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E Vespa e Maura li segui. «Rame?» gli gridò dietro l'antiquario. «No, aspettate. È un quadro, una scultura?» Prosper spalancò la porta. «Andiamo, forza» ordinò a Bo, che opponeva ancora resistenza. «Non ne hai azzeccata una! È fatto di enormi diamanti. E di perle» menti spudoratamente. «Ma che mi dici!» insistette il Barbarossa lottando con la tenda che non voleva aprirsi. «Su, piccolo, dammi un aiutino!» «Si prepari una bella boule di acqua calda e si metta a letto, signor Barbarossa!» tagliò corto Vespa, tirando Bo per la manica. Una volta fuori, però, si arrestò di botto. Accanto a Prosper. La calle era tutta un turbinare di fiocchi di neve. Cadevano così fitti che a Bo venne da strizzare gli occhi. La città aveva perso i suoi colori, come se una mano invisibile li avesse cancellati con una gomma. Adesso tutto era grigio e bianco. «Non sarà mica una collana? Ci sono. Un anello?» si agitava il Barbarossa sull'uscio socchiuso, sporgendo solo la testa. «Perché non facciamo una bella chiacchierata? Vi offro una fetta di torta alla pasticceria qua di fronte. Eh, che ne dite?» Ma i ragazzini si allontanarono, senza degnarlo della minima attenzione. Non avevano occhi che per la neve. I fiocchi si posavano sui loro volti, sui capelli. Deliziato, Bo se ne leccò via uno dalla guancia e tese le braccia per provare ad acchiapparli. Vespa scrutava le nuvole, sbattendo incredula le palpebre. Erano anni che a Venezia non nevicava più. Le persone che incrociavano avevano lo stesso sguardo sognante. Persino le commesse dei negozi si affacciavano ad ammirare quello spettacolo. Prosper, Vespa, Maura e Bo si fermarono sul primo ponte che trovarono sulla via di casa. Si sporsero dal parapetto in pietra per guardare l'acqua argentea inghiottire i magici cristalli. Prosper si sentiva i capelli bagnati, intrisi di minuscole gocce gelate. E, all'improvviso, gli venne in mentre un altro paese, lontano, quasi dimenticato; una mano che gli accarezzava la testa spazzolandogli via la neve. Immobile, in piedi fra Vespa e Maura, fissava senza vederla l'immagine riflessa delle case sulla riva e, per qualche attimo, si abbandonò ai ricordi. Non senza smarrimento si accorse che facevano meno male di un tempo. Forse dipendeva dal fatto che aveva al suo fianco Vespa, Maura e Bo, con la loro presenza così familiare e rassicurante. Persino la balaustra di pietra sotto le sue dita aveva un che di sicuro, fidato, quasi fosse in grado di proteggerlo dal dolore. «Prosper?» Vespa gli cinse le spalle con aria preoccupata, mentre Bo giocava a catturare al volo i fiocchi con la lingua. «Tutto a posto?» Lui si passò la mano sulla testa umida e annui. «Apri la busta» propose la ragazzina. «Non vedo l'ora di sapere quando vedremo finalmente il Conte in faccia.» «Come fai a sapere che verrà di persona?» chiese Prosper, ripescando la busta dalla tasca. Era sigillata, come quella che avevano trovato nel confessionale. Ma il sigillo era strano. Come se qualcuno lo avesse dipinto di rosso in un secondo momento. Vespa prese la busta. «Qualcuno l'ha aperta!» constatò allarmata. «Il Barbarossa.» «Non fa niente» la tranquillizzò Prosper. «Per questo il Conte ci ha comunicato a voce il luogo dell'appuntamento. Aveva previsto tutto. Deve conoscere bene l'antiquario.» Vespa apri la busta con il temperino, attenta a non danneggiarne il contenuto. Bo sbirciava curioso. Anche stavolta il messaggio del Conte era scritto su un cartoncino. Erano solo poche parole. «Il Barbarossa ci sarà rimasto malissimo quando l'ha aperta» commentò Prosper e lesse a voce alta: Nel luogo convenuto, sull'acqua, cercate una lanterna rossa nella notte fra martedì e mercoledì, all'una. «È per domani!» Prosper scosse il capo. «All'una. Ma è tardissimo.» Si mise in tasca il biglietto e scompigliò i capelli di Bo. «Quella dei diamanti enormi è stata davvero una bella trovata. Avete visto che faccia avida ha fatto quel mascalzone?» Bo si leccò via dalla mano un fiocco di neve, ridacchiando. Vespa invece gettò uno sguardo angosciato al di là del parapetto. «Sull'acqua?» mormorò. «Che cosa intende dire? Che la consegna avverrà su una barca?» «Non è mica un problema» rispose Prosper. «Quella di Mosca è abbastanza grande per portarci tutti.» «Giusto» ammise Vespa. «Ma comunque non mi piace. Non sono brava a nuotare, e a Riccio viene il mal di mare anche solo a guardare la laguna da lontano.» Scrutò ansiosa il canale. La neve si posava a larghe falde sull'acqua per sciogliersi e disperdersi sul fondale scuro. «Come fanno a non piacerti le barche, se sei nata qua? A tutti i veneziani piacciono, no?» la prese in giro Prosper tirandole la treccia. «Ti sbagli» replicò lei brusca, voltando la schiena all'acqua. «Vieni. Gli altri ci staranno già aspettando di sicuro.» Sotto quella bianca cortina, l'atmosfera era ancora più ovattata del solito. Vespa e Prosper camminavano insieme in silenzio. Maura camminava davanti a loro, meravigliata dalla neve. Bo invece saltava come una pulce di qua e di là, canticchiando con aria svagata. «Non voglio che Bo venga all'appuntamento» bisbigliò Prosper alla compagna. «Ti capisco» gli sussurrò lei di rimando. «Ma come pensi di spiegarglielo senza che ci rompa i timpani con le sue urla?» «Proprio non saprei» mormorò il ragazzo perplesso. «Soprattutto quando sono io a dirgli qualcosa, s'impunta peggio di un mulo. Non è che puoi parlarci tu?» «Parlarci?» Vespa scrollò la testa. «Parlare non serve a niente in questo caso. No, io avrei un'idea migliore. E in questo modo mi risparmio pure la gita in barca. L'unica cosa è che, per la seconda volta, non vedrò il Conte.»