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Famiglie mono-genitoriali, ricomposte, migranti, adottive, affidatarie e omo-genitoriali sono soltanto alcuni dei tanti modi di intendere e di costruire (o ricostruire) un nucleo. Anche le famiglie immigrate rientrano all’interno delle tante tipologie familiari presenti nelle scuole, ognuna delle quali ha un proprio progetto migratorio e una propria modalità di trasmissione educativa e culturale nei confronti dei figli, tanto che tale trasmissione si presenta “sempre come un’originale produzione di segni e di sensi che sostiene una continua ricostruzione identitaria di tutti i componenti del nucleo familiare immigrato, influenzandoli in maniera trasversale” (C. Sirna Terranova). Può essere utile utilizzare il concetto di cultura familiare che descrive meglio il processo di trasformazione che investe, in modo diverso, ogni nucleo e ogni componente e che si caratterizza non solo per la presenza di elementi appartenenti alla cultura di origine, ma soprattutto per come questi stessi elementi sono diversamente elaborati da ogni singolo componente in relazione agli altri in termini vissuti, sentimenti, desideri e aspettative. Il primo aspetto affrontato con le insegnante riguarda la partecipazione delle famiglie ad alcuni momenti istituzionali appositamente costituiti per permettere ai genitori di conoscere il modello educativo ed organizzativo della scuola dell’infanzia. La scarsa partecipazione riguarda tutte le famiglie, indipendentemente dall’appartenenza sociale e culturale. Per le famiglie di origine straniera sono state individuate specifiche criticità che incidono in modo determinante sulla scarsa partecipazione: il grado di conoscenza della lingua italiana (1) e il livello di consapevolezza del valore formativo della scuola dell’infanzia (2). (1) La conoscenza della lingua italiana è avvertita come un aspetto basilare per la costruzione di una relazione con i genitori, necessaria non solo per lo scambio di informazioni nella comunicazione quotidiana, ma anche per la trasmissione dei principi educativi che caratterizzano i progetti e le attività della scuola dell’infanzia. Alcune scelte compiute da qualche genitore immigrato permettono alle insegnanti di sentire più familiarità nella relazione e questo può avere delle ripercussioni positive sulla partecipazione e sul coinvolgimento dei genitori e sull’accoglienza del figlio. Analizziamo che cosa può avvenire quando i genitori immigrati, pur essendo in Italia da diversi anni, non solo non conoscono la lingua italiana, ma sono molto distanti dalle richieste della scuola. La difficoltà linguistica evidenzia in realtà una criticità relazionale dovuta alla fatica di mantenere, con alcuni genitori, un contatto visivo e una vicinanza prossemica che aiuterebbe a rilevare un interessamento tale da poter agevolare un possibile scambio. Per ovviare a questa criticità di carattere linguistico e relazionale i gruppi docenti hanno utilizzato la figura del mediatore culturale che ha assunto, soprattutto, un ruolo di traduttore. Nel corso degli anni le insegnanti hanno cominciato a interrogarsi sulla reale efficacia di questo tipo di presenza che si limita a una traduzione semplificata. Si può verificare una forma (più o meno inconsapevole) di comunicazione etnocentrica, fondata sul presupposto che il proprio linguaggio e il proprio modello educativo sia universalmente riconosciuto e condiviso, quindi valido e giusto: è presente una categoria il “Noi” (gruppo positivo), noi insegnanti, che giudica secondo i propri parametri linguistici ed educativi la categoria del “Loro” (gruppo negativo), le famiglie, che non comprende termini ed azioni appartenenti al mondo della scuola dell’infanzia. Spetta così alla pedagogia interculturale individuare l’orizzonte teorico verso cui indirizzare le riflessioni e le prassi dell’agire educativo a partire dall’individuazione di una mancata condivisione di simboli culturali e unicità di significati tra i partecipanti alla comunicazione, insegnanti e genitori. Ma la partecipazione alla vita della scuola è avvertita, ancora oggi, come un valore educativo da parte delle insegnanti? Da un lato è lamentata la scarsa partecipazione agli organi collegiali della scuola, come il comitato di gestione, dall’altro lao però emerge, invece, una certa diffidenza e paura quando i genitori, specialmente quelli italiani, si dimostrano troppo presenti, talvolta critici verso lo stile educativo delle insegnanti. In questo caso i genitori immigrati invece appaiono più rispettosi del ruolo dell’insegnante e della istituzione scolastiche. La partecipazione delle famiglie è accettata, ma solo nelle modalità e nei contenuti previsti dalla scuola. ->Genitori italiani inadeguati a svolgere il ruolo paterno e materno. Genitori stranieri più arrendevoli perché non capiscono o non conoscono le regole dell’istituzione. Assunti che possono aiutare a mantenere un dialogo con l’altro: innanzitutto è importante sottolineare quanto i contesti educativi multiculturali siano caratterizzati e attraversati da un confronto culturale vivo, acceso talvolta disorientante o conflittuale che sollecita continuamente i soggetti, adulti e bambini, a considerare il punto di vista dell'altro in relazione al proprio. In secondo luogo è bene ricordare che non tutti gli aspetti assumono lo stesso peso per le parti in causa: il modo di vestire i bambini è, in una certa misura, negoziabile e trasformabile; altri comportamenti, come mangiare il prosciutto di maiale, non sempre è tollerato dalla famiglia o da uno dei due coniugi. In terzo luogo va precisato che in una prospettiva interculturale, per affrontare gli aspetti di criticità nella relazione con le famiglie, immigrate ma anche italiane, andrebbero praticati alcuni assunti comunicativi, come l’ascolto attivo, la consapevolezza e il controllo dei propri pregiudizi e del proprio etnocentrismo. (2) Un altro aspetto rilevante nella relazione scuola/famiglie straniere che può anche incidere sulla scarsa partecipazione scolastica, riguarda il grado di consapevolezza del valore formativa della scuola dell’infanzia, considerata dalle famiglie di origine straniera come un luogo con caratteristiche più assistenziali che educative. La saltuarietà della frequenza è dovuta per le insegnanti a due motivi, strettamente intrecciati tra loro. Il primo motivo dipende dalle difficoltà economiche e dall’organizzazione familiare: molte famiglie immigrate, ritirando i figli prima dell’ora di pranzo, pagano una retta molto esigua perché eliminano le spese del pasto che i bambini consumano a casa. Il secondo motivo, che crea una modalità di “utilizzo della scuola” secondo i bisogni quotidiani della famiglia, in particolare di quelli della madre, è dovuto a una scarsa consapevolezza dell’importanza formativa della scuola dell’infanzia, come istituzione capace di creare integrazione sociale fra bambini e adulti e di sviluppare le competenze necessarie per la scuola primaria, come l’apprendimento della lingua italiana. Ma la precarietà economica può, in alcuni casi, incidere in modo determinante nelle scelte della famiglia, indipendentemente dalla consapevolezza delle famiglie sul ruolo della scuola dell’infanzia. Di questo ne sono consapevoli le insegnanti che decidono di rendere flessibile il loro stesso modello organizzativo per andare incontro alle necessità dei genitori. Quando negli incontri di discussione sono state analizzate in termini più generali le relazioni tra le famiglie, la maggior parte delle insegnanti ha sottolineato la carenza di rapporti tra genitori italiani e immigrati. Tuttavia è opportuno far notare che vi sono anche alcuni genitori, padri o madri, che, avendo particolari doti di leadership, riescono non solo ad aggregare tra loro i genitori italiani, ma anche a creare un ponte, una relazione con gli stessi genitori immigrati. Il “bambino italiano” è percepito come colui che ha via via perso delle caratteristiche e delle competenze tipiche dell’infanzia come la curiosità, l’autonomia, la capacità motoria e manuale. Tali capacità sono, invece, individuate nei comportamenti dei bambini di origine straniera che usano tutti i sensi e osservano con curiosità e intraprendenza il mondo circostante. Probabilmente possiamo affermare che ci troviamo di fronte ad un incremento delle possibilità che offre la resilienza: questi bambini stranieri riescono ad appoggiarsi su loro acquisizioni costruite nell’ambito familiare, finalizzate al controllo e al contenimento dei loro comportamenti negli spazi familiari, per costruirsi strumenti adatti ad addentrarsi in un terreno sconosciuto come appare loro l’ambiente della scuola, il rapporto con le insegnanti e le relazioni con i loro ancora poco conosciuti piccoli amici.