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Ed ecco, è arrivato l’autunno. Le prime nebbie cominciano ad avvolgere i campi al mattino. Il sole lancia i suoi ultimi bagliori e intiepidisce un’aria tagliata dai primi venti freddi. I raggi obliqui incendiano di color oro antico le foglie, la campagna, i tramonti. Le giornate si accorciano e le ore di luce pian piano cedono il passo alle ore di buio, di freddo, di oscurità. La foglia Berta era spuntata in un tiepido giorno di primavera ed aveva assaporato il sole caldo dell’estate. Ora arrossisce, si accartoccia, cade e si rannicchia nella terra umida. Diventerà terra lei stessa, vita per altre foglie che spunteranno ancora, in qualche tiepido giorno di primavera. La mucca Primula ricorda le corse nei prati e l’erba verde assaporata d’estate. Ora nella stalla, al riparo dai primi freddi e dalle piogge, rumina tranquilla, fiduciosa che l’inverno passerà e il sole farà di nuovo brillare i prati di color smeraldo. Il pianeta Terra ha corso veloce lungo la sua orbita, per un anno intero. Ora è ritornato al punto di partenza. Chiude gli occhi, pieno di meravigliosi ricordi, si scrolla di dosso i momenti tristi, fa un respiro profondo e riparte per un nuovo giro. Il campo vicino a casa di Marco durante mesi caldi aveva ospitato bionde messi di grano. Ora viene arato dai contadini, ripulito dai resti del raccolto. Le nude zolle di terra riposano, attraversando con pazienza l’inverno, per accogliere a primavera nuovi semi. Il vecchio Giuliano si siede sulla sedia a dondolo, accanto al camino. Ricorda la sua giovinezza spensierata, i suoi figli diventati ormai adulti. E mentre le braci si consumano, fa un respiro profondo e lentamente chiude gli occhi. Come le foglie, riposerà nel grembo umido e scuro della terra per rinascere ancora, in una nuova vita. Siamo nel cuore dell’autunno. In questo periodo il buio e il freddo avanzano veloci. Ma noi accogliamo senza paura l’oscurità, ripuliamoci dai vecchi pensieri e lasciamo che la nostra anima si raccolga dentro di noi, nel nostro cuore e lì, al riparo e al calduccio, si prepari a trovare una luce nuova. Sarà San Martino, fra 12 giorni, a portarci la luce della sua lanterna, Ci aiuterà a attraversare il difficile inverno per poi nascere ancora, come il bambino Gesù a Natale, quando la luce ricomincerà a risplendere con il primo bagliore del Solstizio d’Inverno. 31 ottobre: i celti festeggiavano il capodanno, la Terra che completava il suo giro, la fine dell’anno agricolo e l’inizio, con l’inverno, il freddo e il buio, dell’anno nuovo. Venivano accesi dei falò e ogni famiglia, dopo aver lasciato spegnere il proprio fuoco, attingeva dai falò quello nuovo. Tra il 31 ottobre e San Martino (11 novembre) ci sono 12 giorni. 12 giorni in cui le attività agricole si fermano e dopo l’ultimo raccolto i campi sono preparati per il riposo invernale, dopo aver ringraziato la terra per i doni ricevuti. Questi 12 giorni, chiamati dodecameron, erano un periodo magico, sospeso, di oscurità, freddo, riposo, che ricordano la morte. In questo tempo infatti si credeva che i vivi e i morti potessero comunicare. Per i cristiani il 2 novembre è proprio la festa dei morti e il 1 novembre invece è la Festa in cui si ricordano tutti i Santi. Nella festa dei morti ogni famiglia ricorda i propri cari defunti, che riposano nella pace e nella luce di Dio. In Sicilia e in Calabria per tradizione, i morti portano dei dolcetti ai bambini. In altre regioni invece si lasciano sulle tavole dei dolcetti per i familiari defunti che, in questo tempo magico, si spingono nella dimensione dei vivi. A Venezia questi dolcetti si chiamano fave e sono fatti di pasta di mandorle. Tanto tempo fa, in questi giorni, i poveri giravano per le case mendicando cibo e promettendo in cambio preghiere per i defunti. [Oggi, nel Nord America e anche qua, si festeggia Halloween. Si gira per le case mascherati in modo orribile chiedendo dolcetto o scherzetto. In questa festa i defunti vengono pensati come creature mostruose o diaboliche che vagano facendo dispetti ai vivi se non danno loro cibo o offerte.]