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A Pompei Il commercio rivestiva un ruolo fondamentale nell’economia locale, come testimoniato dall’abbondanza di botteghe e taverne. Si commerciavano principalmente prodotti agricoli, anche se si erano sviluppate delle attività artigianali o “industriali” legate alla trasformazione dei prodotti dei campi, come ad esempio i profumi o la lana, che dalle pecore allevate in tutta la regione veniva fatta convogliare in città per essere lavata, filata, intessuta e tinta. I fullones (potremmo tradurre con lavandai), non conoscevano il sapone, che era sostituito da un liquido sgrassante composto da acqua, soda ed orina. Per ottenere l’orina necessaria, le lavanderie dell’epoca invitavano i viandanti a orinare nei loro contenitori. I dintorni di Pompei fornivano grandi quantità di olio, vino, cereali, frutta e verdura e in città sono stati trovati frantoi sofisticati per l’epoca e molte macine per la produzione della farina da cui ricavare il pane. Dalle altre regioni dell’impero arrivavano prodotti rari o raffinati per i ricchi. La vicinanza del mare, che all’epoca lambiva la città, permise lo sviluppo della pesca, (come dimostrato dal ritrovamento di reti, ami ed attrezzi per la pesca). Il fiume Sarno, allora molto pulito e navigabile, come dimostrano alcuni dipinti pompeiani, oltre a dare fertilità al territorio offriva riparo ad una ricca fauna ittica, specie alla sua foce. La grande produzione di pesce serviva a preparare il garum, un “prelibato” condimento che i romani usavano su moltissimi alimenti. Questa salsa così comune in epoca romana, veniva preparata con scarti di pesce macerati con spezie e sale. Il sale aveva la chiara funzione di conservare il pesce e di filtrare tutto il suo sapore. Il pesce così macerato restituiva una sorta di salsa più o meno densa, dal profumo pungente, che serviva per dare spinta e carattere a numerose pietanze come la cacciagione. l termine garum deriva dal greco garos o garon (γάρον), il nome del pesce i cui intestini venivano usati originariamente nella produzione dei condimenti. La ricetta originaria non è dunque romana, ma con molta probabilità – nonostante le fonti a riguardo siano a tratti frammentarie e a tratti contraddittorie – neanche greca. Pare infatti che la ricetta del pesce fermentato provenisse dal terzo millennio avanti Cristo, ad opera dei popoli mesopotamici. Il pesce per il garum veniva sistemato in grosse botti, coperto da grandi quantità di sale, spezie e poi pressato. Il pesce veniva lasciato in macerazione nella salamoia abbastanza a lungo, le botti rimanevano aperte e per questo motivo l’odore non era tra i più invitanti. Il pesce macerato per la preparazione del garum veniva poi filtrato attraverso grandi setacci e il risultato era una crema più o meno densa molto saporita. Stiamo per arrivare nel quartiere dei teatri