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Nel corso del 900 alcuni movimenti politici come il Fascismo, enfatizzarono la cultura popolare, per metterla in contrapposizione con la cultura borghese. Il fascismo alimentò ideologie italiche. Esso aveva istituito persino il MINISTERO DELLA CULTURA POPOLARE (MinCulPop). Si parlava anche di battaglia del grano. Il folklore era un deposito di simboli, identitario, utile per costruire l’appartenenza del popolo alla nazione. Durante il periodo fascista l’Italia fu isolata e questo provocò un isolamento dell’Italia e una decadenza del progetto del folklore italiano. Da una parte il Fascismo esaltava la cultura popolare, ma allo stesso tempo, faceva attenzione al fatto che il popolo non fosse troppo forte da rovesciare l’ideologia fascista. Il fascismo non consentiva che fosse parlato il dialetto nella scuola. Un altro elemento che concorse alla decadenza del fascismo in Italia, è l’importanza della filosofia di BENEDETTO CROCE, IDEALISMO STORICISTA. Era una filosofia che considerava tutto il resto accessori. Questa impostazione alla filosofia crociana, ebbe un ruolo nell’ostacolare la nascita di un progetto antropologico in Italia. Stesso Ernesto De Martino fu ostacolato, nonostante fosse allievo di Croce. Dobbiamo una grande trasformazione dell’antropologia italiana ad ANTONIO GRAMSCI. È stato uno degli intellettuali italiani più conosciuti. Fu il dirigente del partito comunista in Italia, uno studioso e un intellettuale di una fecondità mostruosa. I QUADERNI DAL CARCERE - opera più famosa oggi - fu scritta da lui in condizioni di isolamento e problemi di salute. Non era esperto dei temi antropologici. Nel capitolo dei quaderni del carcere intitolato “OSSERVAZIONI SUL FOLKLORE”, Gramsci presenta una concezione innovativa del folklore. Rifiuta la concezione romantica del folklore. Per lui esso è qualcosa che si sviluppa nello scontro fra classi SUBALTERNE e classi DOMINANTI. Non sono i contadini che hanno la loro tradizione, ma sono forme culturali che in qualche modo hanno un rapporto con la cultura delle classi dominanti. Anzi, secondo Gramsci, la cultura delle classi popolari era l’eco, ciò che si perdeva, delle classi dominanti. La cultura dell’ELITE (classe dominante) perde dei pezzi, che cadono verso il basso e le classi SUBALTERNE se ne appropriano, e reinventano in maniera creativa quelle parti dell’élite. La religione cattolica ha una dottrina ufficiale, ciononostante le classi popolari sviluppano periodicamente, delle forme di culto, di devozione, che la chiesa guarda con diffidenza, con sospetto, perché si allontanano dalla chiesa. Come le apparizioni mariane, oppure santi che manifestano segni sul corpo. Forme devozionali che non seguono i precetti della chiesa cattolica. L’idea che un santo se invocato possa provocare un mutamento benevolo per noi, è una cosa a cui la chiesa cattolica guarda con un certo scetticismo, e soltanto dopo il concilio di Nicea è stato possibile avere i quadri dei santi. Le classi popolari si appropriano di questi tratti delle classi colte e sviluppano delle forme culturali che certe volte possono andare contro l’élite. Mentre la cultura delle classi dominanti è una cultura ordinata, quella delle classi popolari è disorganizzata, AGGLOMERATO INDIGESTO (definizione della cultura delle classi popolari secondo Gramsci). Gramsci ne fa una valutazione politica e ritiene che le classi popolari non riescono ad avere il potere, a sconfiggere il potere, proprio a causa della disorganizzazione. Per far capire alle classi subalterne che venivano sfruttate, dovevano mettere in contatto la cultura folklorica con la vita politica e lo sviluppo delle classi. Gramsci ha teorizzato il concetto di EGEMONIA. POTERE: capacità di influenzare un avvenimento. Per Gramsci il potere oscilla fra: POLO DEL CONSENSO: Quelli che hanno il potere fanno in modo che i subalterni diano il consenso “spontaneo” alla visione del mondo delle classi dominanti. Come può una persona dare un consenso spontaneo? Secondo Gramsci il consenso avviene attraverso la cultura, intesa come stampa, mezzi di informazione, giornali. Tutti questi strumenti servono a far accettare alla società una certa visione delle cose. La DC ha usato uno slogan per fare leva su sentimenti religiosi radicati, per far aderire spontaneamente alle persone all’ideologia della Democrazia Cristiana. La cultura era presa in grande considerazione dal partito comunista, che cercava di fare egemonia per la sua causa, senza l’utilizzo della forza. POLO DELLA COERCIZIONE: la coercizione è la forza, l’esercizio della forza, apparato di coercizione statale che assicura la disciplina di quei gruppi che altrimenti non darebbero il consenso allo stato. La coercizione serve a stabilire che anche i gruppi che non lo fanno, invece stiano nei binari, un modo di esercitare il potere attraverso la forza. Per Gramsci le disuguaglianze stanno fra quelli che possono e che non possono fare egemonia, perché non ne hanno gli strumenti. Secondo Gramsci le classi dominanti predispongono di tanti modi per far egemonia, ed è più facile per loro controllare le classi subalterne, perché spesso sono ignoranti. DIALETTICA: RAPPORTO DINAMICO FRA CULTURA DOMINANTE E SUBALTERNA. L’Antropologia italiana mette in relazione la cultura e la classe sociale. Questa è una forma molto originale dell’antropologia italiana, che alle altre classi manca. Cultura delle classi subalterne, che non hanno mezzi per opporsi alle classi dominanti. Gramsci diceva: «I SUBALTERNI POSSONO BEN VEDERE MOLTO LUCIDAMENTE LA PICCOLA VALLE INCUI ABITANO, MA RESTANO INCAPACI DI GUARDARE AL DI LÀ DI ESSA E DI CAPIRE COME IL LOROR PICCOLO MONDO SI SITUI E SI ADATTI IN QUELLO PIÙ VASTO CHE È AL DI LÀ». Gramsci parte dall’assunto che la cultura subalterna non è in grado di produrre movimenti politici efficaci, autenticamente trasformatori. Egli pensava che anche il marxismo (filosofia della prassi) - che a suo avviso aveva la possibilità di svilupparsi in una concezione del mondo autenticamente contro egemonica – fosse ancora in un processo di formazione, ancora alla ricerca di intellettuali suoi propri, capaci di elaborarlo in modo tale da farlo diventare condivisa cultura di massa contro egemonica. I subalterni non dispongono di mezzi per comprendere e capire la realtà, perché hanno un potere diverso dalle classi dominanti. Per Gramsci la cultura non è solo l’insieme di riti, la poliandria etc., ma è qualcosa di ancora più decisivo. Giuseppe Di Vittorio, fu tra quelli che iniziarono a non levarsi più il cappello davanti al padrone, perché iniziava a capire che non era davvero superiore il suo padrone, ma era tutta una questione di cultura. Le classi subalterne non hanno una visione in cui capiscono di essere gli sfruttati, NON c’è COSCIENZA DI CLASSE. Gramsci parlerà molto di religione, soprattutto di quei personaggi che nel corso della storia d’Italia si considerano come i nuovi messia, diversi dall’insegnamento ufficiale della chiesa. Lo stato mette in campo un’attività di formazione, insegna alle persone non solo la cultura generale, ma insegna un vero e proprio modo di essere persone. È in concorrenza con altre concezioni, come quella del folklore. La cultura delle classi subalterne è sempre in contraddizione con quella delle classi dominanti. Le classi dominanti non dovevano mai dimenticarsi di tenere in considerazione del folklore. «IL FOLKLORE NON DEVE ESSERE CONCEPITO COME UNA BIZZARRIA, UNA STRANEZZA O UN ELEMENTO PITTORESCO, MA COME UNA COSA CHE È MOLTO SERIA E DA PRENDERE SUL SERIO» cit. Gramsci. Per capire come funzionavano le CONTROCULTURE GIOVANILI, questo movimento degli studi culturali, invitava a prendere in considerazione quelle culture difficili da capire da chi era esterno (cultura punk, musiche alternative). Secondo il sociologo Stuart Hall (CULTURALL STUDIES), i prodotti della cultura di massa trasmessi dalla tv, non producono per forza il controllo delle persone che guardano e apprendono quell’informazione, perché il pubblico, soprattutto quando è un pubblico subalterno, è capace di decodificare e ricodificare in maniera creativa il contenuto di quelle trasmissioni. Le classi inferiori, subalterne, sono classi che consumano gli stessi prodotti culturali dell’élite, guardiamo gli stessi programmi tv, usiamo gli stessi strumenti di massa. Esiste una cultura di massa che ai tempi di Gramsci non esisteva. Hall dice che non tutte le soap opere e tutti i programmi, tutti li guardiamo allo stesso modo. Io e un immigrato somalo in Gran Bretagna possiamo guardare la stessa serie tv, ma posso considerarla e vederla in modo diverso.