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Una piccola grotta situata sul porticciolo di Torre a Mare che seppur dimenticata e trascurata, conserva una storia leggendaria: quella del primo pescatore del borgo marinaro, il mitico Varvamingo. Domenico Daugenti, soprannominato Barbamingo o Varvamingo per via dell’imponente barba, era un uomo di Noicàttaro che ogni giorno, percorreva dieci chilometri per andare a catturare pesci a Torre Pelosa. All’epoca l’attuale quartiere di Bari era pressochè disabitato, caratterizzato unicamente dall’omonima torre di avvistamento edificata per contrastare gli attacchi dei pirati. Una volta conclusa la pesca tornava indietro, ripercorrendo la strada al contrario e prestando attenzione a non attardarsi sulla via per non rischiare di trovar le porte di Noicàttaro sbarrate. Stanco però del suo errabondare, Varvamingo decise un giorno di stabilirsi definitivamente sul mare. Scelse così una piccolo anfratto scavato nella roccia e affacciato nei pressi della foce di Lama Giotta, su un’insenatura che all’inizio del 900 verrà poi racchiusa da un molo andando a formare l’odierno porticciolo. Domenico passò lì il resto della sua vita, quasi come un eremita, pescando di giorno e riparando le reti di sera, senza più far ritorno a Noicàttaro. Con il tempo in molti seguirono il suo esempio, stabilendosi in antiche grotte o piccoli trulli e facendo così nascere il nucleo di quello che sarebbe diventata Torre a Mare. Nonostante siano passati secoli, la leggenda del “primo pescatore” aleggia ancora tra le vie del borgo, anche se la sua antica casa versa purtroppo in condizioni di assoluto degrado. Per visitarla basta affacciarsi sul porto punteggiato di colorati gozzi, per andare poi a incamminarsi verso sinistra sulla banchina che ospita i rispostigli dei pescatori. Superate le tante porticine azzurre, scorgiamo un cancello arrugginito: quello che dà accesso a una caverna inglobata nelle fondamenta del ristorante “Da Nicola”: l’antica abitazione di Varvamingo. Avvicinandosi si notava sull’entrata immagine dedicata a San Nicola. è facile scorgere attraverso le sbarre che questa piccola grotta è diventata una sorta di discarica. Dentro si trova di tutto: sedie, bottiglie di plastica. L’ambiente versa in totale abbandono.Notizia pubblicata sul portale barinedita.it e di sua proprietà. Eppure non è stato sempre così. Lo dimostrano i cavi divelti e tagliati presenti all’ingresso: segno di un’illuminazione una volta esistente. Come conferma l’anziano pescatore Nicola – quel posto era utilizzato da noi come punto di ritrovo dopo le battute in mare, come omaggio a quel nostro primo compagno coraggioso. Lì conservavamo attrezzi e reti e custodivano il nostro pescato. E a turno facevamo ordine e pulizia. poi che è arrivata La Guardia costiera risponde un altro pescatore e ci ha vietato l’utilizzo della cavità e da allora quello spazio è stato abbandonato: non ci si può nemmeno avvicinare perché pullula di insetti ed è immerso nella sporcizia. Per non assistere a quello scempio quando tiravamo a secco le nostre barche le disponevamo lì davanti, per coprire la grotta. La grotta fù valorizzata nel corso degli anni. La scultura di San Nicola, che è in creta, venne commissionata agli artigiani di Rutigliano. E non solo. Lì si celebravano anche delle messe: accorrevano tutti i pescatori e tra luci e rumori del mare, l’ambientazione era molto suggestiva. Poi però negli anni 90 il nuovo parroco vietò le celebrazioni. E da allora quel luogo leggendario incominciò pian piano a morire».