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Nicola, Emiliano e Damiano sono cresciuti assieme nel sestiere di Cannareggio, la parte settentrionale di Venezia, o il dorso del pesce come appare visto dal cielo questo agglomerato di 118 piccole isole connesse da ponti e canali. Da qui, oltre la laguna, si vede la terraferma e nelle giornate terse compaiono all'orizzonte le cime delle dolomiti spruzzate di bianco dalla neve. Gli abitanti di Venezia sono meno di 50mila, ma solo nel dopoguerra la popolazione del centro storico era tre volte tanta. Oggi invece a farla da padrone sono i turisti che affollano le calli, le strette viuzze tipiche della città, e si spostano a piedi da un ponte all'altro. Un tempo, invece, il modo comune per spostarsi in città era con le barche a remi. La necessità di muoversi tra canali stretti, curve a gomito, ponti bassi, ha fatto sì che nei secoli i veneziani mettessero a punto un modo di portare le barche con un solo remo, in modo da poter sfruttare a pieno tutto lo spazio disponibile e limitato dei rii, come in veneziano si chiamano i canali più piccoli. La voga veneta trova la sua espressione più tipica nei gondolieri che trasportano i turisti, ma molti veneziani tutt'ora si spostano a remi in città. È una tecnica che richiede perizia e maestria, un buon equilibrio e una sensibilità non comune, non è subito facile riuscire ad andare in linea retta facendo forza su un remo solo! I fioi, ragazzi in veneziano, della remiera di Venice on Board insegnano questa antica tecnica a chiunque voglia provare. Tra i loro studenti ci sono molti veneziani che hanno riscoperto la voga da adulti, qualche straniero trapiantato a Venezia, e alcuni figli di gondolieri. Ma per loro la cosa più importante è insegnare ai putei, i bambini che crescono nelle calli e nei campielli della città, perchè imparando a vogare apprendono anche un diverso modo, più lento e rispettoso, di vivere la città dove le barche a motore troppo spesso la fanno da padrone, sfrecciando oltre i limiti e alzando grandi onde. Walter ha 10 anni e ha già una buona dimestichezza con il remo, oggi ha una lezione con Nicola. Il mestiere del remer è uno dei più importanti per la voga veneta. Oltre a costruire i remi e a ripararli, si occupa della creazione delle forcole, i tipici scalmi delle imbarcazioni veneziane. Per questa ragione è un mestiere unico al mondo, che risale ad oltre 700 anni fa. La forcola è ricavata da un blocco di legno di noce che viene scolpito per dargli una forma plastica, con varie curve e occhielli che svolgono una differente funzione nel condurre la barca. Sono la sensibilità e l'abilità del remer che fanno sì che ogni vogatore abbia la forcola perfetta, che viene fatta a mano, togliendo un po' per volta il legno come se il l'artigiano lavorasse un blocco di marmo che è solo stato sbozzato. Una tradizione che si tramanda da secoli, dai maestri agli apprendisti, non esistono scuole per diventare remeri, ma bisogna essere andati a bottega per un numero sufficiente di anni, sarà il maestro a stabilire quando l'allievo è pronto. Nicola, dopo buoni 40 minuti di voga, svolta in un rio stretto, il vociare dei turisti scompare dietro un ponte e improvvisamente la città cambia faccia, sul canale appare una porta segnata dalle sagome di due forcole, è l'ingresso al mondo di Paolo Brandolisio, uno dei quattro remeri che lavorano in città. Paolo ha preso in gestione la bottega più antica di Venezia, che era stata del suo maestro Giuseppe Carli, considerato il più bravo del dopoguerra e la cui famiglia aveva aperto questo laboratorio a fine '800. è lui, Giuseppe, che a metà anni '50 toglie la forcola dalla barca per metterla su una base e farla scoprire ad alcuni critici d'arte che organizzeranno delle mostre. Carli, ormai anziano, sul finire degli anni '80 lascia la sua bottega al giovane Paolo, appena ventenne. E da allora Brandolisio ha formato un suo apprendista che ha aperto bottega a sua volta, mantenendo così viva un'arte che non ha manuali ma viene tramandata solo oralmente.