diventare persone migliori. Quali sono le qualità che apprezzereste di più in un capo? Coraggio? Saggezza? Compassione? E che dire della perseveranza di fronte alle difficoltà? Studiando la vita terrena di Gesù riscontreremo che aveva queste qualità e altre ancora. Gesù era il perfetto riflesso del suo Padre celeste, le cui qualità possedeva in piena misura. Era tutto quello che un uomo perfetto potrebbe essere. Quindi in tutto quello che fece, in ogni parola che pronunciò, in ogni sentimento che esternò, troviamo qualcosa che merita di essere imitato. La Bibbia dice che provvide “un modello, affinché seguiate attentamente le sue orme”. — 1 Pietro 2:21. 11. In che modo Gesù si è dimostrato “il pastore eccellente”? 11 Terzo, Cristo è sempre stato all’altezza della sua affermazione: “Io sono il pastore eccellente”. (Giovanni 10:14) Nei tempi biblici questa metafora richiamava un’immagine familiare. I pastori lavoravano sodo per badare alle pecore affidate alla loro cura. Un “pastore eccellente” metteva la sicurezza e il benessere del gregge al di sopra dei propri. Per esempio Davide, antenato di Gesù, da ragazzo faceva il pastore e più di una volta rischiò la vita per proteggere le sue pecore da una bestia feroce. (1 Samuele 17:34-36) Gesù fece ancora di più a favore dei suoi seguaci: morì per loro. (Giovanni 10:15) Quanti leader umani hanno un simile spirito di sacrificio? 12, 13. (a) In che senso un pastore conosce le sue pecore e queste conoscono lui? (b) Perché desideriamo seguire la guida del Pastore eccellente? 12 Gesù era “il pastore eccellente” anche in un altro senso. Egli disse: “Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”. (Giovanni 10:14) Riflettiamo su questa metafora. A un osservatore disattento un gregge di pecore potrebbe sembrare solo una massa di lana in movimento. Il pastore invece conosce ogni singola pecora. Sa quale sta per partorire e avrà presto bisogno di aiuto, quali agnelli occorre ancora portare in braccio perché sono troppo piccoli e deboli per camminare da soli, e quale pecora recentemente si è ammalata o è rimasta ferita. Anche le pecore conoscono il loro pastore. Ne riconoscono la voce e non la scambiano per quella di nessun altro. Reagiscono prontamente se il suo richiamo ha un tono allarmato. Seguono la sua guida, e lui sa esattamente dove guidarle. Il pastore sa dove c’è erba verde e rigogliosa, dove ci sono ruscelli freschi e limpidi, dove i pascoli sono sicuri. Le pecore si sentono protette perché lui le sorveglia. — Salmo 23.