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Inghilterra, 1698, isola di Sheppey, che prolunga l’estuario del Tamigi Figlia di lupa Mary, in piedi davanti al mare. Con la sua bambola tra le braccia. Una bambola di pezza che le ha regalato un uomo dal tricorno nero. In mano, una pietra piatta. Una pietra aguzza che le ferisce il palmo, tanto la stringe forte tra le dita. Ma Mary ha bisogno di questo, di farsi male, per dimenticarsi del freddo vento che la trafigge. Mary scruta il mare, dall’alto dei suoi sei anni. Un mare che brontola e inarca la schiena per poi avanzare a colpi di lingua sui banchi di sabbia e bagnare le gambe dei raccoglitori di alghe. All’improvviso un sorriso illumina il viso della bambina. «Eccola!» annuncia alla bambola. «Willy ha fatto bene a mandarmi in spiaggia a fare da sentinella!» Un bastimento bianco si fa largo tra le onde. È apparso all’improvviso, simile a un grande gabbiano caduto di colpo dal cielo. Per Mary ora esiste solo lui. I pescherecci, adesso, nemmeno si vedono, sembrano grandi quanto piccioni! Lo sguardo di Mary scorre tra i raccoglitori di alghe e i loro carretti attaccati ai buoi, e va ad ancorarsi sulle vele della fregata che sta penetrando nell’estuario. «Papà è tornato, finalmente!» esclama, con l’impressione di inghiottire delle boccate d’aria. «Papà è tornato! C’è papà!» comincia a strillare a chiunque, chiamando uomini e donne a condividere la gioia che quasi la soffoca. Le teste si voltano verso la piccola che saltella e che dal tanto gridare si mangia le parole. «Ti sbagli» replica una delle donne scostandosi una ciocca di capelli dal viso. «John Davon è partito su un mercantile, quello invece è un vascello da guerra che ritorna a Londra». Ma Mary non dà retta a nessuno. Quella è la nave che aspettava da tempo, che le riporta suo padre! Gli altri non vedono bene, hanno lo sguardo rivolto a terra da così tanto tempo che non sono più in grado di sollevarlo e di rivolgerlo al sole! «Vi dico che è mio padre!» urla stringendo i piccoli pugni. «E smettila! Tuo padre è morto da un pezzo!» Mary insiste. Grida il ritorno del padre con parole che schioccano al vento. Gli uomini scrollano le spalle, le donne riprendono il duro lavoro, spezzandosi la schiena per riempire le carriole di lunghi serpenti scuri e gelatinosi. La gioia di Mary si trasforma in collera. Cosa? Questo è quanto riescono a dire, quelli lì, di fronte al fatto che suo padre torna a casa dopo tutti questi anni d’assenza? La bambina prova rancore nei loro confronti, le hanno rovinato l’entusiasmo. Corruga la fronte e dal più profondo di sé grida: «Bugiardi! Siete solo invidiosi! Non siete altro che… che… cacche di mosca!» Uno di loro si rialza. Ne ha abbastanza di tutto quel pigolare. «Se l’è inghiottito l’oceano, tuo padre!» dice, mimando con le mani due mascelle che si chiudono. «La sua nave non è mai arrivata a destinazione. È affondata in una tempesta, oppure è stata attaccata dai pirati» «Non è vero!» replica Mary. «Eccola, la sua nave!» insiste indicando il vascello che risale la riva. «Si fermerà qui e mi ridarà il mio papà». Corre al mare ed entra in acqua fino alle ginocchia, sicura che suo padre la saluterà a grandi gesti per poi correrle incontro. Sagome si intravedono sul ponte della nave, altre si danno da fare sugli alberi, raccogliendo le vele e annodandole sui pennoni per ridurre la velocità… ma nessuna di loro si sporge dal parapetto per confermare le speranze di Mary. La bambina apre la bocca per chiamare, ma tace, delusa, con una spina nel cuore. Il suo silenzio rimbomba più del mare. Non sente più lo sciabordìo delle onde, e i gabbiani, per un attimo silenziosi, le sembrano grigi. Del grigio dell’indifferenza. Sbiaditi come la fregata che le sta passando davanti. «Non c’è» dice in un soffio Mary. «Dove l’hai nascosto, il mio papà?» ringhia rivolta al mare. Le risponde un’onda. Un’onda sibilante che le bagna il vestito e che va a infrangersi sulla spiaggia in un sorriso di schiuma. Un sorriso beffardo. L’onda successiva è più infida. Punta dritta su Mary, s’inarca di colpo e la colpisce in pieno petto. La bambina barcolla ma non cade. «Mordi come un cane cattivo, ma non ho paura di te. Quando sarò grande ti domerò». La pietra nella sua mano scotta. Allora, con uno slancio del braccio, Mary la scaglia contro il mare. «Prenditi questa intanto!» «Non serve a niente!» la deride una voce dietro di lei. «Il mare fa quello che vuole. Farà di te un solo boccone, parola di Benson!» Mary si volta. Un ragazzo che avrà più o meno dodici anni sta in piedi dietro di lei, con un’espressione beffarda. «Non mi darò per vinta!» sibila Mary. «Lo credi tu! Il mare non è mica solo acqua! C’ha i mostri, sotto, e i pirati, sopra. Squali dai denti grandi come coltelli, capodogli grossi come navi, piovre dai tentacoli che assomigliano a enormi serpenti…» Mary non riesce a immaginarsi mostri del genere. Ma quelle parole sono colme di mistero, e l’espressione di Benson è abbastanza esplicita perché negli occhi della bambina vada ad annidarsi il terrore. «Quanto ai pirati, assalgono ogni cosa che si muove sull’acqua» continua il ragazzo. «Bruciano le navi, gettano i marinai in mare dopo avergli mozzato naso e orecchie per attirare gli squali, e combattono tra di loro a colpi di sciabola perché non vogliono spartirsi il tesoro. Sono così tremendi che spesso sbarcano e vanno a saccheggiare le città costiere» «La gente non si difende? Io gli romperei il naso, ai pirati!» assicura Mary sollevando il pugno. «Nessuno può resistere ai pirati. Si lasciano dietro solo cenere e cadaveri. Dicono che nessuna donna riesca a guardarne uno negli occhi senza cadere subito stecchita» «Ma allora non hanno mogli, i pirati?» «Certo che no!» risponde Benson. «E i loro bambini non hanno la mamma?» «Quanto sei scema!» «Credi che ne abbia visti, di pirati, il mio papà?» domanda Mary. Il ragazzo scoppia a ridere. «John Davon, forse, ma tuo padre no di sicuro!» La bambina non capisce. Davon, è il nome suo e di sua madre. Quindi, anche quello di suo padre! «Papà tornerà» afferma convinta. «John Davon non è tuo padre!» replica Benson. «È da otto anni che se n’è andato, subito dopo che tua madre ha sfornato Willy. E tu ne hai sei! Per cui, se fai due conti…» Infilando la bambola sotto il braccio, Mary apre le mani… Sua madre le ha insegnato a contare sulle dita, ma cosa dice, Benson. Contare che cosa? «Sei tu lo scemo!» conclude richiudendo subito le dita, come per racchiudervi un segreto. «La mamma mi ha detto…» «Tua madre può dire quello che vuole, gli anni parlano da sé. Lo capirai anche tu, più avanti. Tuo padre potrebbe essere il mercante di vino, o il bottaio, o il calzolaio, o il venditore di immagini, o un pastore o un ambulante di passaggio, chi può saperlo, con una lupa come tua madre!» «Ehi!» reagisce la bimbetta indispettita. «La mamma non è mica una bestia!» «Tu non sei da meno. Figlia di lupa sei, lupa diventerai!» la mette in guardia Benson con un tono presuntuoso. «Neanche io sono una bestia!» torna a dire Mary, che sente salire agli occhi lacrime di rabbia. «Chi ti ha dato la bambola?» continua il ragazzo. Mary guarda la bambola facendo il broncio. Non era suo padre, questo è sicuro. Era l’uomo dal tricorno nero. Cerca di ricordarsi il suo viso, ma lo confonde con gli altri. Con i tanti altri visi di uomini che intravede a casa. Dell’uomo col tricorno si ricorda solo il cappello. Non ricorda nemmeno il nome. Mary china la testa e si atteggia in un’espressione ostinata. «Che te ne importa?» borbotta. «Sono certo che quello è il tuo vero padre» ne deduce Benson. «Perciò, smettila di romperci le orecchie con il ritorno di John Davon! La sua nave si è persa in mare e non tornerà mai più!» Mary serra le mascelle. Quanto lo detesta, Benson, per averle detto quella cosa! Il suo papà tornerà, ne è sicura, e non sarà certo uno swampy che riuscirà a convincerla del contrario. Non vuole più sentire quelle parole cattive. Parole nere che scavano buchi. Di fronte al suo imbarazzo, Benson comincia a canterellare: Figlia di puttanella, figlia di Beckett, la pollastrella non ha uno straccio da indossar né nome, né lettere da guardar. Figlia di randagi, figlia di Bonnot, solo pelle sulle ossa e il firmamento per mantello ha! Figlia di zoccola, figlia di Martin… ahia! Non finisce. Con una testata nella pancia del ragazzo, Mary interrompe la filastrocca. Piegato in due, Benson trattiene il respiro e la canzoncina. «Continua… così… lupetta, singhiozza, e presto… verremo… a stanarti!» La piccola non lo sta ad ascoltare. Facendo volteggiare la bambola tenendola per un braccio, ritorna saltellando alla sua casetta, una capanna da pastore che non riesce più a contenere i sogni di sua madre.