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VALORIZZAZIONE La produzione dell'olio extravergine di oliva avviene principalmente in un frantoio, luogo designato per trasformare le olive in olio, dove anticamente risiedevano le macine in pietra che oggi sono state sostituite da macchinari moderni capaci di produrre più olio in minore tempo, mantenendo però la stessa qualità. Il ciclo di lavorazione per ottenere l’olio d’oliva si può riassumere in 7 fasi essenziali: raccolta, lavaggio, frangitura, gramolatura, centrifugazione, stoccaggio e imbottigliamento. L'olio, dipendentemente dalla scelta di ciascun produttore, su base delle singole esigenze commerciali, può essere certificato DOP attraverso un procedimento formale nel quale un ente terzo riconosciuto attesta che un prodotto o un'azienda è conforme ad una predefinita disciplina di produzione e a prestabiliti standard qualitativi. La finalità della certificazione è quella di fornire una garanzia di sicurezza al consumatore da parte del produttore. DOP significa denominazione di origine protetta. Le DOP sono tipicità il cui processo produttivo deve avvenire totalmente in un'area geografica ben delimitata. Questo marchio garantisce mediante rigorosi controlli non solo la provenienza ma anche la genuinità, la tipicità, l'elevata qualità chimico-fisica e organolettica degli oli e delle olive, esaltando il legame tra il prodotto e il territorio e conseguentemente tra il prodotto e le tradizioni, la storia, la cultura, il paesaggio delle aree interessate. La certificazione rappresenta un protezione per il consumatore in quanto attesta che il prodotto è stato realizzato seguendo una disciplinare con materie prime tracciate e con metodi tradizionali. Porta all'ottenimento dei diritti sul prodotto in quanto rappresenta una registrazione effettiva. MARKETING Il canale di distribuzione può essere diretto, senza intermediari, oppure lungo quando tra l'impresa e l'acquirente finale si inseriscono intermediari (agenti, grossisti, distributori al dettaglio), che svolgono diverse funzioni di canale. La vendita al dettaglio, ossia la vendita al consumatore finale può essere effettuata sia dal piccolo dettaglio indipendente che può essere un ambulante, un negozietto tradizionale o un minimarket, che in grande distribuzione. La grande distribuzione organizzata si distingue in grande distribuzione di tipo capitalistico ad esempio catene di punti vendita gestite da un'unica grossa società o un gruppo societario di imprese e in distribuzione moderna organizzata o associata, il cui termine indica catene di punti vendita che fanno capo a operatori commerciali distinti che si uniscono in una collaborazione volontaria con diverse forme giuridiche, cooperative, associazioni o consorzi che hanno un certo margine di autonomia di gestione, però le catene sono organizzate con una forma di integrazione verticale. Nel 2020 l’emergenza pandemia e le relative restrizioni hanno avuto ripercussioni positive sulla richiesta di prodotti IG nella Grande Distribuzione Organizzata: le vendite in valore di Cibo e Vino DOP IGP sono aumentate del +6,4% rispetto al 2019. Nella GDO, la categoria dei formaggi detiene il peso maggiore in termini di valore venduto (42%), seguita dal vino (35%) e dai prodotti a base di carne (18%). La sinergia fra settore DOP IGP e prodotti trasformati negli ultimi anni è andata consolidandosi e rappresenta una via di crescita sempre più rilevante per molte produzioni territoriali di qualità e per le imprese della trasformazione. Se la Dop economy oggi rappresenta una leva di sviluppo straordinaria per l’Italia, è anche grazie alla collaborazione che è riuscita a instaurare con il settore dell’industria e dell’artigianato alimentare del Paese, un comparto da oltre 81mila imprese e con un fatturato di 145 miliardi di euro. E in quest’ambito l’Italia è fra i Paesi più evoluti, vantando una sorta di primato anche in termini di regolamentazione, in quanto unica in Europa ad aver introdotto un meccanismo di autorizzazione previsto in capo ai Consorzi di tutela per conferire una maggiore tutela alle IG. SOCIOLOGIA Le prime testimonianze dell’utilizzo dell’olio risalgono al 4000 a.C., in Oriente. L’olio di oliva venne utilizzato come unguento per la pelle, per alimentare le lampade – l’olio lampante – e assunto come medicinale. Segni della coltivazione dell’olivo, furono trovati anche in zone non adatte dal punto di vista climatico. Nel 2500 a.C. il codice babilonese di Hammurabi regolò la produzione e il commercio dell’olio di oliva, ma furono i Greci a diffondere la coltivazione dell’olivo nel Mediterraneo. Furono i Romani a divulgare la pianta in tutti i territori dell’Impero e a imporre il pagamento dei tributi sotto forma di olio di oliva. Grazie a loro, il processo di coltivazione dell’olivo e di produzione dell’olio migliorò e la diffusione del prodotto arrivò fino ai territori del Nord Europa. Sempre i Romani classificarono l’olio in base alle diverse tipologie di spremitura. Con la caduta dell’Impero Romano, anche la coltivazione dell’olivo cadde in disgrazia e per secoli gli uliveti sopravvissero solo in pochi territori. Nel Medioevo vennero recuperati i terreni migliori per la produzione dei cereali di base e per la coltivazione dell’albero di ulivo, grazie all’intuizione di parte della borghesia commerciale, che vedeva nell’olio un commercio fiorente. Nel 1400 l’Italia divenne il maggior produttore di olio d’oliva nel mondo. In questo periodo, in alcune zone del Bel Paese si preferì, all’olio, l’uso di grassi animali come il burro. Nel Rinascimento, grazie alle abbazie cistercensi e benedettine, custodi di piante ed erbe, furono salvate l’olivicoltura e la viticoltura dall’abbandono. Agli albori del ‘700 si iniziò a catalogare l’ulivo e i suoi frutti, classificandoli a seconda della provenienza geografica. L’olio d’oliva venne sempre più diffuso e conosciuto, all’interno dell’Europa, come prodotto italiano d’eccellenza e fu, proprio in questo periodo florido, che alcune regioni italiane definirono la loro vocazione olivicola, aumentando la coltivazione dell’olivo. Sempre nel ‘700, alcuni missionari francescani portarono i primi alberi di olivo nel Nuovo Mondo, ma fu solo cent’anni dopo che l’olio d’oliva fu commercializzato anche in America, grazie agli immigrati italiani e greci. Nella seconda metà del Novecento l’olio, a causa del boom economico, iniziò a essere considerato un elemento povero e venne sostituito dai più ricchi grassi animali. Gli ultimi decenni hanno decretato il successo e la riqualificazione dell’olio, anche grazie al successo della dieta mediterranea. L’olio di oliva è diventato uno dei prodotti alimentari italiani più amati e più esportati nel mondo. GOAL 1 L'Agenda 2030 rappresenta il nuovo quadro di riferimento globale per l'impegno nazionale e internazionale teso a trovare soluzioni comuni alle grandi sfide del pianeta, quali l'estrema povertà, i cambiamenti climatici, il degrado dell'ambiente e le crisi sanitarie. Con l’obiettivo 1 dell’Agenda 2030 ci si prefigge di sconfiggere la povertà sulla Terra. Nonostante dal 1990 a oggi la povertà estrema si sia ridotta di oltre la metà, 836 milioni di persone vivono ancora in condizioni di povertà estrema. Per questo uno dei traguardi prefissi è proprio quello di sradicare la povertà estrema per tutte le persone in tutto il mondo, cioè per le persone che ancora oggi vivono con meno di 1,25 dollari al giorno. L’obiettivo 1 prevede di realizzare adeguati sistemi di protezione sociale e di sicurezza per tutti; di assicurare a tutti, uomini, donne (soprattutto se poveri) uguale accesso alle risorse economiche: ciò significa poter accedere ai servizi di base (scuola, ospedali), possedere una proprietà, poter controllare dei terreni, accedere a tecnologie appropriate e usufruire di servizi finanziari (per esempio il microcredito). Inoltre, mira a ridurre tra le persone molto povere la loro vulnerabilità rispetto agli eventi climatici estremi.