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I promessi sposi Perché leggere Manzoni? I promessi sposi sono una bella storia, resa avvincente da personaggi, scene e sorprese memorabili. Se venissero letti come gli altri libri o visti al cinema e in televisione, catturerebbero sicuramente l'attenzione. Ma c'è di più. Questa vicenda non è solo un susseguirsi di avvenimenti e colpi di scena, altrimenti la dimenticheremmo subito. I promessi sposi, dietro alla storia, ci parlano anche di noi, della nostra vita, del nostro ruolo del mondo. Narrano situazioni che tutti, prima o poi, affrontiamo: come dobbiamo comportarci davanti all'ingiustizia? Come conviveremo con le nostre debolezze e i nostri difetti? Ebbene, se oggi diamo per scontata l'esistenza dell'italiano e dei romanzi il merito è anche dei Promessi sposi. L'italiano di oggi è il frutto di una lunga trasformazione all'inizio della quale c'è il parlato fiorentino che Manzoni indicò come il modello migliore per la sua opera. La vita Alessandro Manzoni nacque a Milano il 7 marzo del 1785. Il matrimonio dei suoi genitori, Pietro Manzoni e Giulia Beccaria, era avvenuto tre anni prima ed era stato da subito infelice: il conte, non gradiva la vita vivace e indipendente della moglie. Da subito si seppe che Alessandro era nato da una relazione extraconiugale di Giulia con Giovanni Verri. Nel 1791 Alessandro fu messo in collegio. L'anno successivo Giulia lasciò il marito e andò a vivere con il conte Carlo Imbonati, con cui in seguito si trasferi a Parigi. Alessandro la rivide solo tredici anni dopo; gli anni della scuola furono un periodo di tristezza e isolamento. Nel 1800 incontrò Napoleone al Teatro della Scala e ne rimase affascinato; si infiammò per gli ideali della Rivoluzione francese e frequentò i rivoluzionari napoletani in esilio. Nel 1801 terminò gli studi; non frequentò l'università e si diede al gioco d'azzardo. Le sue frequentazioni preoccuparono il padre, che lo mandò a Venezia per qualche mese fra il 1803 e il 1804. In questi anni si manifestarono i primi disturbi nervosi che lo accompagnarono per tutta la vita: una marcata balbuzie, attacchi di panico, periodi di abulia e depressione, la paura degli spazi aperti e delle folle, il rifiuto di uscire di casa se non accompagnato. Nel 1805 Carlo Imbonati mori e Manzoni si trasferì a Parigi per stare con la madre, che rivide dopo moltissimi anni e che era quasi una sconosciuta per lui. Quelli nella capitale francese furono anni di fermento in cui frequentò intellettuali e artisti. Nel 1808 sposò Enrichetta Bloncel, una milanese di origini svizzere, della quale fu profondamente innamorato e dalla quale ebbe ben dieci figli. Nel 1807 mori il padre Pietro, ma né Alessandro né sua madre andarono al funerale. Nel 1810 Manzoni tornò con la famiglia a Milano. La riscoperta della fede coincise con l'avvicinamento al Romanticismo: a Milano, infatti, rinnovò l'amicizia con gli intellettuali di punta del nuovo movimento; tuttavia, per la sua naturale ritrosia non scrisse sui giornali e frequentò pochissimo i salotti letterari. Il ritorno a Milano segnò l'inizio di una stagione creativa tanto intensa quanto breve: in questi anni videro la luce dapprima gli Inni sacri (1815), poi le tragedie Il Conte di Carmagnola (1820) e Adelchi (1822), inframmezzate dalle odi civili marzo 1821 e Il Cinque maggio (1821), e infine il primo abbozzo del romanzo, Fermo e Lucia (1821-1823), composto nella residenza estiva di Brusuglio dove Manzoni si dedicava alla sua vera passione, la botanica. Ritrovato un equilibrio sufficiente, Manzoni si dedicò subito alla revisione del romanzo, che usci con il titolo I promessi sposi nel 1827 ed ebbe un successo immediato.