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I disturbi del linguaggio e dell’eloquio presentano un andamento familiare e hanno maggiori probabilità di presentarsi insieme in gemelli omozigoti che in gemelli eterozigoti. Queste osservazioni suggeriscono che fattori genetici rivestano un ruolo importante nella suscettibilità ai disturbi del linguaggio. FOXP2 e disprassia verbale. Le opinioni su come anomalie genetiche possano avere effetti sul linguaggio sono cambiate drasticamente negli anni ’90 con le prime pubblicazioni che descrivevano una famiglia britannica nota solo come KE. Di tre generazioni della famiglia KE, circa la metà dei componenti era affetta da disprassia verbale: incapacità di produrre i movimenti muscolari coordinati necessari per il linguaggio parlato. Il loro linguaggio parlato era per larga parte incomprensibile sia ai membri della famiglia sia alla gente al di fuori del contesto familiare, e avevano quindi sviluppato una specie di linguaggio dei segni per rendere più comprensibile il linguaggio parlato. Oltre alla disprassia, i membri della famiglia KE affetti da tali anomalie genetiche avevano importanti difficoltà nell’ambito della sintassi e del linguaggio più in generale e un QI inferiore rispetto ai membri della famiglia non affetti. Si ipotizzava che il deficit fosse specifico per il linguaggio, piuttosto che un disturbo cognitivo più generale, in quanto i deficit di linguaggio erano presenti anche in membri della famiglia affetti dall’anomalia ma con QI nella norma. Le scansioni cerebrali con fMRI rivelarono che i membri affetti della famiglia KE, confrontati con i membri non affetti della famiglia, avevano anomalie strutturali a livello di una serie di strutture coinvolte nel controllo motorio, quali la corteccia motoria, il cervelletto e lo striato (caudato e putamen)