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Leopardi è un poeta lirico, quindi scrive e parla di sé, delle sue emozioni e speranze, tutto ciò che gli stava a cuore. Gli anni sono quelli che abbiamo studiato finora, età napoleonica, congresso di Vienna, quindi Foscolo, Manzoni e Leopardi sono poeti contemporanei, foscolo nasce a Zante, poi va a venezia, egli si arruola nell'esercito per poi ricevere una delusione storica, muore in un sobborgo in miseria. Manzoni nasce e vive a Milano, in Lombardia, sotto gli Asburgo, era presente la pesantezza della dominazione straniera, egli apparteneva a una famiglia nobile, successivamente abbiamo il sobborgo parigino, dove gli si aprirono gli orizzonti all'ambiente francese e con la madre. Leopardi nasce a Recanati nel 1798, una città di provincia piccola e retrograda nello stato più retrogrado d'italia, ovvero lo stato Vaticano. Leopardi quindi non ebbe una serie di stimoli che gli altri due poeti ebbero, il pessimismo leopardiano (poi storico e cosmico) nasce da una nascita lontana dagli stimoli culturali. Anche leopardi nasce in un contesto nobile, era una famiglia nobile con una nobiltà che ormai ha perso il suo potere economico a causa di una cattiva gestione di questo potere, alla famiglia di leopardi era rimasto solo lo stemma e una biblioteca che fu divorata, la famiglia arrivò quasi all'indigenza, la madre che leopardi definiva anaffettiva prese in mano la gestione familiare a causa dello sperperamento dei beni del marito. Giacomo leopardi era un enfant prodige, fin da piccolo mostra un grande impegno, aveva i precettori privati e a 10 anni egli aveva imparato tutto quello che i precettori potevano insegnargli, non contento di ciò si trasferisce nella biblioteca paterna in 7 anni di studio matto e disperatissimo, imparò l'arabo, il latino e il greco da solo con uno studio da erudita, quale fu la ricaduta di tutto ciò? Ovviamente il bagaglio culturale, che non aveva uguali a recanati, questo ovviamente lo fa sentire diverso dalla cultura popolare. Questo studio matto e disperatissimo ebbe una ricaduta sulla salute, gli anni passati a studiare a lume di candela gli procurarono una brutta scoliosi che sfociò in una gobba, a ciò si aggiunge una malattia degli occhi che gli procura una progressiva cecità. Egli a causa di questa malattia agli occhi è costretto a tornare a Recanati. La compromissione dei nervi ottici l'aveva portato a soffrire sempre di più, fu costretto per 16 mesi a stare al buio in quasi totale cecità, la sofferenza che aveva agli occhi era talmente forte che lui non poteva nemmeno vedere la luce, in quel periodo scrisse le liriche più belle(idilli grandi). Anche i problemi fisici lo portarono da essere deriso, come Fanny Tongioni Tozzetti (di cui egli si innamorò) lo scherniva per la sua gobba, tutti questi problemi lo portarono ad avere una vita breve dove il dolore prevalse sulla felicità. Abbiamo due periodi: Il passaggio dall'erudizione al bello, la cultura da erudita (possesso di molte conoscenze e informazioni in uno o più campi del sapere) era libresca, dove senza contare i temi, lesse tutti i classici, a 16 anni invece scopre la poesia, lì si aprì un mondo, un orizzonte, leopardi nelle sue letture scopre la poesia e gli piace, lui mette da parte un erudizione libresca e scopre la poesia classica (latina), ma anche la poesia contemporanea di Petrarca o torquato tasso, scopre inoltre la poesia dei romantici europei, nel 1819 tenta di lasciare recanati, la tomba dei vivi, una città di provincia eccessivamente arretrata per il tempo, Leopardi pensava di vivere in prigione, a casa con il contesto familiare anaffettivo e col contesto bigotto Recanatese. Questo periodo è caratterizzato da intense sperimentazioni letterarie. Nel frattempo la vista inizia ad essere compromessa, questo lo porta ad una seconda conversione. Il passaggio dalla poesia alla filosofia, egli doveva trovare risposte agli interrogativi della vita, Dante aveva trovato rifugio in una donna pietosa quale la filosofia, noi ci chiediamo perché c'è la malattia, perché non possiamo ottenere ciò che vogliamo. Leopardi si pone queste domande, ad esempio perché il suo tentativo di fuga viene soppresso, perché molte strade gli sono precluse dalla salute, bisogna quindi trovare un appiglio, delle risposte, lui quindi (essendo di natura atea) si appiglia alla filosofia. Nel 1822 ebbe modo di lasciare la casa paterna e di raggiungere gli zii paterni, la tanto aspirata fuga di Recanati era stata arricchita da troppe aspettative, l'arrivo a Roma fu deludente, la città era troppo ingolfata e corrotta, egli quindi voleva tornare a recanati, fu contattato però da un editore e lasciò definitivamente recanati, iniziò quindi una collaborazione con l'editore stella, inizia a viaggiare e collaborò con un giornale fiorentino, conosce una seri di intellettuali, nel 1828 la sua salute compromessa lo fa ritornare a recanati, successivamente grazie ad un assegno degli amici di firenze poté ritornare a firenze, gli ultimi anni della sua vita li visse in una città ai piedi del vesuvio per poi morire. La sua cultura era superiore a quella di Foscolo o Manzoni, fu contrassegnata dall'arretratezza familiare e sociale. Muore nel 1837.