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Chiunque abbia trascorso del tempo con una persona verbale con autismo è a conoscenza di questa tendenza a ripetere le parole, frasi o intere frasi, spesso all'infinito. Infatti l’ecolalia è una delle caratteristiche che definiscono l’autismo. Nei bambini che riescono a parlare è spesso tra le prime indicazioni per i genitori che qualcosa non va in un bambino, quando, invece di rispondere o iniziare con un proprio linguaggio, il bambino fa eco di parole o frasi prese in prestito dagli altri. Madre: Tesoro, vuoi uscirei? Figlia: Vuoi uscire? Tali scambi iniziali possono assumere molte forme: il bambino ripete frammenti dai video, annunci della metropolitana, saluti da parte degli insegnanti, o può anche selezionare le frasi riguardo ad una discussione che i suoi genitori hanno avuto a casa. Tutto può diventare un echo. Le espressioni che i bambini sentono /ascoltano appartengono a momenti di grande emozione, di dolore, di ansia o di gioia sembrano essere state apprese dalla propria vita, diventando la fonte di echi, con il bambino che sembra riviva il momento e l'emozione che l'accompagnava. Proprio come l’insegnante di Eliza sapeva quello che voleva dire, e proprio come ho pienamente capito del piacere che aveva David nella celebrazione delle spugne, genitori e altri operatori di un bambino spesso comprendono esattamente quello che il bambino sta dicendo e perché. "Oh, è una frase da un episodio di SpongeBob che ha guardato l'anno scorso." Oppure "Ha sentito dire questo dalla sua insegnante quando c’è stata un'esercitazione antincendio a scuola lo scorso mese" O "Ho detto che a lui quando ho dato un bagno mese scorso!" O “Questo è ciò che il presentatore su il prezzo è giusto”, dicono gli stessi genitori. Eppure essi accrescono la loro apprensione quando sentono alcuni "esperti” che parlano di ecolalia attraverso la lente della patologia, quando dicono che l’ecolalia è solo un altro “comportamento autistico”, un tratto problematico, un ostacolo alla capacità del bambino di adattarsi e apparire "normale”. Questo è un errore. Certamente in superficie sembra che sia così, e molti genitori temono che questa eco persistente ostacoli la capacità del bambino di connettersi con gli altri bambini, per sviluppare relazioni o per imparare a scuola. L’Ecolalia sembra contribuire ad isolare il bambino, per marcare lui come eccentrico diverso o strano. Alcuni professionisti hanno rafforzato quelle impressioni, etichettando questo tipo di comunicazione come un "parlare stupido" o "parlare video" (dal momento che molte delle frasi provengono da video e DVD) e lavorando per armare i genitori con le strategie per fermare questo comportamento. All'inizio della mia carriera era comune per educatori e professionisti utilizzare tecniche dure e negative per ottenere che si fermassero questi speech patterns (modelli di discorso). I terapisti avrebbero risposto a un bambino "silly talk" con urla, o fastidiosi (per il bambino) rumori come battere le mani vicino al viso del bambino, allo stesso modo con cui si potrebbe tentare di dissuadere un cane dall’abbaiare in casa. In una scuola che ho visitato, gli insegnanti avrebbero spruzzato succo di limone in bocca di un bambino per punire i comportamenti "indesiderabili" e ricordandogli di parlare quando toccava a lei o a tornare sull’argomento. Recentemente le pratiche sono diventate meno aspre e repulsive; alcuni tentano di coinvolgere il bambino ignorandolo (noto come planned ignoring). Alcuni professionisti istruiscono i genitori a sostenere un dito indice verso il bambino ed emettere una dictat, un comando: "Taci” o "Non parlare" oppure "No silly talk". Tutti questi approcci condividono lo stesso obiettivo: fermare il discorso ecolalico Ho sempre pensato che questo sia sbagliato, che i professionisti hanno malinteso l’ecolalia e che le risposte che erano state prescritte non solo fossero sbagliate, ma forse anche dannose. Nei loro tentativi di rendere i bambini più normali, questi "esperti" hanno evidentemente ignorato che gli script ecolalici sono stati tentativi, chiaramente legittimi, di comunicare. E spesso le risposte prescritte dai professionisti sono stati fattori perturbanti il processo del bambino di imparare a comunicare e connettersi con il mondo. Ho condotto uno studio socio-pragmatico, come attualmente prospettato dal modello biopsicosociale dell’ICF, la classificazione internazionale dell’OMS. In altre parole ho studiato come i bambini utilizzavano la lingua nel contesto delle attività e degli ambienti di tutti i giorni. Ho visto questi ragazzini in classe, li ho osservati a casa, li ho videoregistrati mentre interagivano con i coetanei e fratelli nel parco giochi. In breve, li osservavo e ascoltavo come hanno vissuto la loro vita. Ed è stata la prima volta che ho lavorato con tanti bambini che manifestavano ecolalia, così ho avuto modo di conoscerli bene, ho potuto vedere che per nessuno di loro l’ecolaia era questo “discorso senza senso”. Questi ragazzi comunicavano, e utilizzavano l’ecolalia per altri scopi. Parlando con le loro madri e padri, ho scoperto che i genitori avevano percezioni simili. Con una sovvenzione federale da parte del Dipartimento di presidenza della Pubblica Istruzione ho registrato venticinque videocassette delle attività quotidiane: nella scuola durante la ricreazione, a pranzo e durante le sedute di terapia individuale e di gruppo, in casa con loro fratelli e genitori, per il periodo di un anno. Ho passato mesi analizzandoli, nella process identifying 1.009 echi distinti e qualificandoli (come i bravi studiosi fanno) in sette categorie funzionali. 1) immediate echolalia (quando un bambino ripete una parola o una frase sul posto) 2) da delayed echolalia ecolalia differita o "scripting" quando il discorso è riprodotto ore, giorni o anche mesi o anni dopo. 3) A volte stavano affermando che cosa hanno capito. 4) A volte stavano prendendo il turno come si potrebbe fare in una conversazione.