Download Free Audio of Quando la figlia Isabella del Balzo sposò ad Andr... - Woord

Read Aloud the Text Content

This audio was created by Woord's Text to Speech service by content creators from all around the world.


Text Content or SSML code:

Quando la figlia Isabella del Balzo sposò ad Andria Federico d'Aragona, portò il ducato alla casa reale e il marito lo governò fino al 1496, quando divenne re di Napoli. Nel 1503 nella piana fra Andria e Corato,precisamente in "Terra Quadrati" si svolse la famosa Disfida di Barletta, che opponeva gli italiani capeggiati da Ettore Fieramosca ai francesi. In mattinata i 13 cavalieri italiani pregarono nel cappellone della cattedrale di Andria. Dopo la conquista del regno di Napoli da parte di Ferdinando il Cattolico nel 1504, Andria venne assegnata al "Gran Capitano" Gonzalo Fernández de Córdoba e poi al nipote di questi, Fernando Consalvo II. Egli vendette la città nel 1552 a Fabrizio Carafa, I° duca di Andria e conte di Ruvo e parente del Papa Paolo IV Carafa, che sistemò splendidamente il Palazzo Ducale. A questi succedette nel 1554 il figlio Antonio Carafa; la madre e il fratello, Vincenzo Carafa (che nel 1571 aveva partecipato alla battaglia di Lepanto), fecero edificare nel 1577 il convento dei Cappuccini. Al successore, Fabrizio Carafa si deve la costruzione del monastero dei Benedettini e della basilica di Santa Maria dei Miracoli, in seguito alla scoperta nel 1576 di un'icona ritenuta miracolosa. Successivamente, nei secoli XVII e XVIII, la città rimase sempre sotto il dominio dei duchi Carafa, in continuo conflitto con il vescovo e il capitolo della Cattedrale, con il quale la famiglia divideva il possesso della maggior parte delle terre. L'epidemia di peste del 1656 ne decimò la popolazione mentre nel 1741 la città subì un'invasione di cavallette. Nel 1797 la città ottenne di poter eleggere il proprio sindaco e nel 1799, al momento della Repubblica partenopea, fu assediata dall'esercito francese capitanato dal generale Jean-Baptiste Broussier e appoggiato dallo stesso conte Ettore Carafa. Si voleva annettere Andria alla Repubblica Partenopea, liberandola dal dominio Borbonico, ma la città rimase fedele ai Borbone. Nella battaglia, perirono circa 2000 persone da entrambe le parti. Successivamente, fallita l'idea della Repubblica, e mancata la rivoluzione, i Borbone fecero giustiziare i repubblicani napoletani di spicco, tra cui lo stesso Ettore Carafa ghigliottinato a Napoli il 4 settembre del 1799. Nel 1806 gli eredi dei Carafa vendettero il Palazzo ducale alla famiglia Spagnoletti Zeuli. Per la sua fedeltà a Ferdinando IV ottenne il titolo di Città Regia. Sotto il governo napoleonico e i regni di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat fu abolito il sistema feudale e soppressi molti conventi, mentre vennero aumentati i diritti elettorali. Nel 1818 la diocesi si allargava alle città di Canosa, Minervino Murge e Montemilone, mentre la città viveva un periodo di sviluppo demografico e si espandeva al di fuori della cinta muraria. Durante il Risorgimento vi ebbe sede la carbonara "Società degli Spettri" o "Tomba Centrale" e una sezione della Giovine Italia. Circa 100 uomini di Andria, guidati da Federico Priorelli e da Niccolò Montenegro, parteciparono alla spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi eletto in seguito Deputato del Regno presso il collegio elettorale di Andria. Dopo l'annessione al Regno d'Italia il territorio fu teatro di azioni di brigantaggio: nel 1865 vi fu fucilato il capo-brigante Riccardo Colasuonno ("il Ciucciariello"). L'abolizione del latifondo e la confisca dei beni ecclesiastici diede impulso alla formazione di una borghesia terriera, sviluppando le produzioni agricole specializzate e un fiorente artigianato. Anche la città si accrebbe, vi furono edificate dimore signorili per i ceti emergenti e vi sorsero due piccole banche locali e le sedi di diversi partiti politici. Grazie allo sviluppo economico, Andria non fu particolarmente toccata dal fenomeno dell'emigrazione. Nel 1851, l'artista Achille Vianelli realizzò un dipinto dedicato a Piazza Vaglio di Andria. L'opera fu presto dimenticata dall'opinione pubblica locale e custodita presso il Metropolitan Museum of Art di New York. Il 6 ottobre 2015 il reporter e documentarista Nicola Ferrara ritrovò il quadro nell'elenco delle opere esposte nel museo e rese pubblica l'immagine attraverso un documentario ad esso dedicato. Nel 1913, il primo maggio, ad Andria viene indetta dalle classi operaie la Festa del lavoro. Da segnalare che il produttore cinematografico Cataldo Balducci presenta il documentario “Grandiosa manifestazione per il primo maggio 1913 ad Andria" (indetta dalle classi operaie) che riprende la festa in 7 quadri, e si può - così - vedere il corteo che percorre via Cavour, via Ettore Fieramosca, piazza Vittorio Emanuele II, raggiunge via Garibaldi, la piazza ed il palazzo Municipale, Porta Sant'Andrea. Nel filmato appaiono il monumento a Federico II e il panorama della Città visto dal campanile di Via Carmine. Circa 800 andriesi perirono durante il primo conflitto mondiale, questi furono ricordati nel Monumento ai Caduti all'interno del Parco della Rimembranza inaugurato nel 1930. Quattro Podestà governarono Andria durante il Fascismo: Pasquale Cafaro, Ernesto Fuzio, l'Onorevole Consalvo Ceci e Marco Jeva. Durante il regime fascista alcuni terreni (Montegrosso, Trojanelli) vennero suddivisi tra i reduci della prima guerra mondiale. Dopo l'armistizio del 1943 la città subì devastazioni da parte dei tedeschi, fino all'arrivo delle truppe alleate. Dopo la seconda guerra mondiale, nel marzo del 1946, a causa del rifiuto di una ditta locale di assumere quattro reduci, scoppiò una rivolta contadina, che vide il sequestro di alcuni proprietari terrieri e l'erezione di barricate. Ci furono scontri cruenti con le forze dell'ordine e sembrò che fosse stato trovato un accordo: ma al momento del discorso che doveva tenere il celebre sindacalista Giuseppe Di Vittorio fu sparato un colpo d'arma da fuoco, facendo rinascere i disordini: fu assaltato il palazzo della famiglia Porro, grandi proprietari terrieri della città e vennero linciate due anziane sorelle (Carolina e Luisa Porro). In seguito a tali fatti fu inviato l'esercito che riuscì a sedare la rivolta con una dura repressione. Si manifestò in quel periodo una crisi economica in seguito alla quale diversi abitanti furono costretti ad emigrare. A partire dagli anni cinquanta si ebbe una progressiva ripresa economica, favorita dall'inaugurazione nel 1965 della linea ferroviaria Bari-Barletta che metteva in comunicazione Bari con i comuni dell'entroterra del nord della provincia. Nel 2004 viene istituita la nuova provincia di Barletta-Andria-Trani (poi resa attiva dal 2009) la città abbandona la provincia di Bari anche se la città di Bari è sempre stata e continua ad essere un punto di riferimento per Andria e le altre città del nord barese (vedi anche la frequenza dell'Università da parte di tanti giovani). Il 30 aprile 2011 il suo codice di avviamento postale passa da 70031 a 76123. Il 12 luglio 2016, Andria balza alle cronache nazionali e internazionali a causa dell'incidente ferroviario, avvenuto nelle campagne tra Andria e Corato, che totalizzò 23 vittime e 57 feriti. Ad oggi rappresenta il più grave incidente mai accaduto sulle ferrovie pugliesi ed uno dei più gravi nella storia delle ferrovie italiane.