Download Free Audio of LA FONDAZIONE DI ROMA Secondo la tradizione, Romo... - Woord

Read Aloud the Text Content

This audio was created by Woord's Text to Speech service by content creators from all around the world.


Text Content or SSML code:

LA FONDAZIONE DI ROMA Secondo la tradizione, Romolo fondò Roma nel 753 a.C. con un atto, il famoso tracciato di un fossato tramite l’erpice di un aratro, dal valore magico e sacrale. Non si tratta d’altro che di una leggenda, dal momento che le effettive origini della città di Roma restano, in realtà, avvolte nell’oscurità (Roma antica). Del dato tradizionale sembra oramai accettabile soprattutto la cronologia, dal momento che nel luogo dove poi sarebbe sorta Roma sono stati rinvenuti reperti databili alla metà dell’8° secolo a.C. Anche altri dati della tradizione tramandano certamente elementi di verità, benché avvolti in un racconto leggendario. Il famoso episodio del ratto delle sabine, per esempio, rimanda al fatto che la vicina popolazione laziale dei Sabini ebbe nella storia più arcaica di Roma un ruolo molto importante anche se oramai difficilmente determinabile: lo testimonia anche la non chiara vicenda del re dei Sabini Tito Tazio, che avrebbe addirittura condiviso con Romolo il potere supremo a Roma. L’ETÀ ARCAICA Gli influssi dei popoli vicini. Come qualsiasi altra entità storica, anche il popolo romano crebbe e si sviluppò da un ceppo, quello latino, cui appartenevano altri popoli del Lazio antico (Latini), che ebbero poi un destino meno importante. I Romani si avvalsero anche dell’apporto di altre popolazioni vicine: oltre ai Sabini, gli Etruschi. Dei sette re di Roma, che avrebbero retto il governo della città dal 753 al 509 a.C., gli ultimi tre – Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo – sarebbero stati di origine etrusca: proprio sotto questi re Roma avrebbe iniziato ad assumere un aspetto monumentale e compiutamente urbano. La nascita delle istituzioni romane. L’età più antica di Roma resta quindi, per molti aspetti, misteriosa. Fu in questa età che si consolidarono le più importanti istituzioni dello Stato romano. Queste ultime sono complesse e talvolta tra loro contraddittorie. Ciò è dovuto al fatto che la mentalità romana era estremamente conservatrice e pertanto, anziché abolire un istituto ormai superato, si preferiva spesso aggiungerne uno nuovo e svuotare di contenuti il vecchio. Questo tipo di mentalità ha contribuito da una parte alla nascita di un sistema politico estremamente complesso per l’epoca, dall’altra ha permesso agli studiosi moderni di ricostruire compiutamente lo sviluppo istituzionale dell’organismo politico più grande del mondo antico. L’estrema complessità delle istituzioni politiche romane affascinava già gli antichi: Polibio, uno dei massimi storici di Roma repubblicana, individuava proprio in questo aspetto la causa prima della grandezza di Roma. Secondo lui nella costituzione romana coesistevano in armonia le tre forme di governo delle società antiche: la monarchia – rappresentata a Roma dal sommo potere dei due consoli –, l’aristocrazia – rappresentata dalla nobile assemblea del Senato – e la democrazia – attiva nei comizi, che riunivano il popolo di Roma. Queste tre forme di governo, singolarmente imperfette, messe insieme costituivano per Polibio garanzia di perfezione ed eternità per il potere di Roma. L’ESPANSIONE IN ITALIA L’Italia tirrenica. Roma divenne una potenza regionale di un certo rilievo all’inizio del 5° secolo, interamente trascorso nella dura lotta contro gli Etruschi di Veio – guerra che si concluderà solamente nel 396 a.C. – e poi contro Equi, Volsci e Sabini per la supremazia nell’Italia tirrenica. Fu questo un momento decisivo anche per l’assetto interno di Roma: questa fase di durissime lotte per l’egemonia si intreccia infatti con un periodo di forte conflittualità interna tra patrizi e plebei, periodo che può considerarsi concluso nel 376 d.C., quando i plebei ottengono il diritto di eleggere almeno un console. Tuttavia la completa uguaglianza giuridica con i patrizi verrà raggiunta solamente un po’ più tardi. L’Italia centrale e settentrionale. Frattanto Roma stava acquisendo sempre maggiore potere nell’Italia centro-settentrionale. A partire dal 343 prese il via una nuova fase dell’espansione nell’Italia centro-meridionale, che scatenò il conflitto con una fiera popolazione che abitava gli Appennini: i Sanniti. Contro questo popolo non ebbe esito quel meccanismo di conquista che aveva fino allora garantito i più grandi successi all’Urbe. Invece di annettere, saccheggiare e distruggere i vinti, Roma preferiva, di norma, lasciare sopravvivere le comunità conquistate, concedendo loro parti più o meno ampie di territorio, alcuni diritti e, soprattutto, coinvolgendo la classe dirigente locale nell’amministrazione, rendendola così solidale con gli interessi di Roma. Con i Sanniti tutto questo non riuscì: la classe dirigente sannita, forse perché viveva in una società strutturata in maniera molto diversa da quella romana, non riuscì a trovare motivi di convergenza con Roma, per la quale costituì sempre una fonte di preoccupazione. Servirono ben tre guerre, lunghe e sanguinose, per riportare la vittoria sui Sanniti, nel 290 a.C. – anche se molti considerano, e forse a ragione, anche la guerra sociale (91-89 a.C.) come un ultimo episodio del conflitto tra Roma e i Sanniti (Italici). Nell’Italia settentrionale, frattanto, l’espansione romana conobbe come tappe fondamentali nella conquista di quei territori – occupati dai Galli – sia la fondazione della colonia di Rimini (268 a.C.), che apriva a Roma la Pianura Padana, sia la costruzione della via Flaminia (220 a.C., da Roma a Rimini) e della via Emilia (187 a.C., da Rimini a Piacenza). Gran parte della Pianura Padana, però, venne a lungo sentita come qualcosa di distinto dal resto d’Italia: fu solamente con Ottaviano, nel 42/41 a.C., che la Gallia Cisalpina cessò di essere una provincia e venne aggiunta all’Italia. L’ESPANSIONE OLTRE L’ITALIA E LA CREAZIONE DELLE PROVINCE Lo scontro con Cartagine. Le guerre sannitiche posero Roma direttamente a contatto con la Magna Grecia, la parte meridionale d’Italia popolata da numerose e fiorenti colonie greche. In pochi anni, dal 280 al 270 a.C., Roma completò la conquista della Magna Grecia, guardando ormai alla ricchissima Sicilia, terra a lungo contesa da Greci e Cartaginesi. Con questi ultimi Roma aveva rapporti amichevoli da lunghissimo tempo, ma ormai le due grandi potenze del Mediterraneo occidentale erano a contatto diretto, ed era chiaro che tali amichevoli rapporti non sarebbero durati a lungo. Messina fornì il pretesto per scatenare il conflitto. I destini di Roma e Cartagine si compirono nel corso del 3° secolo a.C. con le prime due guerre puniche. La terza (149-146 a.C.) fu solo un crudele esercizio di potenza da parte di Roma contro una città ormai quasi inerme. Il risultato della prima guerra punica (264-241 a.C.) fu la conquista delle prime due province romane – la Sicilia e, dopo qualche anno, la Sardegna; la seconda guerra punica (218-202 a.C.), con l’esercito cartaginese condotto dal grande Annibale, portò alla conquista di altre province in Spagna e quindi in Africa e, soprattutto, alla fine definitiva della potenza di Cartagine. Le conseguenze della seconda guerra punica. Il principale risultato della discesa in Italia di Annibale e delle terribili sconfitte subite da Roma in quell’occasione, della ribellione di parte degli Italici a Roma e delle durissime repressioni che seguirono la riconquista da parte di Roma fu una gigantesca redistribuzione di terre in Italia. Tale redistribuzione andò a tutto vantaggio dei più ricchi, che si appropriarono di grandi appezzamenti di terra che facevano coltivare agli schiavi: infatti, proprio allora, per effetto delle conquiste, folle di schiavi cominciavano ad affluire in Italia causando una crisi della piccola proprietà, che non poteva reggere il confronto con i bassissimi costi del loro lavoro. Dal canto loro, i latifondisti schiavisti avevano sempre maggiore bisogno di manodopera a basso costo e quindi cercavano di favorire in ogni modo la politica espansionistica di Roma. Sul piano esterno, in concomitanza con la seconda guerra punica, Roma iniziò l’espansione in Oriente, dapprima costituendo un piccolo protettorato in Illiria, quindi entrando in conflitto con la Macedonia e infine con la Siria seleucide. LE GUERRE CIVILI E LA NASCITA DELL’IMPERO Un secolo di lotte. Già gli antichi chiamavano il lasso di tempo compreso tra il tribunato di Tiberio Gracco (133 a.C.) e la battaglia di Azio (31 a.C.) il periodo delle guerre civili. In questi cento anni lo Stato romano cambiò completamente la sua forma di governo, passando da una repubblica aristocratica a un governo imperiale, con il Senato sottoposto all’autorità di un principe che, in realtà, aveva un potere molto maggiore di quanto poteva apparire a prima vista. Ma non fu questa l’unica differenza, per quanto importante. Il secolo di guerre civili fu anche il periodo di massima espansione dello Stato romano: basti pensare che in una quindicina di anni, dal 66 al 50 a.C., due dei maggiori personaggi coinvolti nelle guerre civili, Gneo Pompeo Magno e Cesare, da soli riuscirono quasi a raddoppiare i territori sottoposti al diretto dominio di Roma. In questo periodo si venne organizzando l’esercito legionario ‘classico’, quello che normalmente è associato al nome di Roma, e vennero definite le modalità di governo delle province e le carriere militari e civili dei ceti dirigenti romani.