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La chiesa di Santa Maria Maggiore è un edificio religioso di Avigliana. Santa Maria Maggiore a una prima osservazione da un'immagine d'impronta settecentesca nella facciata principale ad est, barocca negli interni, compresi gli apparati decorativi della porzione absidale, planimetricamente e volumetricamente manifesta il suo impianto gotico e tracce ancora più antiche delle sue origine romaniche. Sicuramente la Chiesa dimostra anche dall'esterno la sua complessità stratigrafica determinata dalla pregnanza storica che l'edificio ha assunto nel corso del tempo. Le prime tracce materiali di una fondazione medioevale sono localizzabili in un'area circoscritta nel raggio di pochi metri quadrati intorno al campanile: consistono in alcuni indizi di costruzione rintracciabili all'interno, nel piccolo vano posto fra il campanile e l'area presbiteriale, ricavato in seguito a rimaneggiamenti successivi e in cui trova spazio la prima rampa della scala di legno che consente l'accesso ai piani alti della torre campanaria. Anche all'esterno, lungo l'attuale parete perimetrale nord della chiesa sono presenti alcuni segni tangibili, in contiguità con la base della torre campanaria, parzialmente coerenti con quelle interne. Nel vano interno segnalato, a sinistra dell'attuale accesso e ricavato nella parete sud del campanile, è visibile la base del pilastro in mattoni che, attualmente, serve da supporto all'arcata portante est della volta del presbiterio e quella ovest della prima cappella destra della chiesa. Il residuo di colonna pilastro, a base apparentemente circolare, però non è perfettamente allineato alle strutture soprastanti, anch'esse riferibili solo in parte a una fase successiva, coerenti con il momento “gotico” della costruzione, che subì ulteriori rimaneggiamenti in età barocca: condizione che documenta un momento di transizione fra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo. La struttura, inoltre, presenta discrete analogie formali e tecniche, compreso il dato della quota, con la parte residua di un pilastro identificabile lungo la parete nord esterna della chiesa: posto ad alcuni metri di distanza dall'angolo creato dal campanile e il muro perimetrale della cappella destra, in cui è incorporato, può essere riconoscibile come punto di riferimento di una struttura portante ad archi (una crociera) di cui il precedente pilastro doveva costituire un altro punto di sostegno. Anche in questo caso l'analisi del manufatto, presumibilmente e pianta quadrata, di considerevoli proporzioni e con gli angoli a sviluppo lobato, può far supporre una sua posizione non perimetrale, ma come punto di rinvio di una struttura a crociera che doveva svilupparsi nello spazio attualmente esterno alla chiesa. Ma non sono ipotizzabili né l'estensione complessiva di questa fase del monumento, né l'effettiva coincidenza al criterio dell'orientamento dell'area absidale. A supporto dell'ipotesi sulla datazione della chiesa concorrono dei documenti, di questo periodo, che attestano che questa sia stata scelta come sede di transizione a vantaggio della Certosa di Montebenedetto. In essi si nominano più volte il cimitero e il portico dell'edificio religioso le cui arcate, di modeste dimensioni, fanno pensare ad un orientamento ortogonale della chiesa rispetto all'attuale, il che farebbe supporre uno sviluppo più modesto rispetto a quello evidente in età gotica. Le origini della chiesa di Santa Maria Maggiore in Borgo vecchio sono incerte. Le prime notizie risalgono al 774 quando vennero realizzati i primi rifacimenti dopo i gravi danni subiti dalla Chiesa nel 773 nel corso della battaglia tra Carlo Magno ed i Longobardi. Nel 806 però la chiesa di Santa Maria fu distrutta da un'orda dei Saraceni, che passati dalla Spagna alla Francia, invasero la Valle di Susa, saccheggiando e incendiando. Soltanto tra il 900 e il 980 con Arduino Glabrione e Manfredi I la chiesa ebbe il suo secondo rifacimento. È del XII secolo il primo documento che faccia esplicitamente riferimento alla chiesa: si riferisce a un donativo che va a vantaggio della congregazione di San Lorenzo di Oulx, da cui Santa Maria dipenderebbe già a questa data. Conferma da Papa Adriano IV, al prevosto ulciense Pietro II, delle chiese che la prevostura ha acquistato in più diocesi, compresa quella torinese: nel lungo elenco è compresa la chiesa di Avigliana con i suoi “tituli” e le sue pertinenze, essa è citata in un contesto di dipendenze e con il ricorso ad un formulario che rimane sostanzialmente invariato nei successivi atti di conferma pontifici e vescovili. Nel 1159 l'imperatore Federico I conferma, tra i privilegi della Chiesa di Torino, la corte di Avigliana con il castello, la pieve ed il distretto. Nel 1164 Federico Barbarossa, in lotta contro il Beato Umberto III, ordinò la distruzione tanto del castello, quanto della chiesa di Santa Maria e dei Portici di Borgo Vecchio. Successivamente nel 1165 il vescovo torinese Carlo e poco dopo nel 1170 il conte Umberto III, dimostrano interesse alle sorti complessive della prevostura di Oulx compresa la chiesa di Avigliana. Il terzo rifacimento della Chiesa avvenne tra il 1215 ed il 1223 ad opera di Tomaso I, figlio di Umberto III, che fece inoltre ricostruire i portici e la Reggia in Borgo Vecchio. La chiesa di Santa Maria, ben inserita per tutto il XII secolo nella sfera di controllo dei canonici ulciensi è protetta, dall'alto, da un castello vescovile; solo nel secolo successivo la situazione tende a complicarsi per l'avvenuto cambio della guardia della rocca ad opera sabauda Dall'inizio del XIII secolo, intanto la qualità dei documenti, che in qualche maniera riguardano la chiesa, tende a mutare: dagli atti ufficiali che sanciscono le grandi strategie, si passa a una documentazione diversa e di carattere locale sempre più fitta, in cui la chiesa aviglianese comincia a comparire, oltre che come sede di distrettuazione plebana, con la sua dedica precisa. La chiesa continua ad essere la sede ufficiale di una pieve importante che assume un ruolo di riferimento per atti di transazione in cui sono coinvolti enti ecclesiastici influenti, come Montebenedetto, e ricchi proprietari terrieri. Mentre nel castello si va strutturando il sistema di castellania, la pieve svolge un compito parallelo, che non si limita alle questioni connesse con la cura delle anime. L'area antistante alla chiesa, il portico, il cimitero, la casa del priore sono i luoghi prescelti per la redazione degli atti e ciascuno di questi spazi si va caricando di valenze simboliche per la comunità. Il Gastaldo di Avigliana, Garnerio, concedendo per testamento cospicui beni alla certosa di Montebenedetto, non dimentica di far registrare allo scrivano di aver eletto la chiesa di Santa Maria come luogo +ideale per la sua “quietam sepulturam”. Con l'avanzare del XIV secolo il sistema plebano va diffusamente cedendo il posto a una struttura che assume le caratteristiche della parrocchia. La crescita di autonomia della chiesa aviglianese, rispetto alla tradizionale dipendenza dalla prevostura, procede di pari passo con il moltiplicarsi delle forme di ingerenza laica locale, formalizzate nell'esercizio dei diritti di avocazia e di patronato. A questo nuovo ruolo si devono, probabilmente, le novità risalenti alla metà del secolo riguardanti, in particolare, la realizzazione della parte alta del campanile. L'edificio in epoca quattrocentesca era a tre navate, costituite ciascuna di tre campate, con l'aggiunta del presbiterio e del coro ed impianto pentagonale dell'abside. L'impianto quattrocentesco rimarrà probabilmente invariato fino al XVII secolo. Nel 1536 la chiesa fu distrutta per la quarta volta in seguito a un'incursione dei francesi. La Chiesa venne riedificata per opera di Emanuele Filiberto dopo la cacciata dei Francesi (battaglia di San Quintino, pace di Chateau Cambresis 1557-1559). Con questo rifacimento la chiesa perse la sua fisionomia originale a sesto acuto. Esiste una testimonianza diretta dello stato in versava la Chiesa ad agosto del 1584 in seguito alla visita di Monsignor Peruzzi, il prelato fa notare che: “La chiesa è nel complesso sufficientemente ampia, consta di tre navate ed è interamente coperta di volte, tuttavia le volte sono spezzate in più punti e minacciano di rovinare in modo disastroso. La chiesa poi non è pavimentata ed è piena di immondizie, perciò vedendo la chiesa in cattive condizioni e quasi completamente abbandonata ordina prima di tutto che venga pavimentata con buoni mattoni e che vengano restaurate congiuntamente le pareti nude e le volte che minacciano di cadere rovinosamente in molti punti”. Nello stesso anno il quadro d'insieme dell'interno della chiesa risulta composto da undici altari, quasi certamente disposti 5 per parte, più l'altare maggiore. Il documento inoltre fa riferimento esplicito a sei cappelle, la situazione è complessivamente deplorevole, più per lo stato degli arredi che per quello dell'immobile, a parte un paio di cappelle (quasi certamente le prime due di destra). Al di là del degrado fisico della struttura, la descrizione che offre Monsignor Peruzzi rappresenta, con buona approssimazione, la ricchezza materiale, la varietà delle dediche e dei patronati profusa all'inizio del secolo, offrendo un interessante spaccato della società aviglianese.