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LE TRASFORMAZIONI SOCIALI DOPO LE CONQUISTE Dopo la conquista del Mediterraneo il potere si concentrò nelle mani dell’aristocrazia patrizia e plebea che prese il nome di nobiltà (erano definiti nobili tutti coloro che avevano o avevano avuto almeno un console in famiglia). Per fare carriera politica bisognava seguire delle tappe ben precise che prendevano il nome di cursus honorum: dopo aver svolto il servizio militare nella cavalleria i giovani nobili potevano diventare questori a 28 anni, edili a 31, pretori a 34 e consoli a 37. Tutti coloro che intraprendevano tale carriera senza aver avuto in famiglia altri politici prendevano il nome di “homo novus”. Diverse furono le conseguenze delle conquiste militari: - Rafforzamento della classe nobiliare; - Concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi (soprattutto Senatori e Cavalieri); - Nascita di un nuovo ceto sociale: i cavalieri. Erano definiti tali quei cittadini più ricchi che si dedicavano alle attività commerciali e finanziarie, alle opere pubbliche e alla riscossione delle imposte. Tale classe sociale seppure fosse il motore dell’economia era esclusa dalla vita politica; - Dilagare della corruzione; - Crisi della piccola proprietà contadina a vantaggio delle grandi aziende agricole. I contadini a causa delle continue guerre divennero sempre più poveri e furono costretti a vendere le proprie terre ai nobili che nelle proprie aziende sfruttavano il lavoro degli schiavi; - Crescita del proletariato urbano: i cittadini che abbandonavano le campagne e si trasferivano nelle città senza un lavoro divennero sempre più numerosi. La conquista dei paesi orientali portò anche l’arrivo della cultura e dell’arte greca. La mentalità romana si basava sul pragmatismo (interesse per ciò che è pratico) e sull’esaltazione dei costumi degli antenati (mos maiorum): culto degli dei, dello stato e della famiglia, lealtà, sobrietà ecc. La nuova cultura greca, invece, era maggiormente aperte all’individualismo, al cosmopolitismo e alla filosofia astratta. Si crearono ben presto due schieramenti: i tradizionalisti che erano contrari alla cultura greca e i filoellenici a favore della stessa. Altri intellettuali, che si riunivano nel cosiddetto Circolo degli Scipioni, erano invece a favore della fusione delle due tradizioni. LE RIFORME DEI GRACCHI Alla metà del II secolo a.C. diverse erano le questioni erano urgenti che la repubblica romana doveva affrontare attraverso una serie di riforme politiche e sociali: - la distribuzione dell’agro pubblico, per salvare dalla miseria i piccoli contadini; - la partecipazione dei cavalieri al potere politico; - il malcontento degli alleati italici esclusi dalla cittadinanza, dai diritti politici e dalla distribuzione delle terre sebbene pagassero le tasse e militassero nell’esercito. Nel 133 a.C. venne eletto tribuno della plebe Tiberio Sempronio Gracco il quale propose una innovativa riforma agraria che prevedeva la redistribuzione delle terre pubbliche (ager publicus) confiscate ai popoli sconfitti e il limite al possesso di terra per persona stabilito in 500 iugeri. L’obiettivo era quello di aiutare i contadini poveri favorendo anche il reclutamento militare ma i grandi proprietari terrieri (latifondisti) si opporranno alla sua riforma e Tiberio sarà assassinato dagli stessi Senatori. Nel 123 a.C. venne eletto tribuno il fratello di Tiberio, Gaio Sempronio Gracco, il quale per evitare gli errori precedenti cercò il sostegno dei proletari e dei cavalieri. La sua proposta di riforma era più ampia e prevedeva non solo la riforma agraria (cioè la distribuzione delle terre ai contadini) ma anche lavori pubblici contro la disoccupazione e la cittadinanza romana per tutti gli alleati italici. Anche in questo caso l’opposizione dei ricchi senatori non si fece attendere: dichiarato “nemico pubblico” dal Senato venne assassinato da un suo servo. Dopo il fallimento delle riforme dei Gracchi comincia una profonda crisi delle istituzioni repubblicane che non erano più in grado di risolvere i problemi di Roma, lo scontro di concentra intorno a due schieramenti politici contrapposti: - Gli “Ottimati”, cioè i nobili conservatori a favore dei senatori e contrari alle riforme; - I “Popolari”, cioè i cavalieri e la plebe favorevoli ad un’alleanza con i poveri