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dopo la caduta di Costantinopoli e le nuove espansioni turche i mercanti italiani incontrarono numerose difficoltà nel commercio con l’oriente (loro primaria fonte di ricchezza per le spezie). Contemporaneamente il Portogallo aveva cominciato ad espandersi in quella direzione. Le navi portoghesi avevano inizialmente colonizzato la costa africana occidentale, dove compravano zucchero di canna, schiavi e soprattutto oro in polvere, da qui si spinsero giù su tutta la costa africana fino a concepire l’ardito progetto di giungere in India via mare. I portoghesi avevano un vantaggio in quanto erano abituati a navigare nel mare oceanico al largo della costa, avevano buone conoscenze tecniche (inventarono la caravella), conoscevano bene la cultura e la lingua araba e lo spirito d’avventura era nutrito da un’aristocrazia feudale in crisi con rendite in forte calo. Entro i primi anni 50 del 500 la flotta portoghese strappò agli arabi il controllo dell’oceano indiano, stringendo forti rapporti con le popolazioni orientali. Di questo si accorsero i cugini spagnoli che, non da meno, raggiunsero il continente americano con Colombo, e dove aver sfruttato economicamente le isole caraibiche inviarono un corpo di spedizione di 400 uomini alla conquista del Messico (1523) e poi del Perù (1533) in cui inizialmente cercarono oro che fu recuperato solamente dai manufatti indigeni (che non assegnavano un particolare valore al materiale). Preso tutto l’oro disponibile, venne inviato nel continente una buona parte della gioventù di media aristocrazia che cominciarono a sfruttare gli indios e le immense superfici disponibili all’agricoltura