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Papà Matteo e mamma Ilenia: e la coppia? La coppia racconta che entrambi i figli sono stati cercati. Fare una famiglia era il loro “progetto più importante”. Per Matteo è importante essere un buon genitore, “accompagnare i figli nella crescita”, e teme di fare errori perché ritiene di non aver avuto “un buon modello”. Suo padre è andato via di casa quando lui aveva circa 11 anni e ha lasciato lui e sua sorella con la madre malata. In seguito alla morte di quest’ultima, un anno dopo, è rientrato in casa. Matteo lo descrive come poco affettivo, un “cretino, ma buono”, uno che non è stato capace di fare il padre perché non ha le risorse necessarie. Attualmente non si vedono spesso perché il padre vive a Roma. La famiglia, secondo Matteo, dovrebbe essere “come una squadra…ognuno fa la sua parte”. Anche per Ilenia è importante crescere i figli nel modo giusto. Si preoccupa per il futuro e parlando di Giovanni dice di volerlo crescere come un adulto responsabile, che “un domani possa collaborare con la sua compagna”. Entrambi si definiscono “genitori che non puniscono”, “poco normativi”, poiché ritengono giusto parlare e confrontarsi con i figli. Hanno iniziato a mettere in dubbio questa strategia perché sentono che non funziona. Durante le discussioni, anche quelle tra Ilenia e Matteo, i bambini sono generalmente presenti e coinvolti. Se non partecipano alla discussione direttamente, vengono comunque coinvolti nella fase di chiarimento. Questo mi fa riflettere sulla mancanza di confini tra coppia genitoriale e figli, nonché sulla tendenza a considerare i bambini al loro livello, in termini di capacità di sostenere conversazioni da adulti. I genitori si confrontano molto su come gestire i figli, soprattutto Giovanni. Ilenia vede Matteo come “rigido”, “polically correct”. Lo trova troppo severo e crede che abbia troppe aspettative di autonomia. Diversamente da lei, Matteo non è capace di vedere il “grigio…ma solo il bianco o il nero”. Lei si ritiene maggiormente flessibile. Il marito ritiene che Ilenia sia troppo irascibile e non riesca a gestire il comportamento di Giovanni. Entrambi concordano sul fatto di avere punti di vista e modalità di reazione diverse rispetto al problema. Ilenia è stanca di fare la parte della “cattiva”, mentre Matteo “pensa a portare i bambini a cena e a giocare”. Il marito conferma che la moglie si occupa maggiormente degli aspetti educativi, perché passa più tempo con i bambini; aggiunge che il poco tempo che ha con i loro cerca di passarlo in modo piacevole. Dalla consultazione entrambi si aspettano di trovare strategie per gestire il figlio di comune accordo. I due parlano molto del loro ruolo di genitori, ma fatico a cogliere informazioni relative alla coppia. Mi raccontano molto brevemente della loro storia e della vita insieme prima dei figli. Attualmente gli unici momenti che passano da soli sono pochi momenti al mattino, prima di svegliare i bambini, e mezz’ora/un’ora la sera, quando portano fuori il cane. Ilenia dice che questo le provoca frustrazione perché sente di non avere abbastanza momenti di confronto con il marito. Ipotesi La famiglia inizialmente porta varie ipotesi esclusivamente monadiche: Giovanni è pigro, sta crescendo, sta attraversando una fase di “ribellione adolescenziale” fatica a contenere le sue emozioni. Durante il terzo colloquio, svolto alla sola presenza dei genitori, i due propongono ipotesi diadiche che chiamano in causa l’altro: Giovanni è problematico per colpa del modo in cui viene gestito dall’uno (ipotesi di Matteo) o a causa dell’estrema rigidità dell’altro (ipotesi di Ilenia). Identificare effetti pragmatici che potessero aiutarmi a trovare un significato alla “ditruttività” dei comportamenti di Giovanni è stato inizialmente difficile. Sicuramente Giovanni preoccupa i genitori e li attiva. Questo aspetto, così come le coincidenze temporali rilevate in relazione all’esordio del problema mi hanno permesso di formulare un’ipotesi triadica. I genitori hanno idee diverse sul periodo di esordio dei comportamenti problematici: inizi del quarto anno di scuola primaria (ottobre-novembre 2021), coincidente con diagnosi DSA e svolgimento del percorso di potenziamento con la collega inviante; circa febbraio-marzo 2022, in concomitanza della fine del percorso di potenziamento e poco prima del cambio di lavoro del papà; Nel primo caso il papà rafforza molto il legame con il figlio Giovanni, occupandosi direttamente del percorso di potenziamento. Inoltre, poco prima (agosto 2021) avvia un percorso di psicoterapia individuale per gestire l’ansia sul lavoro. Nel secondo caso il cambio di impiego di Matteo lo porta fuori casa per molte ore al giorno. In entrambe le occasioni, dunque, si può riscontrare un minimo comune multiplo: Matteo e Ilenia si allontanano. L’ipotesi formulata è la seguente: Giovanni con la sua oppositività e la sua rabbia richiama il papà per conto della mamma. Reframing Giovanni, distruggendo gli equilibri da voce alle emozioni della famiglia e chiama un time out per la squadra. Vi fa mettere in discussione e vi fa avvicinare per cercare una soluzione. In questi momenti c’è bisogno dell’impegno di tutti i giocatori, dunque riporta sopratutto in gioco il papà, ultimamente molto impegnato sul lavoro, perché sente che la mamma ha bisogno del suo compagno di squadra. In seguito al reframing Matteo afferma: “In effetti Giovanni crea salite…e poi quando si arriva, il panorama è bellissimo”. Riflessioni conclusive Durante la consultazione avrei dovuto esplorare altri argomenti. Rispetto alla famiglia d’origine paterna, come si osserva dalla scheda famigliare, mancano alcune informazioni: in prima battuta Matteo ha esplicitamente chiesto di non parlarne (“siamo qui per Giovanni non per parlare della mia famiglia”). Avrei dovuto tornare sull’argomento in un altro momento. Avrei potuto esplorare un’ipotesi alternativa che coinvolgesse i genitori di Ilenia, molto presenti nella gestione dei nipoti. Anche in questo caso non ho raccolto sufficienti informazioni. Il reframing presentato alla famiglia è stato a mio avviso plausibile e capace di connotare positivamente il problema. Tuttavia sarebbe potuto essere maggiormente perturbante, attraverso una domanda finale che facesse riflettere e fungesse da spunto di riflessione circa i genitori in quando coppia: cosa succederebbe se Giovanni andasse in panchina per un po’? Cosa farebbero gli altri giocatori?