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GIUSEPPE UNGARETTI, “VEGLIA” Giuseppe Ungaretti nasce l’8 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto. Nel 1912, pur frequentando gli ambienti dell’avanguardia, ebbe modo di approfondire la conoscenza della poesia decadente e simbolista. Tornato in Italia nel 1914, decise di arruolarsi come volontario in un reggimento di fanteria e venne mandato a combattere sul Carso. Nel 1921 si trasferì a Roma e aderì al Fascismo, convinto che la dittatura potesse rafforzare quella solidarietà nazionale dalla quale si era sentito a lungo escluso. LA POETICA DELL’ALLEGRIA. Le poesie della prima raccolta “Il Porto Sepolto” (1916), poi confluite in “Allegria” (1931), sono state scritte durante la sua dolorosa esperienza di guerra, tra un momento di tregua e l’altro in trincea e sono caratterizzate dallo spazio banco per creare delle pause, da versi brevi ma ricchi di significato, da titoli evocativi, uso di similitudini, metafore e analogie. Inoltre, Ungaretti abolisce la punteggiatura e raramente fa uso delle congiunzioni perché secondo Ungaretti la parola, che deve essere pura ed essenziale, si arricchisce di significato grazie all’isolamento dalle altre parole. I versi sono liberi e per lo più brevi; la strofa è spesso costituita dalla sola frase principale. Ungaretti ritiene la poesia strumento di conoscenza della realtà, sia quella interiore della coscienza, sia quella esteriore dell’universo. Il poeta sente l’esperienza della guerra non come un’occasione di eroismo e di esaltazione patriottica ma come immensa tragedia che rivela la fragilità dell’uomo in balia di un destino più grande di lui: lo rende consapevole della solitudine, del dolore, della pena di esistere. La sua ricerca della quiete, il suo amore per la vita, lo spingono a opporre alla crudeltà e al dolore un comune sentimento di fraternità. L’opera è suddivisa in cinque sezioni e i suoi temi rendono ben evidente la componente autobiografica di cui si è parlato. Un gruppo di temi si lega all’infanzia e all’adolescenza del poeta, un altro all’esperienza presso il fronte e quindi alla guerra. Un altro tema è quello del viaggio come simbolo di una presenza della morte sempre latente, che si collega a quello del naufragio. IL SENTIMENTO DEL TEMPO. Le poesie facenti parte della seconda raccolta di Ungaretti è il Sentimento del tempo (1933), le quali presentano un sostanziale mutamento di prospettiva rispetto a quelle inserite nella raccolta Allegria. In questa sezione l’autore ha maturato una diversa concezione del tempo: ora lo intende come durata, come causa del mutare di tutte le cose in un continuo processo di creazione e di distruzione. Lo scenario paesaggistico in cui si collocano queste liriche è la città di Roma, ma le ragioni di tale ambientazione vanno ricercate soprattutto nei significati che il poeta attribuisce alla città; per Ungaretti Roma, con i suoi monumenti, è la città della memoria che permette di cogliere il tempo come durata. La poesia “Veglia” è stata composta da Ungaretti il 23 dicembre 1915, ed era inclusa inizialmente nella raccolta “Porto Sepolto”, poi confluita nel 1931 in “Allegria”. Si tratta della quarta poesia della raccolta ed è la prima che affronta il tema della guerra, che Ungaretti visse personalmente tra il dicembre del 1915 fino alla fine dell’anno successivo. Veglia rientra nella serie di poesie di Giuseppe Ungaretti scritte, come attestato dal riferimento in calce al poema, traendo diretta ispirazione alla sua tragica esperienza di soldato nella Prima guerra mondiale al fronte. In Veglia, componimento breve, è concentrata in pochi versi l’intensità dell’allegria che l’essere umano prova nel momento in cui riesce a vincere la morte, uno dei sentimenti che ispira la poetica di Ungaretti. Giuseppe Ungaretti avverte nella maniera più intensa possibile la presenza della morte nella vita; la sua reazione è quella di scrivere “lettere piene d’amore” e dare alla vita un valore ancora maggiore. Intanto Ungaretti è lì, accanto al corpo, che veglia il compagno e vede da vicino la morte: violenta, mostruosa, brutale, permanente. Proprio in quel momento emergono sentimenti positivi nel poeta, in contrasto con la morte che vede lì, palese; la bellezza della vita spinge Ungaretti a cantarne le gioie scrivendole. Un’intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la sua bocca digrignata volta al plenilunio con la congestione delle sue mani penetrata nel mio silenzio ho scritto lettere piene d’amore Non sono mai stato tanto attaccato alla vita Cima Quattro il 23 dicembre 1915