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Eugenio Montale, nasce nel 1896 a Genova, da una famiglia di commercianti. Montale, interruppe gli studi da commerciante per problemi di salute arrivando a 30 anni senza un vero e proprio lavoro. Partecipò alla Prima guerra mondiale (nel Trentino), e da lì si fece ispirare artisticamente, cominciando a scrivere, fra le varie estati trascorse alle 5 terre, la sua prima raccolta di poesie “Ossi di seppia” nel 1925 che era composta da 3 quartine e una singola di 5 versi di lunghezze differenti. Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe dei suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. Montale, non era mai attribuito un ruolo poetico o una missione, credeva che il suo compito fosse ben più profondo e all’origine delle sue poesie, vi era totale disarmonia con la realtà, sia per quanto riguarda la condizione umana in generale, angosce dell’uomo moderno che si sente abbandonato in un mondo ormai privo di significato e valore non accetta di con rassegnazione, non rinunciò ad un senso di idea della vita. La sua poesia era una continua ricerca di significato che sconfiggeva sempre. Disse di all’arte ere ad una poesia “metafisica”, nei suoi versi vi sono situazioni ben precise come istanti di vita irreparabili, immagini di oggetti colti nella loro concretezza. Il poeta, riconobbe di una condizione umana volta nell’assurdo che cercava sempre il “miracolo” impossibile, che apriva un varco al di là dei propri limiti. Le liriche, come da tradizione non avevano titolo e Montale, ispirandosi alle poesie di Dante, scriveva delle sue donne, donne simboliche e dell’uomo, della salvezza in modo laico.