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Il duomo di Ancona è dedicato a san Ciriaco ed è la cattedrale metropolitana dell'arcidiocesi di Ancona-Osimo. È una chiesa medioevale in cui lo stile romanico si fonde con quello bizantino, evidente nella pianta e in molte decorazioni. Sorge in scenografica posizione alla sommità del colle Guasco, già occupata dall'acropoli della città greco-dorica, da dove domina tutta la città di Ancona e il suo golfo. Nel maggio del 1926 papa Pio XI l'ha elevata alla dignità di basilica pontificia. Il 30 maggio 1999 si è festeggiato il millenario della dedica della cattedrale, con la visita nel capoluogo dorico di papa Giovanni Paolo II. L'edificio del Duomo ha una storia di più di 2000 anni, in cui si possono distinguere quattro fasi principali, elencate di seguito. IV-II secolo a.C. - Tempio di Afrodite (detto "di Venere" in epoca romana), sui cui resti sorge la crociera e il braccio sinistro della chiesa attuale. V secolo d.C. - Basilica di San Lorenzo, sorta sui resti del tempio antico, sullo stesso perimetro. XI secolo d.C. - La basilica di San Lorenzo diventa cattedrale e viene ampliata; costituisce il transetto della chiesa attuale. Con la traslazione del corpo di San Ciriaco, la chiesa cambia nome e prende il titolo attuale. XII-XIII secolo d.C. - Trasformazione della pianta in croce greca con cupola centrale. Con modifiche minori effettuate nei secoli successivi (principalmente la costruzione del coro e delle due adiacenti cappelle), fondamentalmente questa fase ci ha dato l'edificio che si vede oggi. Secondo la tradizione storiografica, che è basata sulle citazioni riportate sopra, i dori siracusani, fondatori della colonia greca di Ankón (l'attuale Ancona), eressero nell'acropoli della nuova città un tempio dedicato ad Afrodite, nel luogo in cui nel Medioevo sorse il Duomo. Il tempio è identificato con quello rappresentato nella scena 58 della Colonna Traiana. In particolare, il carme 36 di Catullo, da cui è riportato il brano sopra, ci presenta, quasi come in un inno cletico, i luoghi che fin dall’età arcaica furono sedi del culto di Afrodite, diffusosi lungo le antiche rotte di navigazione dall'oriente verso l'occidente. Sono così citate dal poeta le città di Cnido, in Asia Minore, di Idalio, Golgi ed Amatunte, nell'isola di Cipro, ed infine di Urio, Ancona e Durazzo, sulle coste adriatiche. Ancona rientra dunque tra le città mediterranee più note nell'antichità per il culto di Afrodite. È interessante notare che, nella versione originale del carme di Catullo, il termine Ancona è un accusativo con desinenza greca; in latino, e specialmente in poesia, il nome della città è sentito come un termine greco e ciò ne influenza la declinazione. Il passo di Giovenale, invece, ci informa sulla localizzazione del tempio, dominante sul mare: in questo senso si deve intendere l'espressione "che la dorica Ancona innalza". L'antico edificio, del quale furono rinvenute le fondazioni sotto al Duomo, aveva una pianta corrispondente a quella del transetto della chiesa attuale. Tali fondazioni sono costituite da blocchi di arenaria sovrapposti; quelle perimetrali compongono un rettangolo di metri 19 X 32, hanno una larghezza di metri 2,50 e sono conservate per un'altezza massima di circa due metri. Parallele ed interne a questo rettangolo, e con pianta a Π (pi greco), sono rimaste tracce della fondazione della cella. Non tutti i blocchi di arenaria delle fondazioni si sono ritrovati; dove essi mancano, sono comunque rimaste le trincee ove erano allocati, cosa che permette di ricostruire tutto il sistema fondante del tempio e di formulare ipotesi ricostruttive del suo aspetto originario. Importante, a tal proposito, è la presenza di trincee di collegamento tra le fondazioni esterne e quelle interne, che permette di risalire al numero delle colonne di ogni lato. Secondo le ipotesi comunemente accettate, l'edificio sacro era un periptero esastilo con l'ingresso rivolto verso sud-est, ossia verso la città e la strada di accesso all'acropoli. In base ad alcune caratteristiche rilevabili dalle fondazioni rimaste, alcuni studiosi pensano che quello di Ancona sia stato un tempio dorico del IV secolo a.C., ossia dell'epoca della fondazione greca della città. Sarebbe stato un tempio periptero senza opistodomo, con dieci colonne sui lati lunghi, sei sui lati minori (esastilo) e due colonne in antis, ossia davanti alla cella. Come normale nei templi dorici, anche il tempio anconitano avrebbe avuto una gradinata (crepidine) tutto intorno al perimetro. Tali caratteristiche permettono di inserire l'edificio anconitano nel gruppo dei templi che presero come modello quello di Asclepio ad Epidauro, costruito nel 380 a.C. circa, ossia negli stessi anni dell'arrivo dei Siracusani ad Ancona. L'ingresso era verso sud-est, ossia verso la via d'accesso all'acropoli. L'ipotesi è basata sulla misurazione delle distanze tra le colonne del tempio, deducibile dall'esame delle fondazioni: la distanza tra le colonne angolari e quelle accanto era inferiore rispetto alle distanze tra le altre colonne; questa caratteristica rimanda inequivocabilmente all'ordine dorico, come soluzione classica del conflitto angolare. A sostegno dell'ipotesi che il tempio anconitano sia stato un tempio dorico, inoltre, si ricorda l'esistenza di altri templi greci dorici esastili del IV secolo a.C. simili a quello di Ancona, ossia senza opisotodomo e con numero ridotto di colonne sul lato lungo (dieci al posto delle dodici previste dagli standard più comuni). Il tempio anconitano troverebbe così confronti coevi. Secondo altri, invece, il tempio sarebbe stato sempre un periptero esastilo e con dieci colonne sui lati lunghi, ma di ordine corinzio e su podio con scalinata frontale, tipologia tipica dell'architettura romana e non greca; risalirebbe al II secolo a.C., e dunque ad un'epoca in cui la città già sentiva l'influsso romano. L'ipotesi è basata sul ritrovamento di marchi di cava con due lettere latine ("F" e "V") e sulla presenza al Museo Diocesano di un capitello corinzio (e non dorico) che sarebbe appartenuto al tempio, in quanto scolpito nella stessa pietra delle fondazioni rimaste. Inoltre, l'autore di questa ipotesi critica quella esposta nel paragrafo precedente, ossia quella del tempio dorico. Tale ricostruzione è ritenuta errata, in quanto prevede necessariamente una crepidine tutto intorno al tempio, ritenuta invece impossibile per la presenza nelle immediate vicinanze del perimetro del tempio di un tratto di lastricato e di un blocco di roccia madre sporgente di cinque centimetri rispetto al piano di calpestio. Non si dà giustificazione, però, dell'accorciamento della distanza tra le colonne d'angolo, rilevabile nelle fondazioni, che nell'ipotesi esposta sopra era stato un elemento fondamentale per identificare l'ordine dorico del tempio. Altra critica all'ipotesi "tempio dorico" precedentemente esposta è che i confronti presentati dagli studiosi che la sostengono sono tutti relativi a templi greci del Mediterraneo orientale, ma non della Sicilia, dove templi simili coevi sono assenti, pur essendo il luogo da cui provenivano i fondatori di Ancona.