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Proseguendo oltre il transetto, si vedono le due absidi ottagonali laterali, che furono erette probabilmente nell'XI secolo contemporaneamente alla cripta. L'abside centrale, invece, fu ricostruita fra il 1480 e il 1550 e presenta alla sua base un blocco di travertino di importante rilevanza storica in quanto reca la scritta: CAESARI TRIBUNITIA POTESTATE, che potrebbe comprovare l'ipotesi che il duomo ascolano sia stato edificato sulla basilica civile di epoca romana. Anche il tiburio, eretto in periodo romanico alla fine dell'XI secolo, è realizzato in travertino. La sua forma esterna è ottagonale e termina con una cornice all'altezza del tetto chiusa da una volta, anch'essa in travertino, sulla quale è posto un lanternino cieco con quattro bifore, sormontato da una cuspide. Il fianco di destra della cattedrale è pressoché simile a quello sinistro e si apre all'interno del giardino della canonica. Oltrepassato l'ingresso si incontra una cappella, adiacente alla torre campanaria di sinistra, che rappresenta quanto rimane del portico che in epoca medievale si trovava davanti alla facciata dell'edificio romanico e che andò definitivamente perduto durante i lavori rinascimentali di allungamento della pianta culminati nella realizzazione della nuova facciata cinquecentesca. La cappella ospita una Crocifissione, il brano meglio conservato dell'intera decorazione, attribuita al Maestro del Polittico di Ascoli, ritenuto maestro del Maestro di Offida, che qui comparirebbe nei brani decorativi laterali di questa piccola cappella. L'ampia aula interna del duomo, lunga 70 metri e larga 30, di gusto romanico-gotico, ha una pianta a croce latina ed è suddivisa in tre navate da sei pilastri ottagonali sormontati da capitelli rinascimentali che sorreggono le volte. In corrispondenza dei sei pilastri, sulle pareti laterali, si trovano delle lesene con capitelli corinzi e negli interspazi tra le lesene si aprono delle nicchie sormontate da ampie conchiglie. Nelle due parti di controfacciata in corrispondenza delle navate laterali, che in epoca rinascimentale inglobarono i due campanili medievali, si aprono due ambienti corrispondenti alle basi dei medesimi, di cui quello di sinistra rispetto all'ingresso ospita degli oggetti legati al patrono Sant'Emidio. Tra essi, al centro, su di un capitello di recupero, troneggia il Braccio - reliquiario di Sant'Emidio, opera di Pietro Vannini, il massimo orafo ascolano del XV secolo. L'opera, capolavoro dell'oreficeria italiana quattrocentesca, fu realizzata negli anni immediatamente successivi alla Libertas Ecclesiastica concessa ad Ascoli nel 1482 da papa Sisto IV, è costituita da un fusto a base stellare, che regge un braccio slanciato in atto di benedire, rivestito da un guanto, che presenta una decorazione in argento dorato e smalti colorati, e la presenza delle principali tecniche orafe quali lo sbalzo, la filigrana e la cesellatura. Alla base del braccio, entro una finestrella di forma esagonale, è un frammento osseo appartenente al Santo stesso, elemento che lo rende l'oggetto devozionale più rappresentativo del Patrono della città. L'anello, infilato nell'anulare della mano e composto da un rubino centrale e dodici diamanti, fu donato nel 1790 dal vescovo Francesco Antonio Marcucci, che lo aveva ricevuto da Giuseppe II, durante un viaggio apostolico in Austria al seguito di Pio VI, di cui era confessore. Alle spalle della scultura sono invece collocate due cassette di legno risalenti all'XI secolo, probabile epoca della traslazione del corpo di Sant'Emidio nella cripta, che fino alla ricognizione del corpo nel 1959 contennero i suoi resti. La volta presenta invece una piccola tela settecentesca entro una cornice in stucco raffigurante il Santo a mezzobusto. Nella zona del transetto si eleva la cupola che si avvia da una base rettangolare per divenire irregolarmente ottagonale nella parte superiore e concludersi con una calotta ellittica. La sua costruzione si data intorno all'VIII secolo, ai tempi del vescovo Euclere, che dette un'impronta bizantina alla costruzione di tipo basilicale. Il romano Cesare Mariani, (1826-1901), che fu tra i maggiori affreschisti italiani della seconda metà del XIX secolo, negli anni compresi tra il 1884 ed il 1894, eseguì le pitture che rivestono la cupola, le volte delle tre navate e l'abside. Ebbe come collaboratore Gaetano Vannicola (1859-1923), pittore e architetto di Offida. I pilastri della cupola più prossimi alle navate, su tutti i lati, ospitano diversi monumenti funerari, sia in forma di memoria funebre che in quella di sepolcro. Si tratta degli unici lasciati nella loro collocazione originaria in occasione dei lavori ottocenteschi, quando molti di questi apparati decorativi furono spostati all'interno della cripta (di questi ultimi si notino le tracce lungo le pareti ed i pilastri della chiesa). Evidenti richiami ad analoghe opere berniniane sono visibili nelle memorie funebri del vescovo Filippo Lenti (1707), in marmo nero, e del canonico Giuseppe Maria Carpani (1696), entrambi opere di Giuseppe Giosafatti. Di Martino Bonfini di Patrignone è invece il monumento funebre di Gaspare Sgariglia (post 1554), caratterizzata dalla figura del condottiero giacente in armatura al di sopra del sarcofago. Altri monumenti sono quelli in onore del principe romano Silla Orsini, morto nel 1592; di Girolamo Santucci, realizzato nella prima metà del XVI secolo; di Girolamo Tuberi, morto in concetto di santità nel 1532, e di Francesco Antonio Sgariglia, morto il 15 marzo 1669. Alla base del pilone tra la cappella del Sacramento e il transetto vi è un'urna senza iscrizione che presumibilmente è la tomba di Leone, Giovanni o Rinaldo Sforza, che vissero nella prima metà del XV secolo, oppure del vescovo Pietro. A ridosso del terzo pilastro di sinistra verso la navata centrale, si trova un pulpito in noce, opera di Scipione Paris di Matelica, che lo realizzò dal 1657 al 1661. Sotto la cupola si trova l'altare maggiore, sormontato dal ciborio ligneo che richiama lo stile bizantino misto a motivi gotici. Il ciborio fu eretto nel 1895 su disegno dell'architetto Giuseppe Sacconi ed è ornato da quattro bassorilievi degli Evangelisti, opera di Giorgio Paci. L'altare risale al secolo XIII ed è costituito da plutei marmorei lavorati ad intarsio. Il presbiterio risulta innalzato rispetto al piano della chiesa a seguito della costruzione della cripta avvenuta nell'XI secolo. Nel 1969 l'area del presbiterio fu adeguata alle norme liturgiche successive al Concilio Vaticano II, con il posizionamento della cattedra episcopale a ridosso del pilone del tiburio e l'ambone poggiato sui gradini della scalinata. L'interno, oltre alla cripta sotterranea, accoglie la presenza di cappelle, un coro ligneo posizionato sul fondo della cattedrale e la sagrestia.